Unità 16 - Le farmacie

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Corso: Diritto sanitario (Torino) - 9 CFU - 21/22
Libro: Unità 16 - Le farmacie
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Data: martedì, 6 maggio 2025, 15:49

Descrizione

Nell’ambito dell’assistenza sanitaria l’assistenza farmaceutica viene erogata dal SSN attraverso le farmacie di titolarità di enti pubblici e le farmacie di titolarità di soggetti privati (art. 28 l. 23 dicembre 1978, n. 833).

La farmacia, soggetto deputato principalmente alla distribuzione dei medicinali al pubblico, si inserisce infatti nel Servizio farmaceutico territoriale o in quello svolto dalle farmacie ospedaliere. Ai fini della distribuzione al pubblico si considerano medicinali anche quelli composti e le specialità medicinali commercializzate già in forma preparata (art. 122 r. d. 27 luglio 1934, n. 1265).

Negli stati italiani pre-unitari la regolamentazione della iniziativa privata del settore farmaceutico era diversificata. Se alcuni stati regolavano la materia in regime di piena libertà di impresa farmaceutica, altri operavano in regime di concessione, in altri casi ancora il regime regolatorio era simile a quello della autorizzazione. In molti casi veniva inoltre stabilito un vincolo o limite di ordine quantitativo all’apertura di questi esercizi. Non si è mancato di sottolineare che anche nel sistema autorizzatorio il farmacista titolare non è un soggetto meramente autorizzato ma allo stesso viene attribuito un vantaggio eccezionale sostanzialmente simile ad una concessione (cfr. F. Ledda, Assegnazione e apertura delle farmacie, in Gli ospedali e le farmacie, in L’ordinamento sanitario, Atti del congresso celebrativo del centenario delle leggi amministrative di unificazione, a cura di P. Bodda, Neri Pozza, Milano, 1967, p. 108).

Il numero chiuso che si era affermato anche nel settore delle farmacie (l. 22 maggio 1913, n. 468, legge Giolitti) trova ragion d’essere soprattutto nei casi di attività in concessione amministrativa, ma anche laddove l’attività è condizionata da un’autorizzazione amministrativa (F. Levi, La pianta organica delle farmacie, in L’ordinamento sanitario, Atti del congresso celebrativo del centenario delle leggi amministrative di unificazione, a cura di P. Bodda, Neri Pozza, Milano, 1967, p. 122). In tali casi l’autorità amministrativa non valuta solo le condizioni del soggetto autorizzato ma anche l’attività da svolgere in riferimento alle esigenze della collettività che ne trae utilità. La valutazione dei bisogni della popolazione viene ricondotta ad una fase precedente ai procedimenti di autorizzazione attraverso un atto definito pianta organica delle farmacie[1]. L’istituto della pianta organica non è mutato con la legislazione successiva e ha trovato collocazione anche nel testo unico delle leggi sanitarie (r. d. 27 luglio 1934, n. 1265, artt. 104 e 380). Questo atto di pianificazione riguardava il territorio comunale per stabilire numero e ubicazione delle farmacie. Il primo criterio (criterio demografico) fissato dal t. u. del 1934 era quello della popolazione. Il numero delle autorizzazioni non poteva far superare il rapporto una farmacia ogni cinquemila abitanti. Il secondo criterio (criterio topografico) era quello della distanza di almeno cinquecento metri tra le sedi delle farmacie, adottabile in aggiunta o in sostituzione di quello numerico. Mentre il criterio demografico imponeva una attività di tipo vincolato, il criterio topografico presupponeva l’esercizio di un potere discrezionale ed aveva carattere derogatorio rispetto al primo criterio. Posto che la pianta organica è una pianificazione territoriale delle farmacie il criterio della distanza tra sedi temperava così la rigidità di quello numerico della popolazione.

La suddetta pianificazione territoriale dell’attività farmaceutica si giustifica con  la finalità di assicurare la tutela della salute (art. 32 Cost.) (cfr. in questi termini Corte Cost. 28 marzo 2008, n. 76, Corte Cost. 9 gennaio 1996, n. 31). La stessa giurisprudenza dell’unione europea ha affermato la legittimità di una pianificazione e del contingentamento delle farmacie per garantire l’assistenza medica adeguata della popolazione di un dato territorio (cfr. C. giust., 1 giugno 2010, C-570/07 e C-571/07, Perez e Gomez). In seguito alla emanazione del c. d. “D. L. liberalizzazioni” volto a liberalizzare alcuni settori tra cui quello farmaceutico (d. l. 24 gennaio 2012, n. 1 conv. in l. 24 marzo 2012, n. 27), è sorta la questione della avvenuta o meno modifica strutturale della materia del servizio farmaceutico. Si è sul punto affermata e condivisa l’interpretazione secondo cui sebbene sia stata soppressa l’espressione “pianta organica” al Comune rimane affidata la competenza della pianificazione che corrisponde nella sostanza alla vecchia pianta organica (cfr. in tale senso Cons. stat., sez. III, 3 aprile 2013,   sulla competenza comunale in materia cfr. Corte Cost., 31 ottobre 22013, n. 255).  La scelta del legislatore di conservare il contingentamento farebbe perciò escludere l’avvenuta liberalizzazione del settore, infatti anche la suddetta normativa continua a prevedere un sistema di pianificazione a “numero chiuso” da parte della Pubblica Amministrazione e ciò è compatibile con i principi comunitari in materia di libertà di stabilimento (cfr. Cons. Stat., sez. III, 7 aprile 2014, n. 1638). La materia della programmazione territoriale è stata modificata per diversi aspetti dalla normativa del 2012.  Viene abbassato il parametro numerico di programmazione da 5.000 a 3.300, viene previsto assieme al criterio demografico anche la possibilità di istituzione di nuove strutture in particolari aree (es. stazioni ferroviarie, gli aereoporti civili a traffico internazionale, etc.). Al Comune viene attribuita la competenza di individuare il numero delle farmacie mentre a Regioni e Provincie autonome spetta un potere sostitutivo in caso di inerzia del Comune  (art. 11, co. 9, d. l. n.1/2012).  

L’attività principale delle farmacie aperte al pubblico è la vendita dei medicinali, nella quale viene inclusa anche la cessione dei medicinali per conto del SSN. L’attività di vendita dei medicinali al pubblico è permessa ai farmacisti (art. 122, co. 1 Tuls). Tra i farmaci forniti al pubblico rientrano sia i medicinali preparati in farmacia dallo stesso farmacista sia i medicinali preparati industrialmente. Inoltre i medicinali si suddividono tra quelli che possono essere acquistati senza ricetta medica e quelli invece acquistabili solo su ricetta medica. Su tale disposizione normativa ha avuto un notevole impatto la previsione della possibilità della vendita al pubblico presso gli esercizi commerciali dei farmaci da banco e dei farmaci vendibili senza ricetta medica (d. l. 223/2006 con. in l. 248/2006). La vendita al pubblico dei medicinali erogabili a carico del SSN è pertanto ammessa solo presso le farmacie. Le regole commerciali che informano l’attività delle farmacie interessano la parte minore dell’attività delle farmacie stesse se solo si pensa che la maggior parte dell’attività riguarda la cessione di tali beni ai soggetti per conto del SSN. Non a caso l’attività farmaceutica è erogata dalle ASL attraverso le farmacie di cui sono titolari enti pubblici o privati tutti convenzionati con il SSN (l. 23 dicembre 1978, n. 833, art. 28). I farmaci che vengono erogati agli assistiti nell’ambito del SSN sono definiti farmaci di classe A (l. 537/1993, art. 8, co. 10). Un medicinale viene collocato in tale classe all’atto dell’autorizzazione in commercio del medicinale, rilasciata con provvedimento Aifa o con provvedimento successivo.

Le farmacie vengono distribuite sul territorio in modo tale da garantire il servizio farmaceutico alla popolazione e l’attività è soggetta ad autorizzazione rilasciata dall’autorità competente come individuata su base di legge regionale. La titolarità delle farmacie può essere attribuita a farmacisti singoli iscritti all’albo professionale, ai Comuni, a società di persone o a società di persone a responsabilità limitata aventi ad oggetto esclusivo la gestione di una farmacia e costituite da soli farmacisti iscritti all’albo. Questa scelta di restringere la libertà di stabilimento e la libertà di circolazione dei capitali operata dal legislatore italiano è stata peraltro considerata legittima in virtù dell’obiettivo della tutela della salute perseguito dalla stessa Unione Europea (cfr. C. giust., 19 maggio 2009, C-531/06). I farmacisti individuali divengo titolari di farmacia previa concorso o per acquisto mortis causa. I Comuni possono essere titolari della metà delle farmacie disponibili e gestirle attraverso diverse modalità, peraltro non tassative: in economia, con azienda speciale, con consorzi tra Comuni per la gestione di farmacie di cui sono unici titolari oppure attraverso società di capitali costituite tra Comune e farmacisti che prestano servizio nelle farmacie di cui il Comune è titolare (l. 475/1968, art. 9, co. 1).



[1] Istituita con la l. 22 maggio 1913, n. 468, la pianta organica è un atto amministrativo generale di programmazione del servizio su base comunale. In seguito alla entrata in vigore della Costituzione questo atto di programmazione è stato ricondotto ai programmi e controlli di indirizzo e coordinamento della attività economica privata di cui all’art. 41 co. 3 Cost.


1. Unità 18 - Le farmacie

L’assistenza farmaceutica è erogata dal SSN attraverso le farmacie di titolarità di enti pubblici e le farmacie di titolarità di soggetti privati (art. 28 l. 23 dicembre 1978, n. 833).

La farmacia, organizzazione deputata principalmente alla distribuzione dei medicinali al pubblico, si inserisce nel Servizio farmaceutico territoriale o in quello svolto dalle farmacie ospedaliere. Ai fini della distribuzione al pubblico si considerano medicinali anche quelli composti e le specialità medicinali commercializzate già in forma preparata (r. d. 27 luglio 1934, n. 1265, art. 122) come ad esempio i farmaci a produzione industriale.

Negli stati italiani pre-unitari la regolamentazione dell'iniziativa privata del settore farmaceutico era diversificata. Alcuni stati prevedevano una piena libertà di impresa farmaceutica, altri subordinava l'esercizio dell'impresa farmaceutica al previo ottenimento di una concessione, in altri casi ancora il regime regolatorio era quello dell'autorizzazione.

Si ricorda in proposito la classica definizione di autorizzazioni e concessioni tratta dalla teoria generale degli atti amministrativi: benché entrambi siano provvedimenti favorevoli e ampliativi della sfera giuridica dell'interessato, l'autorizzazione (licenza, permesso, nulla osta, abilitazione, dispensa, ecc.) non gli conferisce alcun nuovo diritto, ma semplicemente rimuove un ostacolo all'esercizio di un diritto preesistente (ad es. il permesso di costruire rispetto allo ius aedificandi che è una facoltà ricompresa al diritto di proprietà). Viceversa la concessione attribuisce all'interessato una posizione giuridica soggettiva o uno status nuovo, di cui questi non era titolare e che può essergli trasferita dall'amministrazione (c.d. concessione traslativa, es. la concessione di bene demaniale, che attribuisce il diritto di usare in esclusiva un bene normalmente destinato all'uso collettivo), o costituita ex novo (c.d. concessione costitutiva, es. la concessione della cittadinanza). 
Si è rilevato peraltro che anche in presenza di un sistema formalmente autorizzatorio il farmacista titolare non è un soggetto meramente autorizzato ma usufruisce di un vantaggio eccezionale sostanzialmente assimilabile a quello acquisito con l'ottenimento di una concessione (cfr. F. Ledda, Assegnazione e apertura delle farmacie, in Gli ospedali e le farmacie, in L’ordinamento sanitarioAtti del congresso celebrativo del centenario delle leggi amministrative di unificazione, a cura di P. Bodda, Neri Pozza, Milano, 1967, p. 108). 


1.1. La pianificazione territoriale delle farmacie

Già gli stati preunitari stabilivano in molti casi ulteriori vincoli o limiti di ordine quantitativo all’apertura delle farmacie (contingentamento, adottato dall'Italia unificata con l. 22 maggio 1913, n. 468). 

Nell'ipotesi di attività contingentata l’autorità amministrativa non valuta solo condizioni e requisiti dell'interessato, ma anche l’attività da svolgere in riferimento alle esigenze della collettività che ne trae utilità. 

La valutazione dei bisogni della popolazione è considerata in particolare nella fase di definizione della pianta organica delle farmacie [1], che è presupposto del rilascio dell'autorizzazione ed è attribuita alla competenza comunale (r. d. 27 luglio 1934, n. 1265, artt. 104 e 380). 

Con l'adozione della pianta organica sono definiti numero e ubicazione delle farmacie sul territorio del comune. 

Ai sensi del testo unico del 1934, il numero delle autorizzazioni è definito in ragione di un criterio demografico, in ragione di una farmacia ogni cinquemila abitanti. 
A questo si aggiunge (o talora sostituisce) un criterio topografico che prescrive una distanza minima di cinquecento metri tra una farmacia e l'altra. 

Mentre il criterio demografico impone una valutazione vincolata dell'amministrazione, il criterio topografico presuppone l’esercizio di un potere discrezionale con carattere derogatorio - e di temperamento della rigidità - rispetto al primo criterio. 

La pianificazione territoriale dell’attività farmaceutica si giustifica con la finalità di assicurare la tutela della salute (art. 32 Cost.) (cfr. Corte Cost. 28 marzo 2008, n. 76, Corte Cost. 9 gennaio 1996, n. 31) poiché, assicurando l'adeguatezza del bacino di utenza di ciascun esercizio farmaceutico, ne assicura la sostenibilità economica, tutelando il principio di continuità del servizio pubblico e quello del c.d. servizio universale. 

La stessa giurisprudenza dell’Unione europea ha affermato la legittimità di una pianificazione e del contingentamento delle farmacie per garantire assistenza medica adeguata della popolazione di un dato territorio (cfr. C. giust., 1 giugno 2010, C-570/07 e C-571/07, Perez e Gomez). 

Con il c. d. “decreto liberalizzazioni” (d. l. 24 gennaio 2012, n. 1, conv. in l. 24 marzo 2012, n. 27), è è stata soppressa l’espressione “pianta organica”, benché la competenza di pianificazione attribuita al comune vi corrisponda nella sostanza (sulla competenza comunale in materia cfr. Corte Cost., 31 ottobre 2013, n. 255).  
Il mantenimento del contingentamento esclude la liberalizzazione del settore: continua infatti a prevedersi un “numero chiuso” di farmacie definito dalla Pubblica Amministrazione (cfr. Cons. Stat., sez. III, 7 aprile 2014, n. 1638). 

La disciplina della programmazione territoriale è stata di recente modificata per diversi aspetti: il criterio demografico è stato portato da 5.000 a 3.300 abitanti ed è stata prevista la possibilità di derogarvi per l'istituzione di nuove strutture in particolari aree (es. stazioni ferroviarie, aereoporti civili a traffico internazionale, ecc.). 
La competenza sulla definizione del numero di farmacie rimane ai comuni, fatto salvo il potere sostitutivo di regioni e province autonome in caso di inerzia del comune  (d.l. n. 1 del 2012, cit., art. 11, co. 9).  

L’attività principale delle farmacie aperte al pubblico è la vendita dei medicinali, compresa la cessione degli stessi per conto del SSN. 
Per esercitare l’attività di vendita dei medicinali al pubblico occorre l'iscrizione all'albo dei farmacisti (r.d. n. 1265 del 1943, cit., art. 122, co. 1): tra i farmaci forniti al pubblico rientrano sia i medicinali preparati in farmacia dallo stesso farmacista sia i medicinali preparati industrialmente. 
Come noto, inoltre, la farmacia è autorizzata alla vendita sia dei medicinali che possono essere acquistati senza ricetta medica, sia di quelli acquistabili solo su ricetta medica. I c.d. medicinali da banco possono essere altresì venduti presso gli esercizi commerciali (d. l. 223/2006 con. in l. 248/2006). 
Solo le farmacie pertanto sono autorizzate alla vendita al pubblico dei medicinali erogabili a carico del SSN, in forza di apposita convenzione stipulata con lo stesso SSN (l. 23 dicembre 1978, n. 833, art. 28). 

I farmaci erogati nell’ambito del SSN sono definiti di classe A (l. n. 537 del 1993, cit., art. 8, co. 10): la collocazione in  tale classe è stabilita all'atto dell’autorizzazione in commercio rilasciata con provvedimento dell'Aifa o con provvedimento successivo.

L'autorizzazione all'apertura delle farmacie è rilasciata dall’autorità competente individuata con legge regionale. 
La titolarità delle farmacie può essere attribuita a farmacisti singoli iscritti all'albo professionale, ai comuni, a società di persone o a società a responsabilità limitata aventi ad oggetto esclusivo la gestione della farmacia e costituite da soli farmacisti iscritti all'albo, secondo una scelta che - pur limitando il diritto di stabilimento e la libertà di circolazione dei servizi - è stata considerata legittima poiché proporzionata all'interesse pubblico alla tutela della salute (cfr. C. giust., 19 maggio 2009, C-531/06). 

I farmacisti individuali acquistano la titolarità della sede farmaceutica previo concorso o per acquisto mortis causa. 
I comuni possono essere titolari della metà delle farmacie disponibili e gestirle attraverso diverse modalità, peraltro non tassative: in economia, con azienda speciale, con consorzi intercomunali (di cui sono unici titolari) oppure attraverso società di capitali costituite tra comune e farmacisti che prestano servizio nella stessa farmacia (l. n. 475 del 1968, cit., art. 9, co. 1).


[1] Istituita con la l. 22 maggio 1913, n. 468, la pianta organica è un atto amministrativo generale di programmazione del servizio su base comunale. In seguito alla entrata in vigore della Costituzione questo atto di programmazione è stato ricondotto ai programmi e controlli di indirizzo e coordinamento della attività economica privata di cui all’art. 41 co. 3 Cost.