Unità 12 - Il consenso informato e la responsabilità medica
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Corso: | Diritto sanitario (Torino) - 9 CFU - 21/22 |
Libro: | Unità 12 - Il consenso informato e la responsabilità medica |
Stampato da: | Utente ospite |
Data: | giovedì, 10 luglio 2025, 05:41 |
Descrizione
Il consenso informato e la responsabilità medica
1. Il consenso informato e la responsabilità medica: le fonti
Sino a pochi anni or sono mancava nel nostro ordinamento una previsione generale che stabilisse esplicitamente l'obbligo del medico di informare il paziente delle caratteristiche e delle conseguenze del trattamento sanitario e di acquisirne il relativo consenso.
Una previsione a carattere generale utile a tal fine è stata introdotta con la l. 22 dicembre 2017, n. 219 ove – nell’ottica della promozione e valorizzazione della “relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico” quale luogo di incontro dell’autonomia decisionale del primo e dell’autonomia professionale e responsabilità del secondo – si afferma espressamente il diritto di ogni persona di “conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell'eventuale rifiuto del trattamento” (art. 1).
L’obbligo di informazione sui caratteri e conseguenze delle cure è corollario di quello di acquisizione del consenso, in quanto condizione di una consapevole espressione della volontà (Cass., sez. III, 30 gennaio 2009, n. 2468).
Alla stessa l. n. 219 del 2017 peraltro si deve l’introduzione delle “disposizioni anticipate di trattamento” (DAT), che consentono all’interessato di esprimere la propria volontà in materia di trattamenti sanitari in previsione di un'eventuale futura incapacità di autodeterminarsi, in particolare rifiutando particolari accertamenti diagnostici, scelte terapeutiche e singoli trattamenti(ad es. la nutrizione artificiale). Le DAT consentono altresì di nominare un “fiduciario” che rappresenti il malato nelle relazioni con medici e strutture sanitarie, esprimendone la volontà. Esse debbono essere redatte per atto pubblico, per scrittura privata autenticata, o per scrittura privata consegnata personalmente dal disponente presso l'ufficio dello stato civile del comune, ove è tenuto apposito registro, oppure presso le strutture sanitarie (art. 4).
Inizialmente, l'obbligo di informazione è stato ricondotto alla scriminante del
consenso dell'avente diritto (art. 50 c.p.), secondo un costrutto che conduce a
ritenere l'attività medica di per sé illecita e meramente scriminata per
effetto dell'acquisizione del consenso.
Il necessario riconoscimento della liceità dell'attività medica in ragione del
carattere socialmente utile di essa scrimina la condotta a prescindere dal
consenso, imponendo di ricondurne il relativo obbligo di acquisizione ad altra
fonte normativa.
L'obbligo di preventiva acquisizione del consenso trova inoltre espresso
fondamento in alcune discipline di settore, ad es. in tema di interruzione
volontaria della gravidanza (l. n. 194 del 1978, art. 14), o di procreazione
medicalmente assistita, ove l'obbligo di informazione del medico si estende
oltre l’ambito strettamente sanitario comprendendo non solo i "metodi, i
problemi bioetici e i possibili effetti collaterali sanitari e psicologici
conseguenti all'applicazione delle tecniche, le probabilità di successo e i
rischi dalle stesse derivanti", ma anche le relative "conseguenze
giuridiche per la donna, per l'uomo e per il nascituro" e sinanco "la
possibilità di ricorrere a procedure di adozione o di affidamento" (l. n.
40 del 2004, art. 6).
Ancora esso è espressamente previsto in materia di attività trasfusionale (l.
n. 219 del 2005, art. 3) e trova riconoscimento generale nel codice di
deontologia medica (art. 33)
CODICE DEONTOLOGICO MEDICO Art. 33 Informazione al cittadino |
L'obbligo di preventiva acquisizione del consenso ha trovato altresì enunciazione nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (c.d. Carta di Nizza), che ha lo stesso valore giuridico dei Trattati (art. 6 TUE) e dunque si situa nel nostro ordinamento in posizione di preminenza, risultando inderogabile per la legge ordinaria (art. 117, comma 1, Cost.).
Esso trova inoltre implicito fondamento nella disciplina costituzionale del diritto alla salute, che ammette i trattamenti sanitari obbligatori (dunque a prescindere dal consenso dell'avente diritto) nei soli casi previsti dalla legge (art. 32, Cost.; sul punto cfr. unità 1) e nella relativa disciplina di attuazione (l. 23 dicembre 1978, n. 833, art. 33 ss.), e in quella della libertà personale (art. 13, Cost.).
Lo stesso obbligo è trova espressione nel diritto internazionale, essendo in particolare affermato dalla Convenzione sui diritti dell'uomo e la biomedicina (art. 5 e ss.), firmata a Oviedo il 4 aprile 1997 e ratificata con l. 28 marzo 2001, n. 145.
1.1. Contenuti, forme e limiti del consenso informato
Il medico è titolare di una posizione di garanzia da cui deriva l'obbligo di impedire ogni evento dannoso che possa derivare dalla sua condotta (art. 40 c.p.), che non si esaurisce con l'obbligo di una corretta prestazione, o meglio: la valutazione sull'adempimento del suddetto obbligo va fatta alla luce delle regole di buona condotta di cui al Codice di deontologia, che - come già visto - prevedono l'obbligo di preventiva acquisizione del consenso.
Il rapporto medico-paziente va inquadrato nell'ambito
della c.d. "alleanza terapeutica" che supera una concezione
paternalistica dell'intervento del medico, presupponendo l'informazione del
paziente e la conseguente accettazione preventiva del trattamento sanitario.
Il diritto di questi a esprimere un consenso consapevole si fonda d'altra su
un'ampia concezione del diritto alla salute, capace di ricomprendere la salute
fisica e psichica e la scelta di vivere secondo le proprie convinzioni, oltre
che sul diritto all'autodeterminazione individuale (art. 13, Cost.).
Si comprende allora come il medico non abbia un "diritto di curare", ma piuttosto una facoltà o potestà che necessita sempre del consenso della persona che si deve sottoporre al trattamento (cfr. Cass. civ, sez. I, 16 ottobre 2007, n. 21748).
Si sono definiti con il tempo i contenuti del consenso
del soggetto interessato al trattamento sanitario.
Innanzitutto il consenso deve essere il più possibile personalizzato. Al
fine di garantire l'autodeterminazione del paziente nella scelta se sottoporsi
o meno al trattamento sanitario il medico è tenuto pertanto a spiegare i rischi
che l'intervento o il trattamento terapeutico possono comportare, le conseguenze,
le alternative terapeutiche, nonché le condizioni della struttura sanitaria. Il
consenso, inoltre, deve essere reale, non ritenendosi
sufficiente generiche indicazioni che non siano dettagliate e individualizzate.
Altro carattere del consenso è l'attualità. L'informazione
deve essere infatti fornita all'inizio del trattamento e nel corso dello stesso
se intervengono elementi nuovi, investendone ogni fase. Il consenso va
acquisito in un momento successivo alla fase della diagnosi e precedente a
quella terapeutica e in tale senso può può essere inteso come prestazione
accessoria oggetto dell'obbligo contrattuale - o da "contatto
sociale" - di diagnosi e cura (cfr. Cass., sez. III, 29 settembre 2009, n.
20806).
Nel caso della mancata acquisizione del consenso il rischio che normalmente è
il paziente ad assumersi si trasferisce sul medico che sostituendosi al
paziente nella decisione assume la responsabilità delle conseguenze negative
che il trattamento indesiderato producono. Si comprende allora perché al paziente
si possa riconosce il risarcimento del danno conseguenza della lesione del
diritto alla salute, alla tutela del quale è preordinato l'obbligo di
acquisizione del consenso stesso.
Controversa è la rilevanza della mancata acquisizione
del consenso nel caso di attività medica fausta, cioè in assenza di un danno
alla salute, ove ad assumere la rilevanza è la mera violazione del diritto
all'autodeterminazione del paziente, che ha talora fondato il riconoscimento di
una responsabilità civile del sanitario (Cass. civ., sez. III, n. 2847 del
2010).
Escludono l'obbligo di preventiva acquisizione del consenso solo un'urgenza
"obiettiva e indifferibile" del trattamento sanitario (stato di
necessità, art. 54 c.p.), o specifiche esigenze di interesse pubblico (Cass.
Civ. sez. III, 30 gennaio 2009, n. 2468).
Nella relazione di “cura e fiducia tra paziente e medico” sono inclusi tutti i componenti dell’equipe sanitaria e allo stesso tempo, ove il paziente sia d’accordo, i suoi familiari (o “la parte dell'unione civile o il convivente ovvero una persona di fiducia del paziente medesimo”, cfr. l. 22 dicembre 2017, n. 219, art. 1).
La stessa disciplina prevede che il consenso sia documentato in forma scritta o attraverso videoregistrazioni e inserito nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.
L’eventuale rifiuto del trattamento esonera il medico da responsabilità civile e penale.
Al fine di rendere effettiva la previsione si prevede altresì che medici e altri esercenti la professione sanitaria siano specificamente formati in materia di relazione e di comunicazione con il paziente, di terapia del dolore e di cure palliative.
Per una sintesi della disciplina si veda la scheda
disponibile sul sito del Ministero della salute.
Sul consenso informato si rimanda anche a Un sito al servizio del consenso informato