Unità 13 - La responsabilità civile degli enti in sanità

1. La responsabilità civile degli enti in sanità

La responsabilità in medicina non riguarda unicamente il rapporto tra l'operatore sanitario e il paziente (cfr. unità 11 -12) ma al contrario si inserisce nel più ampio quadro delle relazioni tra la struttura sanitaria, il paziente e l'operatore.
Come si è già visto, è la stessa Costituzione che pone l'obbligo di tutela della salute in capo a tutti gli enti costitutivi della Repubblica (art. 32 Cost.), fondandone la correlata responsabilità in caso di inadempimento.
In attuazione della previsione costituzionale, la disciplina di attuazione di rango legislativo e amministrativo pone l'obbligo di garantire l'esatto adempimento delle prestazioni sanitarie in capo agli organi del servizio sanitario, individuando i contenuti e i caratteri delle prestazioni oggetto dell'erogazione, che debbono essere garantite secondo standard di qualità predeterminati.

Allo stesso tempo l'articolarsi dei modelli organizzativi e gestionali delle strutture sanitarie e il progresso della medicina, unitamente allo sviluppo tecnologico, hanno reso sempre più necessaria una organizzazione della struttura capace di soddisfare i nuovi bisogni in sanità.
Il personale sanitario diventa quindi il collegamento tra paziente e struttura in grado di soddisfare l'interesse collettivo e il diritto fondamentale alla salute attraverso quella che viene definita "alleanza terapeutica".

L'attenzione si sposta dall'atto medico all'attività medica, valorizzando così l'attività dell'ente, la sua organizzazione e la garanzia delle prestazioni. Il singolo comportamento del professionista -  espressione della diligenza e della perizia individuale - si inquadra perciò nella attività della struttura (sul punto si veda R. De Matteis, Dall'atto medico all'attività sanitaria. Quali responsabilità?, in Il governo del Corpo, in Trattato di biodiritto, S. Rodotà-P.Zatti, Milano, Giuffrè 2011).

Superata la concezione originaria secondo la quale lo Stato non potrebbe commettere illeciti, nel periodo che va dall'unificazione d'Italia all'avvento della Costituzione della Repubblica Italiana, ha cominciato ad affermarsi la teoria della responsabilità degli enti pubblici secondo la quale le persone giuridiche, anche se fisicamente non presenti in natura, sarebbero capaci di agire sulla base di un principio di organizzazione, secondo cui le persone fisiche che operano all'interno dell'ente  coinciderebbero con l'ente stesso.
Con l'avvento della Costituzione Italiana si è affermata poi la responsabilità civile estesa allo Stato e agli enti pubblici per gli illeciti commessi da funzionari e dipendenti (art. 28 Cost.).
In disparte l'annosa questione del carattere diretto o indiretto di tale responsabilità, occorre in questa sede evidenziare che non ogni illecito della persona fisica comporta l'obbligo di risarcimento da parte di quella giuridica. Il fatto compiuto dall'agente, capace di ingenerare la responsabilità dell'ente, deve essere un fatto compiuto nell'esercizio dell'attività legata al rapporto di servizio, secondo quello che è indicato come "nesso di occasionalità necessaria", che sussiste ogni volta che l'attività posta in essere sia riconducibile alle finalità istituzionali dell'ente, secondo un'ampia valutazione che porta a escludere siffatto collegamento soltanto qualora l'attività sia assolutamente imprevedibile ed eterogenea rispetto a tali fini.
Il rapporto di occasionalità necessaria si pone dunque allo stesso tempo come presupposto e limite dell'obbligazione dell'ente, oltre che della correlata responsabilità amministrativa del dipendente invocabile innanzi alla Corte dei conti. 

Come si è già visto, oggi è espressamente prevista la responsabilità della struttura sanitaria pubblica (o privata) che si avvalga di esercenti la professione sanitaria "anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti dalla struttura stessa" (l. n. 24 del 2017, art. 7), accogliendosi un'ampia nozione di rapporto di servizio che coincide con lo stabile inserimento nell'organizzazione dell'ente. 

Nel caso di assolvimento dell'obbligazione risarcitoria da parte dell'ente pubblico, come anticipato (unità 11), l'operatore può essere chiamato a rispondere del danno indirettamente arrecato a quest'ultimo innanzi al giudice contabile, purché sussistano i presupposti di dolo o colpa grave.

E' l'atto di ammissione alla prestazione sanitaria a essere "costitutivo del diritto del soggetto al godimento della prestazione del pubblico servizio" e della correlata responsabilità dell'organizzazione in caso di inadempimento (sul punto si veda E. Casetta, La responsabilità degli ospedali e dei sanitari ospedalieri, in P. Bodda (a cura di), Gli ospedali e le farmacie, Vicenza, 1967, p. 36-49).

La struttura risponde dunque a titolo di responsabilità contrattuale (art. 1228 c.c.) per l'inadempimento di un'obbligazione che può essere ricondotta all'atto di ammissione precitato o, secondo altri, al c.d. "contratto di spedalità", un contratto atipico - cioè non disciplinato dalla legge - che è sottoscritto all'atto del ricovero e che ha ad oggetto non solo le prestazioni di diagnosi e cura, ma anche quelle accessorie normalmente dedotte nell'ambito del rapporto che si instaura con il paziente (anzitutto quelle alberghiere). Ciò anche ove le prestazioni siano svolte in regime di libera professione intramuraria (c.d. intramoenia), cioè dall'operatore a titolo privato, usando le strutture sanitarie pubbliche.