Unità didattica V – Il diritto all'unità familiare ed il ricongiungimento familiare

Sito: Insegnamenti On-Line
Corso: Diritto dell'immigrazione - 6/9 CFU - TORINO - 22/23
Libro: Unità didattica V – Il diritto all'unità familiare ed il ricongiungimento familiare
Stampato da: Utente ospite
Data: lunedì, 6 gennaio 2025, 00:18

Descrizione

Il diritto all'unità familiare


V.1. Il diritto all'unità familiare: principi e definizioni

Il diritto all'unità familiare, inteso quale diritto a mantenere, a creare o a ricostituire il proprio nucleo familiare, è un diritto fondamentale dell'uomo previsto e tutelato dalla nostra Costituzione così come da numerosi altri testi convenzionali internazionali ed europei.

La Costituzione italiana prevede una tutela specifica per la famiglia artt. 29 e 30 Cost. e per la maternità e l'infanzia art. 31 Cost. che trova applicazione anche nei confronti dei cittadini stranieri, indipendentemente dalla loro posizione sul territorio nazionale.

La giurisprudenza della Corte Costituzionale, infatti, ha affermato che il diritto all'unità familiare è un diritto fondamentale e, come tale, spettante a tutte le persone, indipendentemente dal possesso dello status civitatisCorte Cost., 12 luglio 2000, n. 376; Corte Cost., 12 gennaio 1995, n. 28; Corte Cost., 17 giugno 1997, n. 203 - ma  assurge a diritto inviolabile solo con riferimento alla famiglia nucleare, rappresentata dal coniuge e dai figli minori (Corte Cost., 06 giugno 2005, n. 224).

Una tutela rafforzata del diritto alla vita privata ed all'unità familiare è prevista dall'art. 8 CEDU, così come applicato e interpretato dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo che impone che ogni ingerenza nel godimento di tale diritto da parte delle delle autorità statali debba essere prevista per legge e necessaria al fine di protegge la sicurezza nazionale o l'ordine pubblico ed il sacrificio del singolo dovrà essere sempre proporzionato rispetto al raggiungimento dell'obiettivo prefissato.

Nella materia di interesse, la Direttiva europea 2003/86/CE relativa al ricongiungimento familiare, recepita con il d.lgs. n. 5 dell'08 gennaio 2007, ha apportato significative modifiche alla normativa in tema di unità familiare dei cittadini stranieri che, in precedenza, si presentava particolarmente rigida e restrittiva. La Direttiva in esame ha avuto il pregio di trasporre nella normativa dei singoli stati membri i principi propri della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo in tema di unità familiare ai sensi dell'art. 8 CEDU, innalzando il livello di tutela disposto dalla legislazione in materia.

A seconda della posizione dei soggetti coinvolti muta il quadro normativo di riferimento.

Il Titolo IV del d.lgs. n. 286 del 1998, cit. si applica al ricongiungimento familiare tra cittadini stranieri ed è stato oggetto di completa revisione con l'entrata in vigore del d.lgs. n. 5 del 2007, cit..

Ulteriori disposizioni in materia sono rinvenibili nel d.lgs n. 251 del 19 novembre 2007 recante disposizioni specifiche per i rifugiati e per i protetti in via sussidiaria.

La coesione tra il cittadino extraeuropeo familiare di cittadino europeo è disciplinata, come vedremo nell'UD XIII, dal d.lgs. n. 30 del 6 febbraio 2007, che trova applicazione, ove preveda una normativa più favorevole, anche nei confronti dei familiari extraeuropei di cittadini italiani.

Residua, infine, una disciplina speciale in favore di alcune categorie di familiari di cittadini italiani prevista dal d.lgs. 286 del 1998, cit.

A fronte di tale differente ripartizione della disciplina nel panorama normativo italiano a seconda dello status dei soggetti coinvolti, appare opportuno premettere, altresì, alcune precisazioni terminologiche.

Il concetto di ricongiungimento familiare fa riferimento all'istituto che permette allo straniero, regolarmente soggiornante sul territorio nazionale, di ottenere l'ingresso e la conseguente autorizzazione al soggiorno dei propri familiari residenti all'estero, secondo i limiti e le modalità previste dalla legge, mentre per coesione familiare si intende l'espressione del diritto all'unità familiare del cittadino europeo o italiano di ottenere l'ingresso ed il soggiorno di uno dei suoi familiari extraeuropei o apolidi.

Nei paragrafi successivi si tratterà del ricongiungimento familiare tra cittadini di Paesi terzi, analizzando l'istituto nella sua applicazione “classica” ove il cittadino straniero titolare del diritto al ricongiungimento familiare risiede già in Italia ed aziona la procedura per permettere l'ingresso ed il soggiorno di uno dei suoi familiari che risiede all'estero. Nella successiva unità didattica si vedrà come, a fonte della sussistenza di determinati requisiti, la medesima procedura può trovare applicazione direttamente sul territorio nazionale (ricongiungimento – e coesione - familiare sur place) ovvero contestualmente all'ingresso in Italia del soggetto straniero che esercita tale diritto (ingresso al seguito).

Da ultimo cominciamo ad accennare in questa sede come il diritto alla vita privata e familiare abbia trovato tutela nel nostro ordinamento nel d.lgs. 286 del 1998, art. 19, co. 1.1, cit., a seguito delle modifiche introdotte con il d.l. 21 ottobre 2020, n. 130, come convertito in l. 18 dicembre 2020, n. 173. L'argomento verrà approfondito nell'UD VIII, per ora pare necessario, per completezza di esposizione, evidenziare come la norma citata preveda il divieto di espulsione dello straniero nel caso in cui l'allontanamento comporti una lesione del suo diritto alla vita priva e familiare. A tal fine si tiene conto della durata del soggiorno in Italia dell'interessato, della natura e dell'effettività dei suoi vincoli familiari presenti sul territorio nazionale e del livello di integrazione raggiunto, nonchè dei legami sociali, culturali e familiari con il Paese di origine. Limite a tale condizione di inespellibilità la tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico, della sicurezza nazionale e della salute pubblica. 


V.2 Il ricongiungimento tra cittadini stranieri: soggetti legittimati e requisiti necessari

I titolari del diritto al ricongiungimento familiare sono i cittadini stranieri regolarmente presenti in Italia, in possesso di un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo ovvero di permesso di soggiorno di una durata non inferiore ad un anno, d.lgs. n. 286 del 1998, art. 29, cit. Rientrano nell'ambito di applicazione della norma gli stranieri in possesso di un titolo di soggiorno per ragioni di lavoro subordinato ed autonomo, di studio, per motivi familiari, per protezione internazionale, per asilo o per motivi religiosi.

L'elencazione non è da considerarsi tassativa: in specifiche situazioni, infatti, sia la normativa sia la giurisprudenza hanno ammesso che la procedura di ricongiungimento familiare possa essere azionata anche da cittadini stranieri titolari di permessi di soggiorno di durata inferiore all'anno, purché in possesso dei requisiti di cui al d.lgs. n. 286 del 1998, art. 29 cit., di cui si dirà in seguito.

In merito si evidenzia che il d.lgs. n. 286 del 1998, art. 27 ter, co. 8, cit., prevede che il titolare di un permesso di soggiorno per ricerca scientifica possa richiedere il ricongiungimento con un suo familiare residente all'estero – ovvero l'autorizzazione di ingresso al seguito – indipendentemente dalla durata del soggiorno del ricercatore.

Allo stesso modo, il d.lgls n. 286 del 1998, art. 27 quater, co. 16, cit., prevede il ricongiungimento familiare anche in favore del titolare di Carta Blu UE per lavoratori altamente specializzati.

La Corte di Cassazione ha ammesso la possibilità di esercitare il diritto al ricongiungimento familiare per il cittadino straniero titolare di un permesso di soggiorno per attesa cittadinanza, rilevando che la durata del titolo di soggiorno in esame è legata alla durata della procedura di riconoscimento della cittadinanza italiana, che ben può prolungarsi oltre un anno. Inoltre, la Suprema Corte ha sottolineato che la titolarità di tale permesso di soggiorno poneva il cittadino straniero che ne era titolare in una condizione di parità rispetto agli altri cittadini stranieri regolarmente soggiornanti, permettendo, ad esempio, lo svolgimento di attività lavorativa: non trova, quindi, giustificazione la previsione di un trattamento differente in tema di esercizio del diritto all'unità familiare. (Cass. Civ., Sez. I, 29 gennaio 2008, n. 8582; Cass. Civ., Sez. I, 29 maggio 2009, n. 12689).

Ai sensi del d.lgs n. 286 del 1998, art. 29 co. 10, cit., sono esclusi dalla possibilità di ricorrere all'istituto in esame i richiedenti asilo e coloro i quali godono di una protezione temporanea, tra cui i titolari di un permesso di soggiorno per motivi di calamità di cui al d.lgs. n. 286 del 1998, cit., art. 20 bis.


Definiti quali siano i soggetti legittimati ad azionare il procedimento in esame (cd. familiare chiamante o ricongiungente), occorre precisare quali siano i beneficiari dell'esercizio del diritto al ricongiungimento familiare (cd. familiari chiamati o ricongiunti).

Certamente il ricongiungimento familiare può essere azionato nei confronti del coniuge, purché non legalmente separato e maggiorenne, e con i figli minori di 18 anni non coniugati (d.lgs. n. 286 del 1998, art. 29, cit.).

Con l'entrata in vigore della l. n. 76 del 20 maggio 2016 alla posizione spettante al coniuge è equiparata quella della persona unita civilmente.

Per quanto attiene al ricongiungimento familiare con i figli minorenni, non rileva che essi siano figli naturali o legittimi, nati da relazioni precedenti a quelle attuali, biologici o adottati, ma è richiesto il consenso all'espatrio dell'altro genitore se non decaduto e se ancora in vita.

La minore età del figlio ricongiunto è stabilita in base alla normativa italiana – quindi entro i 18 anni di età – e deve sussistere al momento della presentazione della domanda di nulla osta all'ingresso, non rilevando se sopraggiunge alla richiesta di rilascio del visto né all'ingresso in Italia.

Sono ricongiungibili, altresì, i minori di età affidati o sottoposti a tutela in favore dello straniero regolarmente residente in Italia a condizione che l'atto di affidamento o di tutela provenga da una autorità pubblica e non sia frutto di un mero accordo tra privati.


Il ricongiungimento familiare del figlio maggiorenne può avvenire solo nel caso in cui quest'ultimo sia a carico del genitore straniero regolarmente residente in Italia e non possa provvedere alle proprie esigenze di vita per gravi motivi di salute tali da comportare l'invalidità totale della persona (d.lgs. n. 286 del 1998, art. 29, c. 1 lett. c), cit.). Tale impostazione esclude non solo tutti i casi in cui i figli, magari appena maggiorenni, non siano in grado di provvedere al proprio sostentamento perchè, ad esempio, ancora impegnati negli studi, ma altresì tutti quei casi ove l'ostacolo al mantenimento derivi da una condizione di salute precaria, ma non così grave da giustificare una valutazione di invalidità totale, che, peraltro, dovrà essere verificata secondo i parametri vigenti in materia in Italia.


Infine, è possibile richiedere il ricongiungimento familiare con i genitori. Tuttavia, anche in questo caso, la norma prevede significative restrizioni.

  • - se il genitore ha un'età inferiore ai 65 anni deve esser dimostrato che non vi siano altri figli in vita residenti nel Paese di origine e che il familiare vive a carico del figlio regolarmente residente in Italia. Tale requisito pare particolarmente restrittivo se si pensa che in molti casi la presenza di un figlio nel Paese di origine non assicura automaticamente la possibilità per costui di concorrere al mantenimento dei genitori, ad esempio perchè seppur maggiorenne sia ancora uno studente;
  •  - se il genitore ha una età superiore ai 65 anni l'ingresso per ricongiungimento familiare è previsto solo nel caso in cui gli altri figli non possano provvedere al sostentamento dell'ascendente per gravi motivi di salute documentati. Anche in tal caso non è richiesta una invalidità totale, ma la valutazione della “gravità” dei motivi di salute appare certamente discrezionale.

In tema di ricongiungimento familiare con i figli maggiorenni – così come con gli ascendenti – gli stati membri hanno mantenuto un ampio margine di discrezionalità nel recepimento delle disposizioni presenti nel testo della Direttiva 2003/86/CE, non essendo state queste ritenute fondamentali ai fini dell'unificazione della normativa in materia di unità familiare, a differenza delle norme riferite al ricongiungimento dei figli minori e del coniuge. Tuttavia, deve rilevarsi come la previsione dal legislatore italiano di restringere l'ambito di applicazione ai soli figli maggiorenni affetti ad invalidità totale sia eccessivamente restrittiva rispetto al disposto europeo, ove si ammette il ricongiungimento familiare dei cittadini stranieri regolarmente residenti con i figli maggiorenni non coniugati “qualora obiettivamente non possano sovvenire alle proprie necessità in ragione del loro stato di salute” (Direttiva 2003/86/CE, art. 4, co. 2 lett. b), cit.). Deve ricordarsi che gli Stati membri nel dare applicazione nel loro ordinamento a norme europee non strettamente vincolanti sono titolari di un potere discrezionale che deve comunque essere conforme allo spirito della direttiva, che, nel caso in esame, si prefigge una maggiore tutela del diritto all'unità familiare.


Ai fini dell'ottenimento del ricongiungimento familiare allo straniero regolarmente residente in Italia sono richiesti specifici requisiti (d.lgs. n. 286 del 1998, art. 29, co. 2, cit.):

  1. un alloggio conforme ai requisiti igenico sanitari e l'idoneità abitativa rilasciata dal Comune di residenza
  2. un reddito minimo annuo
  3. una assicurazione sanitaria in caso di ricongiungimento con il genitore ultrasessantacinquenne

Per quanto attiene al primo dei requisiti necessari, il cittadino straniero è chiamato a dimostrare non solo la disponibilità  – per locazione, comodato d'uso, proprietà ovvero sulla base di una mera dichiarazione di ospitalità -  di un alloggio conforme ai parametri igenico - sanitari previsti dalla legge, quali ad esempio la conformità dell'impianto elettrico, ma altresì che tale abitazione è idoneità ad accogliere tutto il nucleo familiare, composto sia dai familiari già presenti in Italia sia da quelli per i quali è stato richiesto il ricongiungimento familiare. L'idoneità abitativa è accertata e verificata dagli uffici comunali del luogo di residenza e, al fine di evitare disparità di trattamento da comune a comune, nello svolgimento di tale incombenza deve prendersi quali riferimento base quanto disposto del Decreto del Ministero della Sanità del 05.07.1975.

In caso di ricongiungimento familiare con il solo figlio minore di anni 14 non è richiesta la predetta certificazione ma è sufficiente il consenso del titolare del diritto di proprietà dell'abitazione.

Il cittadino straniero residente in Italia che presenta istanza di ricongiungimento familiare deve dimostrare una capienza reddituale sufficiente al proprio mantenimento ed a quello di tutto il nucleo familiare, sia esso già presente in Italia ovvero in ingresso. La soglia minima richiesta è parametrata all'importo dell'assegno sociale annuo aumentato della metà per ogni familiare da ricongiungere.

Questi gli importi per il le richieste presentate nel 2021:

Assegno sociale - importo per 1 persona   € 5.983,64 
n. 1 familiare da ricongiungere  € 8.975,46
n. 2 familiari da ricongiungere  € 11.967,28
n. 3 familiari da ricongiungere  € 14.959,10
n. 4 familiari da ricongiungere  € 17.950,92
n. 5 familiari da ricongiungere  € 20.942,74
n. 6 familiari da ricongiungere  € 23.934,56  


Il medesimo importo è necessario per ottenere il rilascio del permesso di soggiorno UE per lungo soggiornanti.

Il reddito di riferimento è quello imponibile lordo ed ai fini della sua determinazione si tiene conto non solo del reddito di chi presenta l'istanza ma altresì di quello prodotto da altri familiari conviventi.

Sulla determinazione della soglia di reddito di cui deve dimostrarsi il possesso, la Suprema Corte ha fatto una importante precisazione: non devono considerarsi tutti i famigliari conviventi con il cittadino straniero istante, ma solo quelli che rientrano nell'elencazione di cui al d.lgs. n. 286 del 1998, art. 29, co. 1, cit., in favore dei quali è possibile richiedere il ricongiungimento familiare (Cass. Civ. 27 maggio 2008, n. 13849; Cass. Civ. 26 giugno 2000 n. 9793). Ciò significa che se uno straniero regolarmente residente in Italia intende ricongiungere il figlio minore e già convive sul territorio nazionale con la moglie ed il fratello, dovrà disporre di un reddito sufficiente al mantenimento di un nucleo familiare composto da tre persone – sé medesimo, la moglie ed il figlio in ingresso – atteso che non è ammesso il ricongiungimento tra fratelli.

Nella prassi, la medesima regola viene applicata per il raggiungimento della soglia reddituale richiesta: il cittadino straniero dell'esempio precedente potrà, a tali fini, cumulare il proprio reddito con quello della moglie, ma non con quello del fratello per le medesime ragioni esposte in precedenza.

Il d.lgs. n. 286 del 1998, art. 29 bis, cit. prevede l'esclusione per i titolari di protezione internazionale dalla dimostrazione dei predetti requisiti (v. UD. VIII.2).


Un caso di particolare interesse è quello che prevede l'ingresso in Italia del genitore extraeuropeo per ricongiungimento al figlio minore straniero già regolarmente residente sul territorio nazionale. Si pensi al caso di due genitori non sposati o legalmente separati ove uno dei due viva regolarmente in Italia con il figlio minore. Il caso rientra nella fattispecie del ricongiungimento del genitore a carico, ma la dimostrazione della vivenza a carico e della sussistenza dei requisiti di cui al d.lgs. 286 del 1998, art. 29, cit. difficilmente potrà essere dimostrata dal figlio, ancora minorenne. Inizialmente, la disciplina in materia prevedeva in capo al genitore ricongiunto l'onere di dimostrare la sussistenza dei requisiti reddituali e di idoneità abitativa nel termine di un anno dall'ingresso in Italia. Tuttavia, il d.lgs. n. 286 del 1998, art. 29, co. 5, cit., è stato modificato in termini molto più restrittivi con la l. del 15 luglio 2009, n. 94. La normativa vigente prevede, infatti, che i predetti requisiti siano sussistenti già al momento dell'ingresso e l'onere di dimostrazione grava sull'altro genitore. Appare evidente come una tale impostazione della norma attribuisca un grande potere decisionale in capo al genitore già regolarmente residente in Italia con il figlio minore, il quale potrebbe, per ragioni personali, ostacolare facilmente l'ingresso dell'altro genitore, a scapito dell'interesse superiore del minore.




V.3. La procedura di ricongiungimento familiare

La procedura di ricongiungimento familiare prende il via con l'inoltro della domanda di rilascio del nulla osta al ricongiungimento familiare presentata dal cittadino straniero regolarmente residente in Italia allo Sportello Unico per l'Immigrazione presso la Prefettura competente per territorio in relazione alla residenza del richiedente.

La domanda deve essere inoltrata in via telematica ed in seguito il richiedente dovrà presentare agli uffici dello Sportello Unico la documentazione attestante la disponibilità del reddito e l'idoneità abitativa. Il nulla osta al ricongiungimento familiare dovrebbe essere rilasciato nel termine, ordinatorio e non perentorio, di 90 giorni ed ha una validità di 6 mesi.

Il nulla osta in originale dovrà essere spedito al familiare ricongiunto ai fini della domanda di rilascio del visto di ingresso che dovrà essere presentata alle autorità diplomatiche e consolari italiane presenti nel Paese di origine o di dimora insieme ai documenti attestanti il rapporto familiare. Una copia telematica del nulla osta è, altresì, inviata dallo Sportello Unico per l'Immigrazione che lo ha emesso alla Autorità diplomatica italiana competente per il rilascio del visto di ingresso. 

La natura bifasica del procedimento prevede una netta separazione delle competenze: lo Sportello Unico per l'Immigrazione ha il compito di verificate la sussistenza dei requisiti in capo al cittadino straniero già presente in Italia, mentre alle autorità diplomatiche e consolari è demandato il controllo della veridicità della documentazione attestante i rapporti familiari, della vivenza a carico o delle condizioni di salute – ove ciò è richiesto - nonché la verifica dell'insussistenza di cause ostative all'ingresso del cittadino extraeuropeo.

In merito occorre specificare che in caso di ingresso di un cittadino straniero per ricongiungimento familiare non trova applicazione la disciplina particolarmente restrittiva di cui d.lgs. n. 286 del 1998, art. 4, co. 3, cit., ma il diniego del visto di ingresso potrà essere giustificato solo qualora il familiare ricongiunto rappresenti una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza nazionale.

Tale pericolosità dovrà, inoltre, essere attuale e concreta: ne consegue un divieto assoluto di automatismo tra eventuali condanne riportate in passato dal cittadino extraeuropeo che chiede di entrare in Italia ed il diniego di visto. In capo all'Amministrazione procedente grava, quindi, l'onere di porre in essere una approfondita disamina della effettività della pericolosità ritenuta in capo allo straniero, da porsi in bilanciamento con il diritto all'unità familiare (per un esempio di valutazione della pericolosità si veda Cass. Civ., Sez. VI, 21 novembre 2011, n. 20522).

Inoltre, in caso di richiesta di visto di ingresso per motivi familiari non rileva la sussistenza di eventuali divieti di reingresso, non ancora scaduti, derivanti da pregressi provvedimenti di espulsione (d.lgs. n. 286 del 1998, art. 13, co. 13, cit.).

Giunto in Italia, il familiare ricongiunto deve presentarsi entro 8 giorni dall'ingresso avanti allo Sportello Unico per l'Immigrazione ai fini della predisposizione della domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari ai sensi del d.lgs. n. 286 del 1998, art. 30, co. 1 lett. a), cit., da inoltrare alla Questura territorialmente competente.