Unità 5 - Il diritto alla salute e i livelli essenziali delle prestazioni
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Corso: | Diritto sanitario (Torino) - 9 CFU - 21/22 |
Libro: | Unità 5 - Il diritto alla salute e i livelli essenziali delle prestazioni |
Stampato da: | Utente ospite |
Data: | giovedì, 10 luglio 2025, 06:05 |
Descrizione
In seguito alla riforma del Titolo V della Costituzione (L. cost. 18 ottobre 2001, n. 3) il riparto delle competenze legislative Stato-Regioni in materia di salute è significativamente modificato.
In origine, infatti, era prevista tra le materie di competenza legislativa concorrente o ripartita la sola “assistenza sanitaria e ospedaliera” (art. 117, Cost.), secondo una formulazione che la riforma ha sostituito con quella di “tutela della salute” (art. 117, co. 3°, Cost.), del pari attribuita alla competenza concorrente Stato-Regione. L’attuale formulazione è evidentemente più ampia della precedente, pertanto se in precedenza le Regioni potevano legiferare sugli aspetti assistenziali (sanitario e ospedaliero), oggi attraverso la definizione di tutela della salute possono legiferare anche su ulteriori aspetti. Tuttavia va evidenziato come l’ambito dell’assistenza sanitaria e ospedaliera si fosse progressivamente ridisegnato in senso espansivo verso un’unificazione della materia sanitaria già prima della riforma costituzionale suddetta.
In ragione della competenza concorrente lo Stato dunque emana la disciplina di principio della materia, mentre alle Regione è attribuita la competenza all’adozione della disciplina di dettaglio, con norme legislative e regolamentari nei limiti definiti dai principi di cui alla legge statale (art. 117, co. 6°, Cost.).
La giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto la maggiore ampiezza della materia della tutela della salute rispetto alla precedente definizione (cfr. Corte Cost., 23 giugno 205, n. 270): essa comprende ad esempio l’organizzazione sanitaria e pertanto è oggetto della legislazione di principio adottata dallo Stato e l’organizzazione del servizio farmaceutico in quanto preordinato ad assicurare l’accesso dei cittadini ai prodotti medicinali.
Sulla tutela della salute incidono una
serie di materie c.d. trasversali, competenze esclusive statali capaci di
legittimare un intervento statale. Sono “trasversali”, cioè capaci
di incidere sulla disciplina in materia di salute: la competenza esclusiva
statale in materia di livelli essenziali delle prestazioni (art. 117, co. 2
lett. m) e la tutela dell’ambiente.
I livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, individuati dall'art. 117 cost., come sostituito dall'art. 3 l. cost. 18 ottobre 2001 n. 3, tra le materie riservate alla competenza esclusiva dello Stato, non debbono intendersi come una "materia" in senso stretto, ma stabiliscono piuttosto la competenza del legislatore statale idonea ad investire tutte le materie, ponendo le norme necessarie per assicurare a tutti, sull'intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite come contenuto essenziale dei diritti, senza che il legislatore regionale possa limitarle o condizionarle (cfr. Corte Cost. 26 giugno 2002, n. 282). La questione diventa perciò come conciliare una competenza statale trasversale in tema di livelli essenziali delle prestazioni, capace di giustificare una disciplina statale che si spinga fino alle norme di dettaglio, con la competenza concorrente in materia di tutela della salute che limita l’intervento dello Stato alla fissazione dei principi che devono trovare espressione nella disciplina regionale.
La «tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali» legittima inoltre l’esercizio del potere sostitutivo del Governo rispetto agli organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni (art. 120 Cost.).
La scelta di
costituzionalizzare la competenza esclusiva statale sulla definizione dei
livelli essenziali delle prestazioni intende porre rimedio al rischio di
un’eccessiva frammentazione territoriale della garanzia dei diritti, assicurando un contenuto minimo omogeneo su tutto il territorio nazionale.
Nella storia dell’ordinamento giuridico italiano in materia di salute, i livelli essenziali di assistenza (c. d. LEA) sono stati riempiti di significati diversi. Il vincolo che tali livelli stabiliscono è stato peraltro assunto fin dall’istituzione del SSN (Servizio Sanitario Nazionale), ove si prevedeva che in sede di programmazione sanitaria nazionale – determinata dalla Stato con il concorso delle Regioni – la legge statale fissasse «i livelli delle prestazioni sanitarie che devono essere, comunque, garantite a tutti i cittadini» (art. 3 L. 23 dicembre 1978, n. 833).
1. La competenza legislativa in materia di tutela della salute
La definizione del contenuto concreto del diritto alla salute va correlata alla distribuzione delle competenze legislative in tema di prestazioni sanitarie, la quale consente una significativa differenziazione tra una regione e l'altra.
In seguito alla riforma del Titolo V della Costituzione (L. cost. 18 ottobre 2001, n. 3) il riparto delle competenze legislative Stato-Regioni in materia di salute è significativamente modificato, anche al fine di dare maggiore copertura al c.d. "federalismo a Costituzione invariata" che, a partire dagli anni '90, aveva portato ad un ampliamento delle competenze regionali - specie in ambito sanitario - sul piano meramente amministrativo.
In origine, infatti, era prevista tra le materie di competenza legislativa concorrente o ripartita la sola “assistenza sanitaria e ospedaliera” (art. 117 Cost.), secondo una formulazione che la riforma ha sostituito con quella di “tutela della salute" (art. 117, co. 3 Cost.), oggi attribuita alla competenza concorrente Stato-Regione. L’attuale formulazione è evidentemente più ampia della precedente: se in precedenza le Regioni potevano legiferare solo sugli aspetti assistenziali (sanitario e ospedaliero), oggi attraverso la definizione di tutela della salute possono disciplinare anche ulteriori aspetti della materia (dall'organizzazione sanitaria alla disciplina della dirigenza medica, alla sicurezza veterinaria, all'ippoterapia). Tuttavia va evidenziato come l’ambito dell’assistenza sanitaria e ospedaliera si fosse progressivamente ridisegnato in senso espansivo, verso un’unificazione della materia sanitaria, già prima della riforma costituzionale suddetta, e più precisamente in conseguenza dell'attribuzione della maggior parte delle competenze amministrative in materia alle regioni effettuata a fine anni '90 (d.lgs. n. 112 del 1998).
In ragione della competenza concorrente lo Stato emana la disciplina di principio della materia, mentre alle Regione è attribuita la competenza all’adozione della disciplina di dettaglio, con norme legislative e regolamentari nei limiti definiti dai principi di cui alla legge statale (art. 117, co. 6°, Cost.).
Come anticipato, la giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto la maggiore ampiezza della materia della tutela della salute rispetto alla precedente definizione di "assistenza sanitaria e ospedaliera" (cfr. Corte Cost., 23 giugno 2005, n. 270). Purtuttavia, nel tempo si è assistito a molteplici interpretazioni che hanno di converso almeno in parte ridimensionato questa espansione, anzitutto attribuendo il carattere di "norma di principio" anche a discipline statali minute e relative ad aspetti molto specifici dell'organizzazione sanitaria.
La tutela della salute ricomprende l’organizzazione sanitaria (pertanto oggetto della legislazione di principio adottata dallo Stato), ma anche l’organizzazione del servizio farmaceutico in quanto preordinato ad assicurare l’accesso dei cittadini ai prodotti medicinali. Nella competenza statale rientra anche la disciplina autorizzatoria dei farmaci, da collocarsi tra i principi fondamentali in materia di tutela della salute (cfr. Corte Cost., 20 giugno 2013, n. 141).
Ciò si traduce nella possibilità di differenziazioni anche significative tra una Regione e l'altra ad es. nella definizione del rapporto tra assistenza ospedaliera e territoriale, nel dimensionamento dei presidi ospedalieri, nello spazio lasciato ai soggetti privati erogatori di prestazioni, nel numero di Asl, nelle dimensioni delle stesse e sinanco nel tipo di funzioni dalle stesse esercitate (di erogazione delle prestazioni, oppure di solo finanziamento).
2. I livelli essenziali di assistenza
La definizione delle competenze legislative in ambito sanitario non si esaurisce nell'attribuzione della "tutela della salute" alla competenza concorrrente, ma va letta alla luce di altre materie indicate dall'art. 117 Cost., che fondano competenze esclusive statali (o concorrenti Stato-Regioni) che si sovrappongono o intersecano con le norme adottate in sede di disciplina della tutela della salute.
Peculiare rilevanza assumono le materie c.d. trasversali, - poi dette anche "materie non materie" o "materie-obiettivo" - competenze esclusive statali capaci di legittimare un intervento statale anche in ambiti attribuiti alla competenza concorrente o residuale regionale, cui vanno a sovrapporsi, ove - occorre ricordare - una competenza si definisce esclusiva dello Stato quando al livello centrale di governo compete l'emanazione delle norme di principio e di quelle di dettaglio.
Sono tali la competenza esclusiva statale in materia di "livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale" (art. 117, co. 2, lett. m, Cost.) e la tutela dell’ambiente (art. 117, co. 2, lett. s, Cost.).
I livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, individuati dall'art. 117 Cost. tra le materie riservate alla competenza esclusiva dello Stato, non debbono intendersi come una "materia" in senso stretto, ma stabiliscono piuttosto una competenza del legislatore statale idonea ad investire tutte le materie, nelle quali il legislatore deve poter porre le norme necessarie per assicurare a tutti, sull'intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite come contenuto "essenziale" di tali diritti, definendo standard ritenuti coessenziali all'unità nazionale, che il legislatore regionale non può limitare o condizionare (cfr. Corte Cost., 26 giugno 2002, n. 282).
Tale competenza statale trasversale in tema di livelli essenziali delle prestazioni è dunque capace di giustificare una disciplina statale che si spinga fino alle norme di dettaglio, sovrapponendosi alla competenza concorrente in materia di tutela della salute che viceversa limita l’intervento dello Stato alla fissazione dei principi che devono trovare attuazione nella disciplina regionale.
La «tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali» legittima inoltre l’esercizio del potere sostitutivo del Governo rispetto agli organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni, ove gli stessi non garantiscano il rispetto dei suddetti livelli essenziali (art. 120 Cost.).
La scelta di costituzionalizzare la competenza esclusiva statale sulla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni intende prevenire un’eccessiva frammentazione territoriale della garanzia dei diritti.
Nella storia dell’ordinamento giuridico italiano in materia di salute, i livelli essenziali di assistenza (c.d. LEA) sono stati tuttavia riempiti di significati diversi. La definizione di livelli omogenei di assistenza per tutto il territorio nazionale è prevista fin dall’istituzione del SSN (Servizio Sanitario Nazionale), ove si prevedeva che in sede di programmazione sanitaria nazionale – determinata dalla Stato con il concorso delle Regioni – la legge statale fissasse «i livelli delle prestazioni sanitarie che devono essere, comunque, garantite a tutti i cittadini» (l. 23 dicembre 1978, n. 833, art. 3).
Più di recente, si è previsto che «le prestazioni sanitarie comprese nei livelli essenziali di assistenza» siano garantite dal Servizio sanitario nazionale «a titolo gratuito o con partecipazione della spesa, nelle forme e secondo le modalità previste dalla legislazione vigente» (d. lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 1, co. 3). Più precisamente è il Piano sanitario nazionale a definire i LEA sulla base delle risorse disponibili (art. 1 co. 2 ss. D. Lgs. 19 giugno 1999, n. 229). I LEA sono, in altre parole, le prestazioni sanitarie che il SSN è obbligato a erogare. Esse comprendo prestazioni sanitarie in senso proprio, ma anche prestazioni di tipo organizzativo e specificano altresì le prestazioni escluse in tutto o in parte dal SSN (es. medicine non convenzionali). Parallelamente alla definizione dei LEA, lo Stato definisce le risorse che sono trasferite alle Regioni al fine di garantirne il finanziamento.
I LEA si configurano come il nucleo essenziale e incomprimibile del diritto alla salute disegnato dall’art. 32 Cost che è il SSN nel suo insieme a dover assicurare, determinando una forma di “autovincolo” del potere pubblico (cfr. R. FERRARA, L'ordinamento della sanità, Giappichelli Editote, Torino, ult. ed.).
Il carattere obbligatorio dei LEA non esclude che le Regioni possano finanziare, con risorse proprie, prestazioni ulteriori: l'obbligo definito a livello statale intende infatti garantire un livello minimo di assistenza comune a tutto il territorio nazionale, che di per sé concorre alla definizione della salute come "diritto fondamentale", identificandone il "nucleo" incomprimibile, anche se - nei fatti - non tutte le Regioni sono state sinora in grado di garantire l'effettiva erogazione delle prestazioni comprese nella suddetta elencazione statale.
I nuovi LEA da poco approvati con D.P.C.M. 17 gennaio 2017, si segnalano in particolare per l'incremento dei vaccini a carico del SSN, per l'inclusione di cure rivolte a nuove malattie rare e per l'attenzione a temi nuovi, come la procreazione medicalmente assistita.
Per un approfondimento sulla definizione dei LEA consulta il sito del Ministero della Salute.
Occorre evidenziare come, nel corso della XVII legislatura, alcune Regioni (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna) abbiano avviato il percorso volto all'attuazione di forme "regionalismo differenziato" che investono in particolare il settore sanitario. La Costituzione infatti consente di attivare "forme e condizioni particolari di autonomia" in alcune particolari materie, tra cui appunto la tutela della salute, con l'adozione di una legge statale su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, da approvarsi a maggioranza assoluta e previa intesa tra lo Stato e la Regione stessa (art. 116, co. III, Cost.).
Gli accordi a tal fine redatti prevedono un'autonomia rafforzata per quanto riguarda l'organizzazione sanitaria, che si accompagna a una rimodulazione del finanziamento delle prestazioni, incidendo in particolare sulla compartecipazione degli utenti e sul sistema tariffario e di rimborso.
Per una sintesi degli accordi: F. Pallante, Nel merito del regionalismo differenziato: quali «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia» per Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna?, in Federalismi.it, 20 marzo 2019
3. Le altre competenze legislative rilevanti
Occorre evidenziare inoltre che la disciplina della tutela della salute si intreccia con una serie di ulteriori materie elencate dalla Costituzione, attribuite alla competenza legislativa esclusiva statale, concorrente Stato-Regione o esclusiva (anche detta residuale) regionale.
Tra le materie di competenza legislativa esclusiva statale (art. 117, comma 2, Cost.) in tale sede rilevanti si possono ricordare ad es. la profilassi internazionale, che incide ad es. sulla disciplina delle vaccinazioni, i livelli essenziali di assistenza, l’ordinamento civile, che assume rilevanza tra le altre cose per la disciplina della responsabilità, o in tema di consenso informato, o ancora con riferimento alla disciplina del personale sanitario. A tal proposito occorre infatti evidenziare come sia sottratta al legislatore regionale qualsiasi competenza sui rapporti di lavoro del personale sanitario (pur impiegato in enti strumentali delle Regioni stesse), con la sola esclusione dei profili relativi al reclutamento e di poche altre ipotesi: poiché - come si vedrà - il personale delle aziende sanitarie e ospedaliere è stato coinvolto dalle riforme d'inizio anni '90 sulla contrattualizzazione del pubblico impiego ed è dunque in regime di diritto privato, la relativa disciplina è attratta all'ordinamento civile, con cui coincide una competenza esclusiva statale.
La competenza esclusiva statale in tema di profilassi delle malattie infettive ha assunto recentemente un'inedita rilevanza, legittimando la definizione con norme statali di "misure di quarantena e ulteriori restrizioni imposte alle attività quotidiane, in quanto potenzialmente fonti di diffusione del contagio, ma anche l’approccio terapeutico; i criteri e le modalità di rilevamento del contagio tra la popolazione; le modalità di raccolta e di elaborazione dei dati; l’approvvigionamento di farmaci e vaccini, nonché i piani per la somministrazione di questi ultimi, e così via", oltre a consentire di imporre alle aziende sanitarie "criteri vincolanti di azione, e modalità di conseguimento di obiettivi che la medesima legge statale, e gli atti adottati sulla base di essa, fissano, quando coessenziali al disegno di contrasto di una crisi epidemica" (Corte cost. 12 marzo 2021, n. 37).
Incidono sulla tutela della salute anche taluni ambiti di competenza concorrente, come la disciplina delle professioni, con riferimento alla quale si pensi ad es. alle leggi sulle professioni sanitarie (v. ad es. Corte cost., 6 dicembre 2018, n. 228, che dichiara l'illegittimità costituzionale di una legge regionale che istituiva il “clown di corsia”), l’alimentazione, e in modo sempre più rilevante il coordinamento della finanza pubblica.
A tal titolo il legislatore statale interviene con previsioni anche minuziose che disciplinano diversi aspetti dell’organizzazione sanitaria: dalla centralizzazione degli acquisti del settore con la costituzione di appositi soggetti aggregatori (cfr. Unità 18), ai limiti al turn-over del personale, alla riduzione dei posti letto nelle strutture pubbliche, alle norme che hanno previsto la rinegoziazione dei contratti d’appalto per acquisto di beni e servizi, la riduzione dei compensi degli organi di direzione e vigilanza, sino alle previsioni sui c.d. piani di rientro dal disavanzo.
Gli obblighi in tal modo imposti dalla legge statale con esercizio della competenza legislativa concorrente sul coordinamento della finanza pubblica hanno per lo più superato il vaglio di costituzionalità in nome di un’unitaria visione della finanza pubblica, correlata a un’unitaria considerazione della Repubblica che fa da pendant all’affermazione di standard omogenei di tutela dei diritti. Come per la tutela della salute, anche in questo caso i “principi” sono molto spesso previsioni assai dettagliate eppur capaci di limitare l’autonomia finanziaria regionale.