Unità Didattica VI - I permessi per motivi familiari

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Corso: Diritto dell'immigrazione - 6/9 CFU - TORINO - 22/23
Libro: Unità Didattica VI - I permessi per motivi familiari
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Data: martedì, 8 luglio 2025, 08:17

VI.1 I permessi di soggiorno per motivi familiari

La procedura descritta nella precedente unità didattica è volta alla tutela il diritto all'unità familiare dello straniero attraverso la ricostituzione del nucleo familiare sul territorio nazionale e rappresenta la fattispecie statisticamente più frequente, tuttavia, la normativa italiana prevede la possibilità di mantenere l'unità familiare sin dal momento in cui inizia il percorso migratorio del cittadino extraeuropeo, attraverso l'istituto del cd ingresso al seguito (d.lgs. n. 286 del 1998, art. 29, co. 4, cit.)

Il familiare del cittadino extraeuropeo – che deve sempre rientrare nell'elenco previsto dal d.lgs. n. 286 del 1998, art. 29, co. 1, cit. - fa ingresso in Italia insieme al familiare che entra sul territorio nazionale in forza di un visto di ingresso per motivi di studio, lavoro – autonomo o subordinato, con un contratto non inferiore ad un anno – ovvero per motivi religiosi. Come nel caso del ricongiungimento familiare “classico”, quest'ultimo dovrà provare la disponibilità di un reddito sufficiente al sostentamento del nucleo familiare (ad esempio attraverso il futuro guadagno desumibile dal contratto di lavoro) e la disponibilità di un alloggio idoneo.


Il permesso di soggiorno per motivi familiari ha una durata di due anni e segue le sorti del permesso di soggiorno detenuto dal familiare già residente in Italia: qualora, infatti, al familiare che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare sia revocato o non rinnovato il permesso di soggiorno, allo stesso modo verrà revocato o non rinnovato il titolo di soggiorno per motivi familiari, ferma la possibilità per l'Amministrazione procedente di rilasciare al familiare ricongiunto un permesso di soggiorno ad altro titolo – ad esempio per lavoro subordinato a fronte della presenza di un contratto di lavoro – in ossequio al disposto del d.lgs. n. 286 del 1998, art. 5 co. 9, cit.


Il permesso di soggiorno per motivi familiari non è rilasciato solo a seguito dell'ingresso in Italia con un visto per motivi familiari, ma la normativa di riferimento prevede altri casi in cui la tutela del diritto all'unità familiare rende opportuno e necessario il rilascio del predetto titolo di soggiorno anche in favore del cittadino straniero che si trova già sul territorio nazionale.

Ai sensi del d.lgs. n. 286 del 1998, art. 30, co. 1, cit., il permesso per motivi familiari è rilasciato:

  1. agli stranieri già regolarmente residenti sul territorio nazionale che abbiano contratto da un anno matrimonio in Italia con un cittadino italiano, europeo o extraeuropeo regolarmente soggiornanti (d.lgs. n. 286 del 1998, art. 30, co. 1, lett. b), cit.);
  2. al familiare titolare titolare di un permesso di soggiorno in corso di validità, o scaduto da non oltre un anno, di un cittadino straniero regolarmente residente sul territorio nazionale in possesso dei requisiti richiesti per il ricongiungimento familiare, di cui al d.lgs. n. 286 del 1998, art. 29, cit. – reddito, abitazione idonea e, ove richiesto, assicurazione sanitaria (d.lgs. 286 del 1998, art. 30, co. 1, lett. c), cit.);
  3. al genitore naturale di cittadino italiano (d.lgs. 286 del 1998, art. 30, co. 1, lett. a), cit.) – rinvio par. VI.2

Con riferimento alla prima ipotesi, lo scopo della norma è da ricercarsi nella volontà del legislatore di tutelare i nuclei familiari formatisi sul territorio nazionale, a prescindere dalla sussistenza degli stringenti requisiti in tema di reddito ed idoneità abitativa. La sua applicazione pratica, ad oggi, appare certamente limitata con riferimento ai cittadini europei ed italiani attesa l'applicazione della disciplina più favorevole del d.lgs. n. 30 del 2007, cit..

Recentemente sul punto si è espresso il Consiglio di Stato che ha ritenuto che tale permesso di soggiorno debba essere rilasciato anche al partner di cittadino italiano nell'ambito di una convivenza di fatto registrata presso il Comune di residenza, introdotte dalla l. n. 76 del 2016, cit. In caso contrario, il Supremo organo di giustizia amministrativa rileva una violazione del diritto di uguaglianza sostanziale non solo con riferimento allo spirito della novella legislativa sulle convivenze di fatto, ma altresì sull'interpretazione data dalla Corte europea dei diritti dell'uomo in tema di evoluzione dei rapporti sociali - l'argomento verrà ripreso ed approfondito nella UD. XIII, con riferimento alla coesione familiare del cittadino europeo (Consiglio di Stato, Sez. III, sent. n. 5040 del 31.10.2017).

Di notevole importanza, anche in termini di ricorrenza nella prassi, è la seconda ipotesi di rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari che mira a realizzare una sorta di ricongiungimento sur place. A fronte, infatti, della sussistenza dei requisiti reddituali ed abitativi è ammessa la conversione del permesso di soggiorno già detenuto ed eventualmente anche già scaduto, anche nei casi in cui il titolo di soggiorno non fosse ulteriormente rinnovabile – si pensi ad esempio al permesso per cure mediche rilasciato alla donna per la durata della gravidanza e per i primi sei mesi di vita del bambino.

La norma in esame ha una rilevanza particolare, sopratutto nel caso in cui lo straniero, pur essendo regolarmente residente sul territorio nazionale, non possa più rinnovare in via autonoma il proprio permesso di soggiorno sia perché non rinnovabile per legge sia perchè non più in possesso dei requisiti richiesti a tali fini dalla normativa. 

Possiamo prendere ad esempio un cittadino straniero regolarmente residente in Italia per motivi di studio perchè iscritto ad un corso di formazione biennale. Al termine degli studi egli non potrà rinnovare il proprio permesso per il medesimo motivo non essendo più iscritto a tale corso, nè può richiedere automaticamente un permesso di soggiorno per motivi di lavoro - in tal caso è, infatti, necessario attivare una particolare procedura nell'ambito delle quote dei decreti flussi in conversione. Nel caso in cui egli sia sposato con un cittadino straniero titolare di un permesso di soggiorno della durata di almeno un anno, potrà chiedere, entro un anno dalla scadenza del precedente titolo di soggiorno, il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di famiglia, a fronte della dimostrazione in capo al coniuge della disponibilità della soglia di reddito richiesta e di un alloggio idoneo.

La disposizione in esame trova applicazione sulla base dei rapporti familiari di cui al d.lgs. n. 286 del 1998, art. 29, co. 1, cit.

Nel caso di familiare di rifugiato, la normativa prevede un trattamento estremamente favorevole, atteso che non solo si applica l'esenzione dalla dimostrazione di un reddito sufficiente e della idoneità della abitazione (d.lgs. n. 286 del 1998, art. 29, co. 3, cit.), ma si prescinde altresì dalla pregressa regolarità del soggiorno del familiare richiedente. Sul punto deve evidenziarsi che sebbene il testo della norma faccia riferimento ai soli titolari dello status di rifugiato, in dottrina si ritiene che la medesima disciplina sia applicabile anche ai cittadini stranieri a cui è stata riconosciuta la protezione sussidiaria, in virtù dello spirito della Direttiva 2011/95/UE, recepita nel nostro ordinamento con d.lgs. n. 18 del 2014, cit., che ha uniformato la posizione ed il trattamento di tutti i titolari di protezione internazionale (v. UD VIII.2).




VI.2. La coesione familiare con il cittadino italiano

Il diritto all'unità familiare del cittadino italiano e dei suoi familiari stranieri è tutelato in misura rafforzata attraverso diverse previsioni normative.

La disciplina principale è da ricercarsi nella normativa prevista in tema di coesione familiare del cittadino europeo con il cittadino extraeuropeo di cui al d.lgs. n. 30 del 2007, cit. poichè più favorevole rispetto a quella prevista per il ricongiungimento familiare tra cittadini stranieri.

In merito deve darsi atto di una recentissima modifica della richiamata normativa, avvenuta con d.l. n. 69 del 13 giugno 2023, come convertito in legge n. 103 del 10 agosto 2023, che prevede l'applicazione della richiamata normativa e, quindi, il rilascio di un permesso di soggiorno per familiare extraeuropeo di cittadino europeo solo nel caso in cui il cittadino italiano abbia, in passato, esercitato il proprio diritto alla libera circolazione, trasferendosi, per un periodo, in un altro Paese UE. Tratteremo di tale titolo di soggiorno nella UD XIII.3, quando affronteremo la disciplina del soggiorno in Italia del cittadino europeo. 

Secondo la novella legislativa, al familiare extraeuropeo del cittadino italiano "statico", il quale ha, quindi, sempre vissuto in Italia, è rilasciato ai sensi del d.lgs. 30 del 2007, cit., art. 23 co. 1 bis un permesso di soggiorno della durata di 5 anni, rinnovabile e convertibile per motivi di lavoro.

Tali permesso sono rilasciati anche nel caso in cui lo straniero si trovi in condizioni di irregolarità sul territorio nazionale.

Anche in merito alla procedura di ingresso per ricongiungimento familiare per il cittadino extraeuropeo di cittadino europeo (e del cittadino italiano) deve trovare applicazione la disciplina più favorevole prevista del d.l. 30 del 2007, cit., ove non si prevede il rilascio del nulla osta da parte dello Sportello Unico per l'immigrazione, ma il cittadino straniero potrà recarsi direttamente presso l'Autorità diplomatica italiana presso il proprio Paese di origine o residenza per richiedere ed ottenere il rilascio di un visto di ingresso, dimostrando la residenza in Italia del proprio familiare e il loro legame di parentela. Nel caso in cui il Paese di origine o residenza del familiare extraeuropeo rientri tra quelli che godono dell'esenzione del visto turistico, l'interessato potrà entrare in Italia liberamente e presentarsi direttamente presso la Questura per il rilascio del permesso di soggiorno UE per familiari extraeuropei di cittadini europei. Sarà quello il momento in cui verrà verificata la sussistenza dei requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno. 

Nel d.lgs. n. 286 del 1998, cit.residuano alcune disposizioni che completano il quadro normativo in favore del familiare extraeuropeo di cittadino italiano.

La particolare forza della tutela prevista in tali situazioni può essere colta nel disposto del d.lgs. n. 286 del 1998, art. 19, co. 2 lett. c), cit. ove si prevede il divieto di espulsione del cittadino straniero convivente con un parente entro il secondo grado o il coniuge cittadino italiano. Alla condizione di inespellibilità consegue il diritto al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi familiari (D.P.R. n. 394 del 1999, art. 28, co. 1, lett. b), cit.). In tal caso non rileva la pregressa regolarità dell'ingresso del familiare extraeuropeo, ma è sufficiente che costui viva insieme al cittadino italiano.

In merito deve osservarsi che l'ambito di applicazione della norma - che si traduce in una sorta coesione familiare sur place - travalica i limiti dei legami familiari rilevanti ai fini del ricongiungimento tra cittadini extraeuropei o tra cittadini europei ed extraeuropei, ricomprendendo al suo interno anche relazioni parentali normalmente escluse, quali i fratelli e le sorelle, i figli maggiorenni non totalmente invalidi e gli ascendenti, anche non a carico ed anche con figli nel Paese di origine. Sino all'entrata in vigore della l. n. 94 del 2009, cit., avevano rilevanza i rapporti di parentela entro il quarto grado.

Inoltre, la condizione di inespellibilità – e conseguentemente anche il rilascio del permesso di soggiorno – opera a fronte dell'accertamento della mera convivenza di fatto, indipendentemente da ogni ulteriore valutazione circa la pericolosità del cittadino extraeuropeo, la sussistenza di un reddito sufficiente al suo sostentamento, la disponibilità di un alloggio idoneo o di una copertura sanitaria, trovando quale unico limite la sicurezza nazionale.

Come è stato già accennato in precedenza, è rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari al genitore naturale del minore cittadino italiano (d.lgs. n. 286 del 1998, art. 30, co. 1, lett. c), cit.). In tal caso il rilascio del titolo di soggiorno prescinde sia dalla pregressa regolarità del soggiorno del genitore sia dalla effettiva convivenza di quest'ultimo con il figlio minore, essendo richiesta solo la prova della non decadenza dalla potestà genitoriale.

La ratio sottesa alla presente disposizione è da ricercarsi nella volontà del legislatore di tutelare due diritti fondamentali ed inviolabili: il diritto all'unità familiare del cittadino italiano e del suo familiare e l'interesse superiore del minore a crescere, ad essere mantenuto, educato ed istruito dal proprio genitore naturale.


A conclusione della disamina delle forme di protezione del diritto all'unità familiare deve evidenziarsi che la sua tutela giudiziaria deve essere fatta valere avanti al Tribunale Ordinario, e non al Giudice Amministrativo, vertendo in tema di diritti soggettivi della persona.

Inoltre, non è previsto un termine a decadenza per la presentazione del ricorso avverso i provvedimenti adottati in tale ambito – rifiuto di rilascio del nulla osta o del visto per ricongiungimento familiare ovvero del permesso di soggiorno per motivi familiari - ed il Giudice adito, oltre ad annullare il provvedimento impugnato, ha il potere di ordinare all'Amministrazione procedente di adempiere all'istanza presentata.

Il recente d.l. n. 13 del 17 febbraio 2017, così come modificato in sede di conversione con la l. n. 46 del 13 aprile 2017 - impropriamente nota come "decreto Minniti" - ha introdotto una significativa modifica in relazione alla competenza territoriale per le controversie aventi ad oggetto il diniego del nulla osta o del visto per il ricongiungimento familiare e del permesso per motivi familiari. Tali procedimenti sono divenuti di competenza della Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea istituita presso il Tribunale distrettuale nella cui circoscrizione ha sede l'autorità che ha adottato il provvedimento impugnato, mentre in vigenza della precedente normativa aveva rilievo il luogo di residenza del ricorrente. Tale modifica, se poco incide in relazione ai provvedimenti emessi dalle Questure e dalle Prefetture, poichè hanno una competenza territoriale specifica e coincidente con quella di residenza dell'interessato, rende indubbiamente più complessa l'impugnazione dei provvedimenti di di diniego del visto di ingresso per motivi familiari, poichè diviene competente esclusivamente la Sezione specializzata preso il Tribunale di Roma, atteso che i provvedimenti impugnati sono emessi dalle rappresentanze diplomatiche italiane all'estero e, conseguentemente, dal Ministero degli Esteri.


Approfondimento - La Kafalah ed il diritto all'unità familiare

Con riferimento al ricongiungimento ed alla coesione familiare con i figli minori appare di particolare interesse l'applicazione dell'istituto di diritto islamico della Kafalah, a metà strada tra l'adozione, vietata dal Corano, e l'affidamento.

Ai fini dello studio della questione si invita alla lettura di due articoli.

Il primo Kafala e ricongiungimento familiare della Prof.ssa Joelle Long prende le mosse dal decreto della Corte d'Appello di Torino del 30.05.2007 per affrontare l'applicabilità dell'istituto in esame ai fini del ricongiungimento familiare tra cittadini extraeuropei.

Il secondo Le Sezioni Unite chiariscono quando la kafalah è presupposto per il ricongiungimento familiare del cittadino italiano della Prof.ssa Alessandra Lang, commenta ed analizza la sentenza della Cass. Civ. Sez. Unite, n. 21108 del 16.09.2013.

Del medesimo tenore la più recente pronuncia della Corte di Giustizia C- 129/18 del 26 marzo 2019.