Azzeramento sulle fonti
Sito: | Insegnamenti On-Line |
Corso: | Diritto sanitario (Torino) - 9 CFU - 21/22 |
Libro: | Azzeramento sulle fonti |
Stampato da: | Utente ospite |
Data: | giovedì, 10 luglio 2025, 05:29 |
Descrizione
Materiale dedicato in particolare al rapporto tra le fonti di derivazione nazionale e le fonti di derivazione dell'ordinamento dell'Unione Europea.
La lettura è indispensabile per gli studenti che non abbiano sostenuto l'esame di diritto dell'Unione europea.
1. L'ordinamento dell'Unione Europea e il rapporto con le fonti nazionali
L'obiettivo di questa unità didattica è esaminare le competenze ed il ruolo degli organi dell'Unione europea e analizzare i rapporti tra le fonti del diritto europeo e le fonti del diritto nazionale, nonché definire il relativo riparto di competenze legislative tra Stato e regioni nell'ordinamento nazionale.
Il 18 giugno 2004 fu adottato all'unanimità il Trattato che istituisce una Costituzione per l'Europa, firmato dai Capi di Stato o di governo il 29 ottobre 2004. Tale trattato comprendeva i vigenti trattati dell'Unione europea ed era destinato a sostituirli qualora fosse entrato in vigore a seguito della sua ratifica o della sua adozione (con referendum popolare o deliberazione parlamentare) da parte di tutti gli Stati firmatari, secondo quanto da esso stabilito, il 1° novembre 2006. L'entrata in vigore del Trattato sulla Costituzione europea, già ratificato da Lettonia, Germania, Austria, Slovacchia, Grecia, Italia, Spagna, Slovenia, Ungheria e Lituania, subì una significativa battuta d'arresto con i referendum di Francia e Olanda che respinsero espressamente il Trattato, causando la sospensione o il rinvio dei procedimenti di ratifica in altri Stati membri (Regno Unito, Portogallo, Repubblica Ceca, Lussemburgo, Danimarca, Svezia e Irlanda).
Successivamente alla mancata ratifica del "Trattato che istituisce una Costituzione per l'Europa”, il 13 dicembre 2007 fu firmato il Trattato di Lisbona (che modifica il Trattato sull'Unione europea e il Trattato che istituisce la Comunità europea che sarà ridenominato "Trattato sul funzionamento dell'Unione europea”).
A seguito delle procedure di ratifica nazionali, il Trattato di Lisbona è entrato in vigore il 1° dicembre 2009, modificando i due trattati fondamentali dell'Unione, vale a dire il Trattato sull'Unione Europea e il Trattato che istituisce la Comunità Europea.
Il Trattato sulla Comunità europea sarà d'ora in poi denominato Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) e costituirà uno dei due strumenti giuridici sui quali si poggia l'Unione europea; l'altro è costituito dal Trattato sull'Unione europea (di seguito indicato come TUE), che viene radicalmente modificato nel contenuto. Non esiste alcun rapporto gerarchico tra i due Trattati, essendo espressamente previsto che "i due trattati hanno lo stesso valore giuridico” (art. 1, par. 3, TUE). Il Trattato sull'Unione europea consta di 55 articoli contenenti le disposizioni comuni, i principi democratici, regole relative alle istituzioni (poi articolate nel dettaglio nel Trattato sul funzionamento dell'Unione europea), disposizioni sulle cooperazioni rafforzate, disposizioni sulla politica estera e di sicurezza e difesa comuni e disposizioni finali (revisione, recesso, personalità giuridica). Il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea consta di 358 articoli, in gran parte costituiti dagli articoli del Trattato sulla Comunità europea che risultano a seconda dei casi modificati, ricollocati o ampliati.
2. L'organizzazione dell'Unione europea
Sono organi dell'Unione europea: il Parlamento europeo, la Commissione europea, il Consiglio, il Consiglio europeo, la Corte di giustizia dell'Unione Europea.
Il Parlamento europeo (art. 13, 14 TUE; artt. 223-234 TFUE) è dal 1979 eletto a suffragio universale e diretto dai cittadini degli Stati membri (a ciascuno dei quali spetta un numero di seggi proporzionale alla popolazione), resta in carica 5 anni ed è attualmente composto da 785 membri. Il parlamento esercita la funzione legislativa e la funzione di bilancio, funzioni di controllo politico e consultive ed elegge il presidente della Commissione.
La Commissione europea (art. 13, 17 TUE; artt. 244-250 TFUE) è attualmente composta da 28 membri nominati dai governi degli Stati membri che durano in carica 5 anni e godono di indipendenza rispetto agli Stati da cui non possono ricevere istruzioni o direttive; il Presidente della Commissione è designato di concerto dai governi degli Stati membri. La Commissione esercita il potere di iniziativa nei procedimenti di formazione degli atti normativi comunitari, è garante della corretta applicazione del diritto comunitario da parte degli Stati membri, gestisce il bilancio della Comunità. L'organizzazione interna della Commissione si compone di Direzioni generali competenti per materia (tra le principali: concorrenza, giustizia e affari interni, mercato interno, salute e tutela dei consumatori, ambiente, energia e trasporti, relazioni esterne, bilancio). In particolare la Direzione generale per la concorrenza si occupa dell'applicazione della disciplina sull'abuso di posizione dominante e sugli aiuti di Stato alle imprese ed è competente ad emanare decisioni vincolanti per i destinatari (Stati membri, persone fisiche e giuridiche), soprattutto in caso di violazione delle norme del Trattato UE.
Il Consiglio (artt. 13, 16 TUE; artt. 237-243 TFUE) non è organo permanente ma è convocato dal proprio Presidente ed è composto dai rappresentanti di livello ministeriale dei governi degli Stati membri competenti per la materia oggetto di discussione. Il Consiglio esercita, congiuntamente al Parlamento europeo, la funzione legislativa e la funzione di bilancio, approva atti di natura politica (le dichiarazioni o le risoluzioni), conclude gli accordi internazionali dell'Unione con soggetti internazionali, coordina le politiche economiche generali degli Stati membri.
Il Consiglio europeo (artt. 13, 15 TUE; artt. 235-236 TFUE) dà all'Unione gli impulsi necessari al suo sviluppo e ne definisce gli orientamenti e le priorità politiche generali. Non esercita funzioni legislative. E' composto dai capi di Stato o di governo degli Stati membri, dal suo presidente e dal Presidente della Commissione. L'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza partecipa ai lavori. Il Consiglio europeo elegge il presidente a maggioranza qualificata per un mandato di due anni e mezzo, rinnovabile una volta. In caso di impedimento o colpa grave, il Consiglio europeo può porre fine al mandato secondo la medesima procedura.
La Corte di giustizia dell'Unione europea (art. 13, 19 TUE; artt. 251-281 TFUE) assicura la corretta interpretazione ed applicazione dei trattati europei. Essa si pronuncia a) sui ricorsi presentati da uno Stato membro, da un'istituzione o da una persona fisica o giuridica; b) in via pregiudiziale, su richiesta delle giurisdizioni nazionali, sull'interpretazione del diritto dell'Unione o sulla validità degli atti adottati dalle istituzioni; c) negli altri casi previsti dai trattati. Per alcune controversie è competente un Tribunale di primo grado (istituito nel 1988) le cui sentenze sono appellabili alla Corte di giustizia solo per motivi di diritto.
3. Le fonti del diritto dell'Unione europea
Il fondamento costituzionale dell'efficacia delle fonti UE nell'ordinamento giuridico italiano è l'art. 11 Cost., in base al quale l'Italia «consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni». La limitazione della sovranità in conseguenza della partecipazione dell'Italia all'Unione Europea concerne il potere legislativo (fonti comunitarie), esecutivo (applicazione del diritto comunitario) e giurisdizionale (attività interpretativa della Corte di Giustizia UE).
L'ordinamento giuridico UE e quello italiano sono separati e distinti ed i rapporti tra le rispettive fonti del diritto sono regolati dal principio di competenza (Corte Cost., sentenza 8 giugno 1984, n. 170): le fonti UE disciplinano le materie che i Trattati europei riservano alla competenza degli organi europei e la violazione di tale competenza comporta una violazione dell'art. 11 Cost. (limitazione di sovranità = riserva di competenza).
Nelle materie che non sono di esclusiva competenza dell'Unione europea, questa interviene rispettando il principio di sussidiarietà, cioè «soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, né a livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell'azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione» (art. 5 Trattato UE).
In attuazione dei principi sanciti dai Trattati l'Unione europea può adottare atti normativi, tra cui assumono rilievo le direttive e i regolamenti europei.
I regolamenti dell'Unione sono direttamente applicabili negli ordinamenti interni degli stati membri e vincolanti in ogni loro parte (art. 288 Trattato FUE). Le direttive dell'Unione individuano il fine, lo scopo da raggiungere e lasciano allo Stato membro la scelta dei mezzi per la sua realizzazione: le direttive comunitarie devono essere recepite con fonte nazionale e, ove non recepite, divengono direttamente applicabili solo se è decorso il termine per il recepimento e se «contengono disposizioni incondizionate e sufficientemente precise» (Corte di Giustizia CE, sentenza 19 gennaio 1982, causa 8/81*). Il recepimento delle direttive comunitarie nell'ordinamento giuridico italiano avviene con l'approvazione annuale della c.d. "legge comunitaria” il cui progetto è presentato dal Governo al Parlamento entro il 31 gennaio di ogni anno: la legge comunitaria presenta tre allegati contenenti l'elenco delle direttive comunitarie da attuare con decreti legislativi con (allegato A) o senza (allegato B) il parere del Parlamento e l'elenco delle direttive comunitarie da attuare con regolamenti di delegificazione (allegato C) (l. 4 febbraio 2005, n. 11, Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari, che abroga la l. n. 86 del 1989; cfr. ad es., legge 27 aprile 2005, n. 62, c.d. legge comunitaria per il 2004).
Le fonti UE derivate, nelle materie che il Trattato riserva alla competenza dell'Unione Europea, prevalgono sulle fonti normative nazionali in applicazione del principio di competenza: il contrasto di una norma nazionale con una norma comunitaria, nelle materie riservate alla competenza di quest'ultima, obbliga i giudici e le pubbliche amministrazioni a «disapplicare» la fonte nazionale (Corte di Giustizia CE, sentenza 22 giugno 1989, causa 103/88* e Corte di Giustizia CE, sentenza 15 maggio 2008, cause riunite C-147/08 e C-148/08). Ove invece la fonte UE violasse il limite della propria competenza la relativa fonte nazionale di recepimento sarebbe costituzionalmente illegittima per violazione dell'art. 11 Cost.
La Corte Costituzionale italiana si riserva la valutazione di compatibilità delle fonti comunitarie con i principi fondamentali della Costituzione (Corte Costituzionale, sentenza 21 aprile 1989, n. 232*), mentre la Corte di Giustizia esercita la propria attività di interpretazione del diritto comunitario in conformità ai principi costituzionali degli Stati membri: si realizza in questo modo una cooperazione tra i giudici costituzionali europei e la Corte di Giustizia, volta a rendere i principi costituzionali comuni a tutti gli Stati membri (soprattutto in materia di diritti inviolabili dell'uomo) parte integrante del diritto comunitario. La Corte di Giustizia fornisce un'interpretazione definitiva del diritto comunitario e della compatibilità del diritto nazionale con esso, contribuendo significativamente all'armonizzazione degli ordinamenti amministrativi degli Stati membri. Se la decisione della Corte ravvisa un contrasto tra l'interpretazione di una fonte del diritto nazionale con una fonte europea, si prospettano due soluzioni: adeguare l'interpretazione della disposizione interna alla norma europea o disapplicare la norma interna ove il contrasto sia insanabile.
In tal senso le sentenze della Corte, sia essa adita da un giudice nazionale con rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE, sia che decida sulla violazione di un obbligo discendente dal Trattato da parte di uno Stato membro ex art. 260 e s., TFUE, assumono un'efficacia «normativa», analoga a quella propria del formante giurisprudenziale nei sistemi di common law. Si è affermato che la giurisprudenza europea presenta «i caratteri tipici della fonte normativa immediatamente applicabile», divenendo «parametro di condotta di tutti i soggetti» dell'ordinamento comunitario (G. Greco, Diritto europeo e diritto amministrativo nazionale, in Diritto amministrativo, a cura di L. Mazzarolli, G. Pericu, A. Romano, F.A. Roversi Monaco, F.G. Scoca, Bologna, 2005, 268 e s.).
Non hanno carattere generale e astratto le decisioni dirette ad uno o più destinatari determinati (Stati membri, persone fisiche e giuridiche) e obbligatorie in tutti i loro elementi, le raccomandazioni e i pareri, atti di indirizzo politico non vincolanti e non attributivi o modificativi di situazioni giuridiche soggettive in capo ai destinatari.