Unità didattica IV - Ingresso e soggiorno per lavoro

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Corso: Diritto dell'immigrazione - 6/9 CFU - TORINO - 22/23
Libro: Unità didattica IV - Ingresso e soggiorno per lavoro
Stampato da: Utente ospite
Data: lunedì, 6 gennaio 2025, 14:25

1. IV.1. Introduzione

L’ingresso di un lavoratore straniero – come già detto – avviene all’interno delle quote fissate nel decreto flussi. Ciò implica che un datore di lavoro deve attendere l’emanazione del decreto flussi e solo una volta che questo provvedimento è stato emanato può fare la richiesta di ingresso di un lavoratore dall’estero. Ciò implica in primo luogo che il datore di lavoro può assumere soltanto in un determinato momento e non quando lo desidera (ad esempio perché lo richiedono le esigenze produttive) e in secondo luogo che sia interessato all’assunzione di una persona che ancora si trova all’estero e non ha in linea di massima mai incontrato personalmente.

La procedura risulta complessa e farraginosa con numerosi uffici coinvolti. Non stupisce quindi che in questi anni siano stati pochi i lavoratori che hanno fatto ingresso con questo sistema. La maggior parte, infatti, ha beneficiato di provvedimenti di regolarizzazione (su cui vedi la parte relativa al soggiorno), grazie ai quali gli stranieri irregolarmente presenti hanno potuto regolarizzare la propria posizione.

Oltre all’ingresso per motivi di lavoro subordinato, è previsto l’ingresso per motivi di lavoro stagionale avente una procedura simile, l’ingresso per lavoro autonomo e infine l'ingresso in “casi particolari” (d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 27) in cui l’ingresso avviene al di fuori delle quote, in base a procedure specifiche, che si distinguono per una maggiore flessibilità e celerità.



2. IV.2. L'ingresso per motivi di lavoro subordinato

Come abbiamo visto l’autorizzazione all’assunzione di un lavoratore straniero che non sia già regolarmente soggiornante sul territorio nazionale e, quindi, il rilascio in suo favore di un visto per motivi di lavoro è consentita solo all’interno delle quote numeriche previste dal decreto flussi annuale adottato. Solamente, quindi, una volta che tale decreto sia stato emesso e che le relative quote lo consentano, si avvierà la complessa procedura che potrà condurre alla stipulazione di un contratto di lavoro tra un datore di lavoro presente sul territorio nazionale ed un lavoratore straniero residente all’estero.

Ai sensi del d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 22, co. 1 è istituito, in ogni provincia, presso la Prefettura-Ufficio territoriale del Governo, lo Sportello Unico per l’Immigrazione, che è responsabile dell’intero procedimento relativo all’assunzione dei lavoratori extracomunitari residenti all’estero e dell’instaurazione del rapporto di lavoro nell’ambito del decreto flussi. Questa previsione consente di ridimensionare, concentrando la procedura in un unico ufficio, l’eccessivo frazionamento di competenze tra i vari enti coinvolti nel procedimento in questione: questure, prefetture e direzioni provinciali del lavoro.

La l. del 30 luglio 2002, 189 ha profondamente inciso sulla procedura di ingresso per motivi di lavoro, sul presupposto - tanto politicamente orientato, quanto concretamente inattuabile - che nessuno straniero debba entrare in Italia se prima non ha un lavoro, nella prospettiva di realizzare l'incontro a distanza tra domanda e offerta di lavoro, come vedremo nel prosieguo.

Coerente con tale impostazione di fondo è l’abrogazione del d.lgs. 286 del 1998, cit. art. 23 (nella versione originaria del 1998), che consentiva l’ingresso sul territorio per “inserimento nel mercato del lavoro”, previa verifica della garanzia fornita in favore dello straniero da parte di un garante legalmente residente in Italia (il c.d. sponsor).

Questa previsione consentiva l’ingresso di stranieri per ricerca lavoro per la durata massima di sei mesi, decorsi i quali, in assenza dell’instaurazione di un rapporto di lavoro lo straniero doveva rientrare nel Paese di origine o provenienza, viceversa il permesso di soggiorno si convertiva in permesso per lavoro.In tal modo si poteva verificare in Italia l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro. A questo proposito va sottolineato che i comparti che attraggono manodopera straniera in Italia sono principalmente quello delle imprese artigiane, della piccola impresa, del lavoro domestico e di cura e assistenza delle persone anziane e dei minori. Costituisce un dato di comune esperienza che in questi settori,  a differenza di quanto accade per i lavoratori ad altissima qualificazione, difficilmente un datore di lavoro assume una persona che non conosce direttamente, stante il rapporto fiduciario tipico di questi lavori.

Attualmente il sistema di ingressi per lavoro prevede due forme di assunzione: la richiesta nominativa di un lavoratore residente all’estero e la richiesta numerica di uno o più lavoratori stranieri che siano preventivamente iscritti nelle liste degli “stranieri che aspirano a lavorare in Italia” presso l’autorità consolare italiana nel Paese di origine. Tali liste sono create in forza di intese bilaterali con i paesi di origine degli stranieri e sono compilate sulla base del mero ordine di precedenza delle domande, con indicazione per ciascun lavoratore della qualifica, delle capacità professionali nonché del grado di conoscenza della lingua italiana. Da queste liste, congruamente trasmesse al Ministero del lavoro e inserite nel sistema informativo delle Direzioni Provinciali del Lavoro, il datore di lavoro in Italia potrà attingere sia con chiamata numerica (indicando solo il numero di lavoratori richiesti, i quali saranno avviati secondo l’ordine di iscrizione alla lista) sia per chiamata nominativa (in tal caso, però, la richiesta di assunzione prescinde dal previo inserimento del lavoratore nelle liste, nel senso che il datore di lavoro può chiamare qualsiasi straniero residente all’estero, non necessariamente inserito nelle liste).

In entrambi i casi presupposto fondamentale dell’assunzione del lavoratore extracomunitario è la mancata conoscenza diretta tra questo ed il datore di lavoro, il quale - in teoria- non ha alcuna informazione, se non quelle fornite dall’elenco depositato presso l’ambasciata (per la chiamata numerica) e quelle che possa essersi procurato per conto proprio (per la chiamata nominativa).

Tale sistema risulta di difficile funzionamento. L'idea che un datore di lavoro sia interessato all’assunzione di un lavoratore che non ha mai visto e di cui ha una conoscenza meramente cartolare, peraltro estremamente limitata, e, per di più, ne chieda l’assunzione con ampio anticipo (mesi ovvero anni) rispetto alle concrete esigenze del mercato produttivo risulta poco realistico.

Non stupisce che nella pratica le domande fossero formulate quasi integralmente, con richiesta nominativa, indicando il nome di un lavoratore che nella maggior parte dei casi il datore di lavoro già conosceva per averlo avuto alle proprie dipendenze, spesso come lavoratore irregolare. In tale situazione, il lavoratore doveva tornare nel proprio paese di origine al fine di ritirare il visto d’ingresso per poi rientrare regolarmente sul territorio nazionale.

Prima di inoltrare la domanda di assunzione il datore di lavoro, secondo quanto previsto dalla nuova formulazione del d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 22 co. 2, dovrà tuttavia verificare, presso il centro per l’impiego competente, l’indisponibilità di un lavoratore già presente sul territorio nazionale ad occupare tale posto di lavoro. Fatta tale verifica il datore di lavoro può presentare, tramite procedura telematica, la domanda di assunzione, contenente: a) i dati identificativi del datore di lavoro, compresi quelli relativi alla posizione fiscale e previdenziale; b) i dati identificativi del lavoratore (in caso di richiesta nominativa); c) il trattamento retributivo e assicurativo previsto per il lavoratore (che non può mai essere inferiore a quello previsto dal C.c.n.l. di categoria per quel determinato livello e mansione); d) l’indicazione dell’alloggio previsto per il lavoratore; e) l’impegno a sostenere le spese di viaggio in caso di rimpatrio; f) l’impegno a comunicare tempestivamente ogni variazione del rapporto di lavoro.

Alla domanda di assunzione devono poi allegarsi: a) autocertificazione dell’iscrizione dell’impresa alla Camera di commercio, industria ed artigianato, per le attività per le quali tale iscrizione è richiesta; b) autocertificazione della posizione previdenziale e fiscale atta a comprovare, secondo la tipologia di azienda, la capacità occupazionale e reddituale del datore di lavoro; c) la proposta di stipula di un contratto di soggiorno a tempo indeterminato, determinato o stagionale, con orario a tempo pieno o a tempo parziale e non inferiore a 20 ore settimanali e, nel caso di lavoro domestico, una retribuzione mensile non inferiore al minimo previsto per l’assegno sociale.

Entro il termine di sessanta, lo Sportello Unico Immigrazione, dopo aver sentito il questore e verificato l’applicazione dei contratti collettivi, dovrà provvedere al rilascio del nulla osta, il quale ha una validità non superiore a sei mesi. Al datore di lavoro, infine, viene riconosciuta la facoltà di chiedere allo Sportello Unico Immigrazione la trasmissione telematica della documentazione agli uffici consolari per il rilascio del visto di ingresso.

Il d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 22 co. 5 prevede che il nulla osta sia rifiutato se il datore di lavoro è stato condannato (anche con sentenza non definitiva o a seguito del cd. patteggiamento) per i reati di favoreggiamento dell’immigrazione o emigrazione clandestina, di reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite, di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro o per il reato di occupazione alle proprie dipendenze di lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno.

Una volta rilasciato il nulla osta, il lavoratore nel paese di origine può recarsi all’ufficio consolare del suo paese (a cui nel frattempo lo Sportello Unico per l’Immigrazione ha trasmesso il nulla osta) per inoltrare al richiesta di visto.


La fase successiva della procedura di ingresso è rappresentata dal rilascio del visto di ingresso con indicazione del codice fiscale da parte degli uffici consolari del Paese di origine o di residenza dello straniero.
Quest’ultimo, come già precisato, è tenuto a soggiornare nel paese di origine sino alla definizione della procedura di ingresso, dovendosi, per contro, ritenere inammissibile la domanda avanzata nei confronti di un soggetto già presente sul territorio nazionale.

Entro otto giorni dal suo ingresso, pertanto, il lavoratore straniero è tenuto a presentarsi per la firma del contratto di soggiorno al competente Sportello Unico Immigrazione, che provvederà alla trasmissione dello stesso all’autorità consolare e al centro per l’impiego. L’effettiva insaturazione del rapporto di lavoro decorrerà dal giorno della sottoscrizione del contratto da parte del lavoratore.

La procedura esposta attiene all’assunzione del lavoratore extracomunitario in occasione del primo ingresso.

In un più ambito lavoro del Governo di semplificazione della pubblica amministrazione il d.l. del 21 giugno 2022 n. 73, come convertito in l. del 04 agosto 2022 n. 122, si è assistito ad un primo mitigamento del rigido meccanismo di assunzione del cittadino straniero. Sebbene limitato ai flussi di ingresso emanati per il 2021 - una piccolo quota specifica per lavoratori edili - si è ammessa per la prima volta l'assunzione anche di stranieri già presenti in Italia al maggio 2022, ancorchè in condizione irregolare. Inoltre, si prevede l'emissione del nulla osta all'ingresso nel termine di soli 30 giorni dalla richiesta e del visto di ingresso in 20 giorni.  

Diverse sono invece le modalità di assunzione dello straniero già regolarmente soggiornante. L’art. 17 del D.L. del 9 febbraio 2012 n. 5 (cd. Decreto semplificazioni, convertito con L. 4 aprile 2012 n. 35) riduce il “contratto di soggiorno” ad una mera comunicazione da effettuare al Centro per l’impiego (e non più allo Sportello Unico Immigrazione o alla Questura). Resta tuttavia fermo l’onere in carico al datore di lavoro di garantire l’alloggio e le spese di rimpatrio (come previsto dal D.P.R. 394 del 1999, cit. art. 36). Non si nascondono le perplessità che tale ultima previsione suscita poiché come è noto, una volta acquisito il titolo di soggiorno, il lavoratore beneficia del diritto alla parità di trattamento con il lavoratore italiano (come peraltro ribadito dal d.lgs. 286 del 1998, cit. art. 2 co. 3), e di conseguenza deve poter stipulare i contratti senza essere gravato da formalità e requisiti aggiuntivi. Tali perplessità hanno trovato in parte soluzione come si vedrà nel prossimo paragrafo.

3. IV.3. Il permesso unico europeo: l’applicazione della direttiva 2011/98/UE

Il 25.12.2013 è scaduto il termine di recepimento della Direttiva 2011/98/UE del Parlamento e del Consiglio relativa “a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro”.

L’Italia ha recepito tale Direttiva con il d.lgs. del 04 marzo 2014, n. 40, in maniera solo parziale, apportando modifiche alla disciplina nazionale prevalentemente di carattere procedurale, tralasciando ogni intervento circa ”l’insieme comune dei diritti dei lavoratori”.

Il d.lgs. 40 del 2014, cit. art. 1 introduce modifiche al d.lg.s 286 del 1998, cit., artt. 4 bis, 5 e 22 e all’art. 2 l’abrogazione di alcune norme del D.P.R. n. 394 del 1999.

In sintesi, si prevede  l’allungamento da venti a sessanta giorni del termine massimo per il rilascio di tutti i permessi di soggiorno, mentre è elevato da quaranta a sessanta giorni il termine per il rilascio del nulla osta al lavoro da parte dello Sportello unico, norma indubbiamente peggiorativa, che consegue alla previsione dell’art. 5 della Direttiva 2011/98/UE che fissa un termine massimo di quattro mesi per la conclusione del procedimento. La normativa nazionale non prevede il formarsi del silenzio-assenso in caso di violazione del predetto termine, sicché si consolida solo il silenzio-inadempimento. È previsto  l’inserimento della dizione “permesso unico lavoro” su alcuni permessi di soggiorno che consentono l’attività  lavorativa, con l’esclusione dei permessi di soggiorno UE per lungo soggiornanti, di quelli per motivi umanitari, per status di rifugiato e di protezione sussidiaria, per studio, per lavoro stagionale, per lavoro autonomo  e per talune categorie particolari per le quali è previsto l’ingresso al di fuori del meccanismo dei flussi programmati. 

Il d.lgs. n. 40 del 2014, cit., prevede inoltre l’obbligo di assicurare ai lavoratori stranieri l’informazione sui contenuti e prerogative del permesso unico all’atto della stipula dell’accordo di integrazione, anche se non vengono precisate forme e modalità di tale obbligo informativo.

Il d.lgs. 40 del 2014, cit., art. 2 prevede l’abrogazione delle norme del regolamento di attuazione del T.U. che esigono la stipula del contratto di soggiorno al momento del  rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro. Non viene abrogata, invece, la norma che prevede il contratto di soggiorno in sede di primo rilascio del permesso, d.lgs. 286 del 1998, cit. art. 5-bis, come invece previsto dall’art. 4 commi 1 e 2 della direttiva.

In sintesi, è confermato l’obbligo di stipula del contratto di soggiorno al momento della richiesta di primo rilascio del permesso di soggiorno, il quale continuerà ad essere rilasciato con atto separato e successivo.

Le uniche innovazioni in materia derivano quindi dalla abrogazione del D.P.R. 394 del 1999, cit., art. 13 co. 2 bis e 36 bis: viene così meno la norma regolamentare che condizionava il rilascio di un nuovo permesso per lavoro alla preesistenza del contratto di soggiorno e soprattutto la norma che imponeva la stipula del contratto di soggiorno per l’assunzione di uno straniero già regolarmente soggiornante. È quindi oggi pacifico che il lavoratore straniero regolarmente soggiornante può essere assunto secondo le regole proprie del lavoratore italiano, senza necessità di un nuovo “contratto di soggiorno”, previsto solo caso in caso di primo ingresso.

4. IV.4. La disciplina del lavoro stagionale

La disciplina per l’assunzione dei lavoratori subordinati stagionali prevede il medesimo complesso meccanismo limitativo dei “flussi” (il decreto ministeriale stabilisce annualmente il numero massimo di ingressi per lavoro stagionale), tuttavia la procedura è caratterizzata da una maggiore semplificazione. Dalle previsioni dedicate al rapporto di lavoro stagionale di cui al d.lgs. 286 del 1998, cit. art. 24 e 25, emerge, infatti, con evidente chiarezza, l’intento promozionale perseguito dal legislatore nella consapevolezza dell’importanza assunta da tale rapporto nel complesso fenomeno dei flussi migratori.

Le più significative particolarità di tale specifica procedura appaiono: l’individuazione dei soggetti richiedenti (non solo i datori di lavoro, ma anche “le associazioni di categoria per conto dei loro associati”), la maggiore celerità della procedura per il rilascio del nulla osta e la validità del nulla osta che è limitata nel tempo.

 A sensi del d.lgs. 286 del 1998, cit. art. 24, co. 2 , lo Sportello Unico Immigrazione, a richiesta dei datori di lavoro, rilascia l’autorizzazione nel termine di 20 giorni. Il nulla osta al lavoro rilasciato ha validità variabile tra i venti giorni e nove mesi, a seconda della durata del contratto di lavoro stagionale. Qualora lo Sportello Unico Immigrazione non comunichi al datore di lavoro il proprio diniego della richiesta - o la sospensione dei termini per necessità istruttorie - questa si ritiene accolta solo se

a) la richiesta riguarda uno straniero già autorizzato l’anno precedente a prestare lavoro stagionale presso lo stesso datore di lavoro richiedente;

b) il lavoratore stagionale nell’anno precedente sia stato regolarmente assunto dal datore di lavoro e abbia rispettato le condizioni indicate nel permesso di soggiorno (in particolare, che non si sia trattenuto sul territorio nazionale oltre la scadenza del titolo di soggiorno).

E' altresì previsto l rilascio dell’autorizzazione al lavoro stagionale, fermo il limite complessivo di nove mesi di validità del nulla osta, anche a più datori di lavoro che impieghino lo stesso lavoratore straniero per periodi di lavoro successivi, così consentendo a quest’ultimo di permanere sul territorio nazionale per l’intera durata del nulla osta instaurando successivi rapporti di lavoro stagionali.

La norma in esame cerca anche di favorire il lavoratore stagionale che abbia già prestato la propria attività in Italia per lo stesso datore di lavoro ad inserirsi in maniera stabile nel mercato del lavoro italiano: stabilisce, infatti, un diritto di precedenza in favore di quest’ultimo per il rientro in Italia nell’anno successivo (d.lgs. 286 del 1198, cit. art. 24). In tal caso, ai sensi del d.lgs. 286 del 1998 art. 5, co. 3 ter , allo straniero che dimostri di essere venuto in Italia almeno due anni di seguito per prestare lavoro stagionale, può essere rilasciato un permesso pluriennale, per una durata massima di tre anni, e per la durata temporale annuale di cui ha usufruito nell’ultimo dei due anni precedenti con un solo provvedimento. È comunque onere del lavoratore presentare, ogni anno, la richiesta di visto alle autorità consolari del proprio paese di origine, allegando il permesso triennale.

Il lavoratore stagionale può, infine, convertire il permesso di soggiorno per lavoro stagionale in permesso di soggiorno per lavoro subordinato, qualora gli venga offerta un’assunzione a tempo determinato o indeterminato, nei limiti delle quote di ingresso ( d.lgs. 286 del 1998, cit. artt. 24, c. 4 e D.P.R. 394 del 1999, cit. art. 38, c. 7).

5. IV.5. L'ingresso e soggiorno per lavoro autonomo

L’ingresso sul territorio nazionale per motivi di lavoro autonomo è regolato dal d.lgs. 286 del 1998,  cit. art. 26 e dalla relativa norma regolamentare, D.P.R. 394 del 1999, cit., art. 39.

Tali disposizioni consentono l’ingresso nel territorio italiano, nell’ambito delle quote previste dai decreti flussi, dei cittadini stranieri che intendano svolgere un’attività non occasionale di lavoro autonomo, intendendosi come tale ogni attività industriale, professionale, commerciale o artigianale o la costituzione di società di persone o capitali, nonché l’accesso a cariche societarie.

La disciplina dedicata ai lavoratori autonomi prevede condizioni estremamente restrittive che generalmente scoraggiano la mobilità finalizzata all’esercizio di professioni. Il d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 26, co. 1 sancisce in primo luogo un limite generale, precludendo l’autorizzazione all’ingresso per motivi di lavoro autonomo qualora l’attività che si intende svolgere sia riservata dalla legge ai soli cittadini italiani .

Il lavoratore autonomo che intende fare ingresso in Italia deve poi dimostrare di rispettare tutte le condizioni previste dalla norma citata, ovvero:

  • disporre di una idonea sistemazione alloggiativa e di un reddito annuo proveniente da fonti lecite, di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge per l’esenzione dalla spesa sanitaria;
  • essere in possesso dei requisiti previsti dalla legge italiana per l’esercizio delle singole attività, compresi, ove richiesti, i requisiti per l’iscrizione in albi e registri.

In particolare, deve essere in possesso di una attestazione dell’autorità competente, in data non anteriore a tre mesi dall’ingresso, che dichiari che non sussistano motivi ostativi al rilascio dell’autorizzazione o della licenza prevista per l’esercizio dell’attività che intende svolgere (ad esempio, qualora lo svolgimento dell’attività che il cittadino straniero intende esercitare sia subordinato all’iscrizione ad un ordine professionale, l’attestazione dovrà essere rilasciata dall’ordine stesso ), oltre a dimostrare di disporre di risorse adeguate per l’esercizio dell’attività che intende intraprendere in Italia. Tale ultimo requisito, non è tuttavia richiesto a coloro che intendono esercitare l’attività di ambulante e per ricoprire la carica di socio o amministratore di una società cooperativa già avviata. Secondo la giurisprudenza, inoltre, con riferimento alle società non ancora attive, deve ritenersi sufficiente una dichiarazione rilasciata dalla società stessa al fine di assicurare al socio prestatore d’opera, o al soggetto che deve rivestire cariche sociali, un compenso di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge . L’adeguatezza delle risorse economiche del cittadino straniero viene  verificata dalla Camera di commercio territorialmente competente.

Tutta la documentazione atta a dimostrare il possesso dei requisiti così elencati deve essere consegnata dal cittadino straniero, anche tramite procuratore, alla Questura territorialmente competente per il rilascio del nulla osta temporaneo all’ingresso. Il cittadino straniero non potrà tuttavia chiedere il visto per lavoro autonomo prima di aver ottenuto il rilascio di un nulla osta all’ingresso da parte di tre ministeri: quello degli affari esteri, del Ministero dell’Interno e quello competente per l’attività che intende svolgere in Italia.

Verificata la sussistenza di tutte le condizioni previste ed ottenuti i tre nulla osta ministeriali, al cittadino straniero viene infine rilasciato dalla rappresentanza consolare italiana nel paese di origine il visto di ingresso per lavoro autonomo. La stessa rappresentanza consolare rilascia inoltre al lavoratore anche la certificazione relativa alla sussistenza dei requisiti sopra ricordati e comunica l’avvenuto rilascio del visto ad Inps ed Inail. Sarà poi la Questura territorialmente competente a rilasciare il permesso di soggiorno.

Il d.lgs. 386 del 1998, cit. art. 26, co. 7 prevede infine che il visto debba essere negato o rilasciato entro 120 giorni dalla domanda e debba essere utilizzato entro i 180 giorni dalla data di rilascio.

Fatto ingresso sul territorio ed ottenuto il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo, lo straniero può esercitare una professione o un’attività, anche di natura subordinata, diversa dalla quella per lo svolgimento della quale ha ottenuto il rilascio del permesso di soggiorno e questo senza dover convertire detto titolo. Analogamente, se in possesso delle autorizzazioni idonee, può svolgere attività di lavoro autonomo anche lo straniero titolare di un permesso di soggiorno per lavoro subordinato o per motivi familiari, senza dover convertire il titolo di soggiorno prima della sua scadenza. Solo alla scadenza, in entrambi i casi, l’interessato dovrà richiedere il rilascio di un permesso di soggiorno corrispondente all’attività effettivamente svolta, ai sensi del D.P.R. 394 del 1999, cit., art.14.

Così come previsto per il permesso per lavoro subordinato, infine, lo straniero già titolare di permesso di soggiorno per motivi di studio o di formazione professionale, può richiedere la conversione del proprio titolo di soggiorno in uno per lavoro autonomo.

A tale fine lo Sportello Unico Immigrazione, previa verifica della disponibilità di quote d’ingresso per lavoro autonomo, rilascia all’interessato, che deve aver dimostrato sussistenza delle condizioni che si sono descritte per l’ottenimento del visto per lavoro autonomo, la certificazione attestante la sussistenza dei requisiti previsti dal d.lgs. 286 del 1998, cit. art. 26 (così il d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 6, co. 1). Lo Sportello unico provvede poi a far sottoscrivere all’interessato il modulo per la richiesta del permesso di soggiorno per lavoro autonomo (D.P.R. 394 del 1999, art. 39, co. 9).

La l. 189 del 2002, cit.  ha apportato un’unica significativa modifica al d.lgs. 286 del 1998, art. 26, co. 7-bis, ove prevede la revoca del permesso di soggiorno e l’espulsione con accompagnamento immediato alla frontiera in caso di condanna in via definitiva per uno dei reati previsti dalla l. 22 aprile 1941, n. 633, relativi al diritto d’autore, o per i reati di contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell’ingegno o di prodotti industriali, o introduzione e commercio di prodotti con segni falsi (artt. 473 e 474 c.p.).

6. IV.6. L'ingresso per lavoro in casi particolari

Il d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 27 e il D.P.R. 394 del 1999, cit., art. 40 disciplinano particolari tipi di rapporto di lavoro subordinato (e in taluni casi autonomo) ai quali non si applicano le limitazioni delle quote d’ingresso previste dal d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 3, co. 4. Si tratta di lavori per i quali il legislatore, in considerazione della particolare qualifica richiesta o della temporaneità dell’incarico o per altri motivi particolari, ha ritenuto superflua la predisposizione delle quote massime e non necessaria anche l’applicazione della procedura prevista al d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 22 co. 4

La disposizione citata prevede dunque un lungo elenco di casi per i quali l’ingresso avviene fuori dalle quote, a condizioni e secondo procedure differenziate e, in generale, caratterizzate da una maggiore flessibilità e celerità:

a) dirigenti o personale altamente specializzato di società aventi sede o filiali in Italia ovvero di uffici di rappresentanza di società estere che abbiano la sede principale di attività nel territorio di uno Stato membro dell’Organizzazione mondiale del commercio, ovvero dirigenti di sedi principali in Italia di società italiane o di società di altro Stato membro dell’Unione europea (cfr., per la speciale regolamentazione di tale caso, la disciplina contenuta nel D.P.R. 394 del 1999, cit., art. 40, co. 5, a norma del quale il trasferimento temporaneo non può superare la durata complessiva di cinque anni ed al termine del trasferimento è possibile l’assunzione del lavoratore straniero presso l’azienda ove è stato distaccato); 

b) lettori universitari di scambio o di madre lingua. L’assunzione è consentita anche a tempo indeterminato (D.P.R. 394 del 1999, cit., art. 40, co. 6);

c) professori universitari destinati a svolgere in Italia un incarico accademico (D.P.R. 394 del 1999, cit., art. 40, co. 6);

d) traduttori e interpreti (D.P.R. 394 del 1999, cit., art. 40, co. 7);

e) collaboratori familiari aventi regolarmente in corso all’estero, da almeno un anno, rapporti di lavoro domestico a tempo pieno con cittadini italiani o di uno degli Stati membri dell’Unione europea residenti all’estero che si trasferiscono in Italia per la prosecuzione del rapporto di lavoro domestico (il rilascio del nulla osta è subordinato, ai sensi del D.P.R. 394 del 1999, cit., art. 40, co. 8, all’acquisizione di un contratto di lavoro autenticato dalla rappresentanza diplomatica o consolare competente);

f) persone che, autorizzate a soggiornare per motivi di formazione professionale, svolgano periodi temporanei di addestramento presso datori di lavoro italiani effettuando anche prestazioni che rientrano nell’ambito del lavoro subordinato (per il caso di ingresso per tirocinio non è necessario il nulla osta; D.P.R. 394 del 1999, cit., art. 40, co. 9);

g) lavoratori alle dipendenze di organizzazioni o imprese operanti nel territorio italiano, che siano stati ammessi temporaneamente a domanda del datore di lavoro, per adempiere funzioni o compiti specifici, per un periodo limitato o determinato, tenuti a lasciare l’Italia quando tali compiti o funzioni siano terminati;

h) lavoratori marittimi occupati nella misura e con le modalità stabilite nel regolamento di attuazione (il visto così rilasciato, secondo quanto disposto dal D.P.R. 394 del 1999, cit., art. 40, co. 12, Regolamento, consente di permanere sulla nave nelle acque territoriali e sostare nei porti nazionali, ferme le disposizioni “ordinarie” in materia di visti e permessi di soggiorno in caso di sbarco);

i) lavoratori dipendenti regolarmente retribuiti da datori di lavoro, persone fisiche o giuridiche, residenti o aventi sede all’estero e da questi direttamente retribuiti, i quali siano temporaneamente trasferiti dall’estero presso persone fisiche o giuridiche, italiane o straniere, residenti in Italia, al fine di effettuare nel territorio italiano determinate prestazioni oggetto di contratto di appalto stipulato tra le predette persone fisiche o giuridiche residenti o aventi sede in Italia e quelle residenti o aventi sede all’estero;

l) lavoratori occupati presso circhi o spettacoli viaggianti all’estero (il visto, così come per i tre casi che seguono, non può avere durata superiore a dodici mesi, salvo proroga che può tuttavia essere richiesta, ricorrendo determinate condizioni, solamente nel caso di cui alla lettera n) (D.P.R. 394 del 1999, cit., art. 40, co. 12);

m) personale artistico e tecnico per spettacoli lirici, teatrali, concertistici o di balletto (D.P.R. 394 del 1999, cit., art. 40, co. 14);

n) ballerini, artisti e musicisti da impiegare presso locali di intrattenimento (D.P.R. 394 del 1999, cit., art. 40, co. 14);

o) artisti da impiegare da enti musicali teatrali o cinematografici o da imprese radiofoniche o televisive, pubbliche o private, o da enti pubblici, nell’ambito di manifestazioni culturali o folcloristiche (D.P.R. 394 del 1999, cit., art. 40, co. 14);

p) stranieri che siano destinati a svolgere qualsiasi tipo di attività sportiva professionistica presso società sportive italiane ai sensi della l. 23 marzo 1981, n. 91 (D.P.R. 394 del 1999, cit., art. 40, co. 16 e circolare Coni 19 giugno 2006); il d.lgs. 286 del 1998, art. 27, co. 5 bis prevede tuttavia che il Ministero per i beni e le attività culturali, su proposta del Coni, debba determinare annualmente, con proprio decreto, il numero massimo di sportivi stranieri che possano fare ingresso ogni anno per svolgere attività sportiva retribuita, da ripartire secondo le indicazioni del Coni per ogni singola federazione sportiva;

q) giornalisti corrispondenti ufficialmente accreditati in Italia, dipendenti di organi di stampa quotidiani o periodici o di emittenti radiofoniche o televisive straniere (non è richiesto il nulla osta; D.P.R. 394 del 1999, cit., art. 40, co. 19);

r) persone che, secondo le norme di accordi internazionali in vigore per l’Italia, svolgono in Italia attività di ricerca o un lavoro occasionale nell’ambito di programmi di scambi di giovani o di mobilità di giovani o sono persone collocate “alla pari” (D.P.R. 394 del 1999, cit., art. 40, co. 20) ;

r-bis) infermieri professionali assunti presso strutture sanitarie pubbliche e private. Tale categoria di lavoratori ha dato luogo alla casistica più consistente e di maggior interesse. Il D.P.R. 394 del 1999, cit., art. 40, co. 21 specifica che gli infermieri che con tale tipologia di visto fanno ingresso sul territorio dello Stato possono essere assunti, anche a tempo indeterminato, da strutture sanitarie sia pubbliche sia private, con ciò sancendo la libertà di accesso dei lavoratori extra- UE al pubblico impiego, quantomeno per tale particolare categoria professionale. Sul punto il Ministero del lavoro, con nota del 7 settembre 2006, n. 3253, ha precisato come il riferimento alle strutture pubbliche sarebbe limitato ai rapporti a tempo determinato.

Si segnala invece quello che appare l’aspetto di maggiore criticità della norma in questione: il lavoratore entrato sul territorio nazionale “fuori quote”, ai sensi del d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 27, è a tutti gli effetti un cittadino straniero “regolarmente soggiornante” ma, in ragione della peculiare procedura grazie alla quale ha ottenuto il visto di ingresso, non può muoversi liberamente nel mercato del lavoro interno, al pari degli italiani, come gli sarebbe invece garantito dalla Convenzione Oil n. 143 del 24 luglio 1975, rimanendo comunque vincolato nello svolgimento della propria attività lavorativa alla qualifica che aveva dato luogo al suo ingresso sul territorio.