Unità 15 - Il diritto alla salute e la libera circolazione dei medicinali

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Corso: Diritto sanitario (Torino) - 9 CFU - 21/22
Libro: Unità 15 - Il diritto alla salute e la libera circolazione dei medicinali
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Data: martedì, 6 maggio 2025, 15:38

Descrizione


 


1. Unità 17 - Il diritto alla salute e la libera circolazione dei medicinali

Il diritto alla salute è soddisfatto attraverso l’erogazione di prestazioni sanitarie che presuppongono l’utilizzo di beni tra cui anzitutto i medicinali. Tali beni sono generalmente oggetto di produzione da parte di soggetti privati e circolano nel mercato in regime di libera concorrenza. Si comprende allora come la circolazione dei medicinali si collochi al crocevia tra diritto alla salute e libera circolazione delle merci (art. 26 TFUE).

La salute, intesa come «stato di completo benessere fisico, mentale e sociale»  (Costituzione dell’OMS del 22 luglio 1946), è tutelata anche dall'ordinamento dell’Unione Europea (sul punto cfr. unità 2-3).  
L’obiettivo di garantire un «livello elevato di protezione della salute umana», unitamente allo stesso diritto di accesso alle cure mediche, è previsto nella Carta dei diritti  fondamentali dell’Unione Europea (art. 35), ma già col Trattato di Maastricht del 1992, all’art. 152 TCE (ora art. 168 TFUE), se ne indicava il carattere ispiratore di tutte le politiche ed attività dell’Unione. La previsione di un diritto fondamentale europeo alla protezione della salute e l’azione attraverso programmi dell’Unione Europea non alterano il riparto delle competenze tra Unione e Stati membri, ai quali spetta ancora oggi la competenza esclusiva in materia sanitaria. L’azione dell’Unione Europea completa le politiche nazionali per il miglioramento della sanità pubblica, ma sono le legislazioni e le prassi nazionali a stabilire le condizioni per l’accesso alla prevenzione sanitaria e l’ottenimento di cure mediche (art. 35, Carta dei diritti fondamentali UE).

Di conseguenza anche per le politiche del farmaco sono gli Stati membri ad avere la competenza (per le politiche sul farmaco in Italia, si veda il policy paper di AA. VV., La politica del farmaco. Quadro normativo, problemi, proposte, a cura della Fondazione Astrid e Magna Carta, Roma, 2014). 
Spetta alle autorità nazionali, sotto il controllo del giudice, la decisione circa la riconducibilità di una sostanza alla definizione di medicinale. Un prodotto considerato come medicinale in uno Stato membro può non esserlo in un altro Stato membro (cfr. sul punto della C. giust., 21 marzo 1991, C-369/88, Delattre, e punto 4 decisione della C. giust., 9 giugno 2005, cause riunite C-211/03, C-299/03, C-316/03, C-318/03, HLH Warenvertriebs GmbH e la Orthica BV c. Repubblica federale di Germania, C. giust., 30 aprile 2009, C-27/2008, Bios Naturprodukte GmbH c. Saarland).

Il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali può promuovere il mercato interno dei medicinali, ma anche contribuire a garantire maggiore uniformità nella protezione dei livelli elevati di tutela della salute nell’Unione Europea. 

1.1. La disciplina europea in tema di medicinali

Il livello elevato di protezione della salute sul territorio dell’Unione passa per una maggiore armonizzazione nell'applicazione della disciplina UE, anche per quanto riguarda la definizione di medicinale. 

La scelta  non è stata  quella di un’armonizzazione totale ma piuttosto della convivenza di misure comuni e di misure nazionali sottoposte a mutuo riconoscimento.

L’Unione Europea ha adottato un'apposita direttiva in materia di circolazione di medicinali recante il Codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (direttiva 2001/83/CE attuata in Italia con D. Lgs. 24 aprile 2006, n. 219). La suddetta direttiva fornisce la definizione di medicinale, disciplina la produzione, l’autorizzazione, l’importazione, la distribuzione, l’uso dei medicinali e la farmacovigilanza, riunendo in un unico testo diverse direttive che interessavano il settore farmaceutico, al fine di armonizzare le condizioni di fornitura dei medicinali al pubblico e per realizzare la libera circolazione degli stessi. 

Nel perseguimento della finalità di promozione del funzionamento del mercato interno dei medicinali, e in sede di definizione della stessa nozione di medicinale, occorre fare salvo «l’obiettivo di realizzare un livello elevato di protezione della salute umana» (considerando 3 direttiva 2004/27/CE). 

La definizione di medicinale dell’ordinamento dell’Unione Europea si compone di quella di  medicinale c.d. “per presentazione” e quella di medicinale c.d. “per funzione” (epigrafe cfr. anche C. giust., 20 maggio 1992, C-290/90Commissione delle Comunità europee c Repubblica federale di Germania, C. giust., 16 aprile 1991, C-112/89, Upjohn e NV Upjohn c Farzoo Inc. JAWMJ Kortmann e C. giust., 30 novembre 1983, C-227/82, Arrondissementsrechtbank Amsterdam c Leendert van Bennekom).

Secondo la definizione “per presentazione” è medicinale «ogni sostanza o associazione di sostanze presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane» (art. 1, lett. a). 
La definizione “per funzione”, invece, qualifica come medicinale «ogni sostanza o associazione di sostanze che possa essere utilizzata sull’uomo o somministrata all’uomo allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche, esercitando un’azione farmacologica, immunologica o metabolica, ovvero di stabilire una diagnosi medica» (art. 1, lett. b).

Tale definizione è stata ritenuta comprensiva ad es. dei preparati a base di vitamine, dei prodotti reattivi utilizzati per diagnosi mediche, dei prodotti alimentari, degli additivi alimentari o prodotti cosmetici [1] o delle soluzioni di lavaggio per occhi (cfr. C. giust., 20 marzo 1986, C-35/85, Tissier, e  C. giust., 21 marzo 1991, C-369/88, Delattre). 
Per stabilire se un prodotto sia un medicinale occorre valutarne di volta in volta le proprietà farmacologiche dovendosi in particolare tenere conto di tutte le caratteristiche del prodotto, quali la composizione, le proprietà farmacologiche, immunologiche e metaboliche, valutandole allo stato attuale delle conoscenze scientifiche ed accertando che il possibile apporto benefico superi i rischi potenziali.

La procedura di autorizzazione all’immissione in commercio dei farmaci è la sede in cui ragioni di interesse pubblico possono limitare la libera circolazione di medicinali tra gli Stati membri.

Un medicinale è messo in commercio in uno Stato membro in seguito all'autorizzazione rilasciata da un’autorità nazionale competente, oppure ad un’autorizzazione rilasciata a livello centralizzato dalla stessa Unione Europea (art. 6). 
La prima si ottiene attraverso una procedura definita “decentrata” o di “mutuo riconoscimento”, mentre la seconda attraverso una procedura “centralizzata”.  
La procedura di mutuo riconoscimento opera nel caso in cui il medicinale abbia ottenuto l’autorizzazione in uno Stato membro (art. 28). 
Un altro Stato può opporsi al riconoscimento per ragioni di interesse pubblico e in particolare di un grave rischio potenziale per la salute pubblica correlato alla commercializzazione della sostanza autorizzata. 
In tale caso la questione è risolta attraverso un accordo tra gli Stati membri o, in assenza di questo, deferita all’Agenzia europea per i medicinali (EMA) e decisa dalla Commissione. 
La procedura centralizzata, invece, si conclude con il rilascio di un’autorizzazione unica, emessa nella forma di decisione della Commissione, valida in tutti gli Stati membri e assunta sulla base di valutazioni tecniche e scientifiche dei comitati che operano all’interno dell’Agenzia europea di valutazione dei medicinali.

Il legislatore europeo sembra perciò aver optato per la previsione di procedure di collegamento tra le varie autorità nazionali ed europee, piuttosto che per una concentrazione unitaria dell’esercizio dell’attività scegliendo un modello complesso per realizzare la libera circolazione dei medicinali nel mercato interno.

Tale modello complesso di autorizzazioni è ulteriormente complicato dalla relatività della definizione di medicinale, che pone l’esigenza di una maggiore uniformità applicativa, in grado di rendere più omogeneo il livello elevato di protezione del diritto alla salute dei cittadini europei.

In ogni caso durante la fase dell'autorizzazione va dimostrata la prevalenza del beneficio dato dal medicinale rispetto ai rischi potenziali alla luce dell’obiettivo della tutela della salute e secondo una valutazione ispirata al principio di precauzione. I concetti di nocività e di effetto terapeutico possono infatti essere esaminati «solo in relazione reciproca», poiché hanno un significato relativo, da valutare in base al grado di sviluppo della scienza e tenendo conto della destinazione del medicinale (Considerando 7 della direttiva 2001/83/CE).


[1] Cfr. C. giust., 21 marzo 1991, C-369/88, Delattre. Nella causa principale venivano presi in considerazione diversi prodotti commercializzati senza autorizzazione (prodotti dimagranti, per l’attivazione della circolazione del sangue, destinati a combattere il prurito, utilizzati per combattere la stanchezza) e la Corte afferma che un prodotto del tipo di quelli in oggetto può rientrare nella definizione di medicinale anche se non presentato come tale. Afferma, inoltre, che un prodotto può essere considerato come alimento in uno Stato membro e medicinale nello Stato interessato.


1.2. La procedura di autorizzazione condizionata

La procedura di autorizzazione condizionata (c.d. CMA, Conditional Marketing Authorisation) è di particolare interesse in quanto usata da ultimo per l'immissione in circolazione dei vaccini contro l'infezione da SARS-Cov-2.

Trattasi di una procedura che differisce da quella ordinaria perché può essere rilasciata anche in assenza di dati clinici completi, purché siano in particolare soddisfatte le seguenti condizioni: il rapporto rischio/beneficio del medicinale (...) risulta positivo; i benefici per la salute pubblica derivanti dalla disponibilità immediata sul mercato del medicinale in questione superano il rischio inerente al fatto che occorrano ancora dati supplementari (Reg. (CE) N. 507/2006 della Commissione del 29 marzo 2006, relativo all’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata dei medicinali per uso umano, art. 4). 

Il carattere condizionato dell’autorizzazione non incide dunque sui profili di sicurezza del farmaco (dal sito dell’ISS, che richiama a sua volta quello dell’EMA: “una autorizzazione condizionata garantisce che il vaccino approvato soddisfi i rigorosi criteri Ue di sicurezza, efficacia e qualità, e che sia prodotto e controllato in stabilimenti approvati e certificati in linea con gli standard farmaceutici compatibili con una commercializzazione su larga scala”), né comporta che la stessa debba essere considerata un minus dal punto di vista del valore giuridico, ma impone unicamente al titolare di “completare gli studi in corso o a condurre nuovi studi al fine di confermare che il rapporto rischio/beneficio è favorevole”. 

La CMA è uno strumento utilizzato già diverse volte prima dell’emergenza pandemica (come attesta il report disponibile sul sito istituzionale dell’EMA, relativo ai primi dieci anni di utilizzo della procedura, nel periodo di riferimento – dal 2006 al 2016 – sono state concesse ben 30 autorizzazioni in forma condizionata, nessuna delle quali successivamente ritirata per motivi di sicurezza: https://www.ema.europa.eu/documents/report/conditional-marketing-authorisation-report-ten-years-experience-european-medicines-agency_en.pdf).

Anche in questa forma, l’autorizzazione si colloca a valle delle usuali fasi di sperimentazione clinica che precedono l’immissione in commercio di un qualsiasi farmaco, senza impatto negativo sulla completezza e sulla qualità dell’iter di studio e ricerca. Al contrario, la ricerca del vaccino contro il Covid-19 ha potuto beneficiare di ingenti risorse umane ed economiche, di procedure valutative rapide e ottimizzate (c.d. rolling review), della partecipazione di un elevatissimo numero di volontari “circa dieci volte superiore a quello di studi analoghi per lo sviluppo di altri vaccini” (si vedano le FAQ dell’Aifa).

La CMA è valida per un anno, con possibilità di rinnovo, e prevede per il suo titolare gli stessi diritti e responsabilità di un’autorizzazione standard. Inoltre, il titolare di una CMA ha obblighi specifici, tra cui il completamento o lo svolgimento di nuovi studi entro un determinato periodo di tempo - indicato dalla stessa autorizzazione - per confermare che il rapporto rischi/benefici rimanga positivo.
Il monitoraggio post-autorizzazione dei vaccini costituisce un'attività di farmacovigilanza di particolare rilievo.

L'autorizzazione condizionata differisce dunque dall’autorizzazione per l’uso di emergenza rilasciata da alcuni altri paesi, tra cui gli Stati Uniti, ove al contrario si è trattato di consentire l'utilizzazione di farmaci non autorizzati dalle autorità nazionali competenti (FDA, Federal Drug Administration).

Si vedano 

Tar Friuli Venezia Giulia, sez. I, 20 settembre 2021, n. 261

V. Azzollini - A. Morelli, Romanzo emergenziale Notazioni sulla disciplina in materia di Covid, in Consulta on line, 2021, n. 3