Unità 14 - L'organizzazione sanitaria e l'informazione del paziente
1. L'organizzazione sanitaria e l'informazione del paziente
1.1. Autodeterminazione del paziente e dimensione organizzativa
All'effettività del diritto al consenso informato concorre necessariamente l'intera struttura sanitaria, che deve apportare gli accorgimenti organizzativi utili al fine di consentire un'espressione genuina e consapevole del consenso, con l'apporto di tutti i professionisti coinvolti o di professionalità specificatamente individuate, oltre a provvedere alla necessaria documentazione (sul punto si veda A. Pioggia, Consenso informato ai trattamenti sanitari e amministrazione della salute, in Riv. trim. dir. pubbl., 2011, 01, p. 127, di lettura obbligatoria).
La dimensione organizzativa del consenso informato nell'ambito della organizzazione sanitaria risulta perciò estremamente rilevante; da ultimo è stata espressamente evidenziata anche in sede legislativa, qualificandosi espressamente l'acquisizione del consenso come obbligo della struttura sanitaria, pubblica o privata che sia, che deve provvedervi con adeguate modalità organizzative, assicurando in particolare "l'informazione necessaria ai pazienti e l'adeguata formazione del personale" (l. n. 219 del 2017, art. 1, co. 9).
Il servizio sanitario che l'Amministrazione è tenuta a garantire non ricomprende solo la prestazione medica di diagnosi e cura (e le correlate prestazioni alberghiere e di messa a disposizione del personale), ma la stessa è tenuta a garantire che la prestazione sia modulata in ragione della concretizzazione della pretesa cui concorre il paziente sulla base di esigenze e convinzioni personali.
In un noto e controverso caso di richiesta di sospensione delle cure cui il paziente non avrebbe acconsentito ove fosse stato capace di intendere e volere, è stato chiarito come non sia ammissibile un intervento dell'Amministrazione - anche se finalizzato alla cura o al mantenimento in vita del paziente - contrario alla volontà di quest'ultimo, così come ricostruita sulla base delle dichiarazioni rese mentre era in salute (cfr. Cass., sez. I, 16 ottobre 2007, n. 21748, sul c.d. "caso Englaro").
In questo quadro la mancata somministrazione dei trattamenti o la loro sospensione può essere letta come obbligo di servizio, poiché il diritto del singolo alla salute, come tutti i diritti di libertà, «implica la tutela del suo risvolto negativo: il diritto di perdere la salute, di ammalarsi, di non curarsi, di vivere le fasi finali della propria esistenza secondo canoni di dignità umana propri dell’interessato, finanche di lasciarsi morire» a fronte del quale si individua un obbligo del SSN di «attivarsi e di attrezzarsi perché tale diritto possa essere concretamente esercitato». L'Amministrazione sanitaria non può dunque «sottrarsi al suo obbligo di curare il malato e di accettarne il ricovero, anche di quello che rifiuti un determinato trattamento sanitario nella consapevolezza della certa conseguente morte, adducendo una propria ed autoritativa visione della cura o della prestazione sanitaria che, in termini di necessaria beneficialità, contempli e consenta solo la prosecuzione della vita e non, invece, l’accettazione della morte da parte del consapevole paziente» (Cons. St., sez. III, 2 settembre 2014, n. 4460).
Diversi sono gli obblighi di organizzazione in capo all'Amministrazione che emergono dalla lettura del diritto alla salute come diritto alla prestazione sanitaria del paziente alla luce della sua autodeterminazione.
Essa deve garantire il diritto all'autodeterminazione del paziente nel luogo di cura anzitutto destinando adeguate risorse economiche e predisponendo momenti di coinvolgimento delle diverse professionalità della struttura. In molti casi infatti solo il coinvolgimento di diverse professionalità (es. medici, infermieri, interpreti, psicologi) può consentire l'espressione di un consenso effettivamente informato e consapevole.
Non solo, è l'organizzazione a doversi fare carico non soltanto dell'informazione del paziente, ma anche della documentazione del consenso prestato all'intervento (verbalizzazione, videoregistrazione, ecc.).
Su "Consenso informato, autodeterminazione del paziente e organizzazione sanitaria" si veda il seminario che si è tenuto il 27 ottobre 2011 per il Dottorato in Scienze Umane e Sociali dell'Università di Torino.
Sulle "disposizioni anticipate di trattamento", vedi l'articolo apparso sul Corriere Sanità il 20 febbraio 2020