Unita didattica XV - L'espulsione dello straniero: introduzione e respingimento

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Corso: Diritto dell'immigrazione - 6/9 CFU - TORINO - 22/23
Libro: Unita didattica XV - L'espulsione dello straniero: introduzione e respingimento
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Data: domenica, 5 gennaio 2025, 23:19

Descrizione

L’obiettivo di questa unità didattica è presentare allo studente la disciplina dell’allontanamento dello straniero.


XV.1. Inquadramento generale

Come si è visto nelle prime unità didattiche l’ingresso e il soggiorno in Italia dello straniero sono regolati da norme che disciplinano i casi e le modalità attraverso le quali gli stranieri possono fare ingresso sul territorio dello Stato.

Nel momento in cui lo straniero è privo dei requisiti per fare ingresso o soggiornare in Italia, oppure li perde nel corso della sua permanenza, la legge prevede l’allontanamento dello straniero.

Questa disciplina si presenta complessa e di non facile lettura.

È stata dapprima modificata in modo rilevante con la l. n. 189 del 30 luglio 2002, nota anche come Legge Bossi - Fini. Dal 2011 è stato oggetto di nuove importanti modifiche con il d.l. n. 89 del 23 giugno 2011, come convertito nella l. n. 129 del 2 agosto 2011 in attuazione della direttiva 2008/115/CE - cd Direttiva rimpatri.

Gli articoli si presentano lunghissimi, con una pluralità di commi e sotto-commi variamente numerati. Scarsa è l’attenzione del legislatore per la comprensione del dettato normativo. Inoltre, come si vedrà, in molti punti l’attuazione della normativa europea ha tradito il suo spirito originario volto ad incentivare l’allontanamento volontario dello straniero a favore di una normativa repressiva e non per questo efficace. 

La disciplina dell'allontanamento è stata, altresì, modficata dalle più recenti novelle normativa in tema di sicurezza:  il d.l. 13 del 2017, cit., come convertito in l. n. 46 del 2017 cit. recante disposizioni urgenti per l'accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonchè per il contrato dell''immigrazione illegale ha apportato alcune modifiche alla disciplina della esecuzione dell'espulsione e del trattenimento ed il d.l. 113 del 2018, cit., come convertito nella l. n. 132 del 2018, cit., in particolare in tema respingimento e da ultimo dal d.l. 130 del 2020, cit., convertito in l. 173 del 2020, cit.

Sulla materia sono, poi, intervenute diverse volte la Corte di Giustizia dell'Unione Europea e la Corte europea dei diritti dell'uomo.

Al fine di semplificare l’approccio a tale complessa materia, si presenta un inquadramento generale della materia.

Due sono le misure di allontanamento dello straniero: i respingimenti e le espulsioni.

I respingimenti (d.lgs. 286 del 1998, art. 10, cit.) sono uno strumento attraverso cui lo Stato controlla le proprie frontiere e si dividono in:

1) respingimento alla frontiera disposto dalla polizia di frontiera e immediatamente eseguito al valico di frontiera;

2) respingimento differito nel tempo e disposto dal Questore.

Le espulsioni si dividono in espulsioni amministrative e giudiziarie.

I provvedimenti amministrativi di espulsione (quelli che nel gergo comune sono chiamate semplicemente espulsioni) sono disposti dall’autorità amministrativa di pubblica sicurezza nei confronti di stranieri che siano in posizione di soggiorno irregolare o che siano ritenuti pericolosi per la sicurezza pubblica o per l’ordine pubblico o per la sicurezza dello Stato (d.lgs. 286 del 1998, art. 13, cit.). Di tali provvedimenti e della loro esecuzione si tratterà nella prossima unità didattica UD XVI.

I provvedimenti di espulsione disposti dall’autorità giudiziaria sono, invece, conseguenza di un procedimento penale e si dividono in tre tipologie:

1) espulsione a titolo di misura di sicurezza, disposta nei confronti del condannato straniero socialmente pericoloso per lo Stato (d.lgs. 286 del 1998, art. 15, cit.; art. 235 codice penale);

2) espulsione a titolo di misura alternativa alla detenzione, disposta nei confronti del detenuto straniero in situazione di soggiorno irregolare negli ultimi due anni di esecuzione della pena (d.lgs. 286 del 1998, art. 16, cit.);

3) espulsione a titolo di sanzione sostitutiva della pena, disposta nei confronti dello straniero in situazione di soggiorno irregolare che deve essere condannato per un reato punito con la pena della reclusione inferiore a due anni (d.lgs. 286 del 1998, art. 16, cit.).

A seguito di respingimento o espulsione lo straniero è tenuto a lasciare il territorio dello Stato e tale obbligo deve essere eseguito - nella quasi totalità dei casi - immediatamente e in modo coercitivo, con il provvedimento di accompagnamento immediato alla frontiera da parte delle forze di polizia, disposto dal Questore. Ciò è previsto nonostante il recepimento nel nostro ordinamento della cd. direttiva rimpatri (direttiva 2008/115/CE) il cui spirito era quello di rendere eccezionale i casi di accompagnamento coattivo (vedi oltre il paragrafo relativo all'esecuzione dell’espulsione).

Qualora lo straniero non possa essere immediatamente espulso per ragioni che si vedranno, invece, l’autorità di pubblica sicurezza può disporre il trattenimento o detenzione amministrativa dello straniero in appositi centri per un certo periodo, sempre che non possa ricorrere alle misure alternative al trattenimento (d.lgs. 286 del 1998, art. 14, cit.).

Da ultimo, nel caso in cui nessuna delle precedenti misure possa essere eseguita, il Questore ordina allo straniero di lasciare il territorio con mezzi propri del termine di 7 giorni, con provvedimento scritto (d.lgs. 286 del 1998, art. 14, co. 5 bis, cit.). Nel caso in cui lo straniero sia trovato sul territorio nazionale trascorso tale termine egli commette il reato proprio di inottemperanza all'ordine del Questore, d.lgs. 286 del 1998, art. 14, co. 5 ter, cit. e nei suoi confronti può essere adottata nuova espulsione con conseguente nuovo rischio di trattenimento in un CPR (UD XVII - XVIII).


XV.2. Il respingimento

Il respingimento è un provvedimento amministrativo con il quale lo straniero viene respinto nel paese da cui è venuto.

Nel passato si era ritenuto che il respingimento fosse un mero comportamento materiale da parte della polizia che non richiedesse un provvedimento amministrativo debitamente motivato. Questi dubbi sono stati risolti dal Regolamento 562/2006, art. 13, cit. (cd. codice frontiere Schengen) il quale stabilisce che “il respingimento può essere disposto solo con un provvedimento motivato che ne indichi le ragioni precise. Il provvedimento è adottato da un’autorità competente secondo la legislazione nazionale ed è d’applicazione immediata” (comma 2) e “le persone respinte hanno il diritto di presentare ricorso. I ricorsi sono disciplinati conformemente alla legislazione nazionale. (…) L’avvio del procedimento di impugnazione non ha effetto sospensivo sul provvedimento di respingimento” (comma 3). Ciò significa che lo straniero sarà comunque respinto ma potrà presentare ricorso avverso tale provvedimento. 

Inoltre in base al D.P.R. n. 394 del 1999, art. 3, co. 3, cit., il provvedimento che dispone il respingimento deve essere comunicato (quantomeno in forma sintetica) in una lingua comprensibile allo straniero, o se ciò non è possibile,  in una delle cd. lingue veicolari (inglese, francese o spagnolo), secondo la preferenza indicata dall'interessato.

Non possono essere respinti:

1) gli stranieri nei cui confronti sono state adottate misure di protezione temporanea per rilevanti esigenze umanitarie (d.lgs. 286 del 1998, art. 20, cit.);

2) gli stranieri che fanno richiesta di misure di protezione internazionale;

3) gli stranieri che si trovano nelle condizioni di cui al d.lgs. 286 del 1998, art. 19 co. 1 e co. 1.1. e 1.2., cit.;

4) gli stranieri titolari di un permesso di soggiorno emesso da un altro paese dell’area Schengen;

5) gli stranieri destinatari di una misura cautelare o di una sentenza penale di condanna esecutiva emesse dall'autorità giudiziaria;

6) i minori stranieri non accompagnati. 

Il respingimento alla frontiera è disposto dalla polizia di frontiera nei confronti degli stranieri che si presentano ai valichi di frontiera privi dei requisiti necessari per l’ingresso nel territorio dello Stato. Lo straniero non fa quindi ingresso nel territorio dello Stato e il vettore che lo ha portato in Italia è tenuto a riportarlo nello Stato di provenienza o in quello che ha rilasciato il documento di viaggio. Il fatto che lo straniero non faccia ingresso in Italia comporta anche che non possa rispondere del reato di ingresso clandestino nel territorio dello Stato (previsto dal d.lgs. 286 del 1998, art. 10 bis, cit. UD XVII). Inoltre non è previsto alcun divieto di reingresso, come accade invece a seguito di un provvedimento di espulsione (su cui vedi infra).

Il respingimento differito, previsto nel d.lgs. 286 del 1998, art. 10, co. 2, cit. prevede che siano respinti gli stranieri che: 

- avendo fatto ingresso nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera, siano fermati all'ingresso o subito dopo;

- presentandosi ai valichi di frontiera privi dei requisiti necessari per l’ingresso nel territorio dello Stato ne siano stati temporaneamente ammessi nel territorio per necessità di pubblico soccorso (questa può essere anche la situazione di coloro che sono soccorsi in mare nell'ambito delle diverse operazioni di soccorso).

Il respingimento differito presenta più di un profilo di problematicità.

Innanzitutto ha presupposti piuttosto vaghi: le formule “subito dopo l’ingresso” e le “necessita di pubblico soccorso” si prestano a usi estensivi (o riduttivi) di questo istituto. In concreto, il respingimento differito è stato ed è tutt'ora ampiamente utilizzato nel caso delle persone soccorse e accompagnate a Lampedusa, in Sicilia o nelle altre aree di arrivo. In questi casi il provvedimento viene adottato anche dopo che gli stranieri sono stati ospitati nei Centri di Prima Accoglienza e Soccorso (e oggi anche in quelli che vengono chiamati hotspot) per diversi giorni.

Inoltre l’ipotesi del respingimento differito ex d.lgs. 286 del 1998, art. 10, co. 2, cit. si presenta molto affine a quella dell’espulsione disposta dal Prefetto di chi “è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera” (d.lgs. 286 del 1998, art. 13, co. 2 lett. a), cit.).

Per evitare sovrapposizioni, il d.lgs. 286 del 1998, art. 10, co. 2, cit. dovrebbe trovare applicazione quando lo straniero è stato rintracciato nei pressi della frontiera o temporalmente subito dopo l’ingresso, mentre l’espulsione dovrebbe operare quando lo straniero ha fatto ingresso illegalmente ma è stato rintracciato dopo che il suo ingresso è avvenuto da un certo lasso di tempo. Tuttavia non è definito in termini tassativi il limite temporale entro cui non può più essere adottato un provvedimento di respingimento differito e di conseguenza sono possibili scelte ampiamente discrezionali della Pubblica Amministrazione. 

Tali incertezze erano particolarmente rilevanti perchè diversi erano i regimi giuridici tra respingimento differito ed espulsione ex d.lgs. 286 del 1998, at. 13, co. 2 lett. a), cit.: nel primo caso, infatti, non vi era una convalida giurisdizionale, non veniva previsto un divieto di reingresso, nè vi era segnalazione dello straniero nel Sistema Informativo Schengen e poteva fare rientro immediatamente nel Paese di origine. 

Con la conversione in l. 132 del 2018, cit.,  del d.l. 113 del 2018, cit., il legislatore ha previsto che il provvedimento di respingimento differito sia comunicato immediatamente dal Questore al Giudice di Pace competente per territorio per la convalida, con applicazione di tutte le garanzie processuali previste, compreso il diritto di difesa. Inoltre, se il provvedimento è convalidato, allo straniero viene fatto divieto di reingresso sul territorio nazionale per un periodo da tre a cinque anni. La violazione di tale divieto comporta commissione del reato di cui al  d.lgs. 286 del 1998, art. 13, co. 13, cit. - di cui di tratterà nell'UD XVIII.

In ultimo la tutela giurisdizionale è stata per lungo tempo una questione dibattuta, tanto per il respingimento alla frontiera quanto per il respingimento differito. Mancava in questa materia una previsione espressa dei mezzi di impugnazione da parte del legislatore. La questione riguardava quale fosse il diritto su cui incide il respingimento, se si tratta del diritto alla libera circolazione e al soggiorno (diritto garantito al solo cittadino) o del diritto alla libertà personale, di cui sono titolari tutte le persone. In un caso la competenza è in capo al giudice amministrativo, nel secondo caso, entrando in gioco diritti soggettivi, al giudice ordinario.

Nel caso del respingimento alla frontiera si è ritenuta sussistente, nella poca giurisprudenza disponibile, la giurisdizione del TAR. Più delicata si è rivelata la questione del respingimento differito nel momento in cui nella pratica si è iniziato a fare un largo uso di questo istituto, anche in momenti lontani temporalmente dall'ingresso. Ciò ha fatto dire alla dottrina che ci si trovava di fronte a una questione che chiamava in causa il diritto alla libertà personale e che richiedeva, quindi, la competenza del giudice ordinario.

Nella pratica (che ha riguardato i giudici di Agrigento, competenti sul territorio di Lampedusa) la maggior parte dei giudici di Pace (poche le eccezioni, quali ad esempio Decreto Giudice di Pace Agrigento, 12 luglio 2011, n.10910; Decreto Giudice di Pace Agrigento, 8 novembre 2011, n.15470) negava la propria giurisdizione - adducendo che si trattasse di un atto amministrativo incidente sull'interesse dello straniero all'ingresso, come nel caso del respingimento alla frontiera - a vantaggio del TAR Sicilia che però non riteneva, a sua volta, di essere competente. Veniva così a determinarsi una situazione di stallo, che si concretizzava in una assenza di tutela giurisdizionale per gli stranieri.

Nel 2013 la Corte di Cassazione (Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 26 febbraio – 17 giugno 2013, n. 15115) intervenendo in un caso di respingimento differito, ha risolto la questione a vantaggio della giurisdizione del giudice ordinario.

Successivamente è intervenuto anche il Consiglio di Stato sez. III, sentenza 13 settembre 2013, n. 4543 che ha chiarito che anche nel caso del respingimento diretto alla frontiera sussiste la giurisdizione del giudice ordinario. In particolare il Consiglio di Stato ha indicato chiaramente come il respingimento è un unico istituto che viene applicato ordinariamente prima dell’ingresso ed eccezionalmente anche una volta che l’ingresso si sia perfezionato.

Con il d.l. 113 del 2008, cit., come convertito in l. 132 del 2018, cit., si è definita la competenza in capo al giudice di pace. 

XV.3. Le espulsioni giudiziali

Come anticipato all’inizio della unità didattica, alcune tipologie di espulsioni conseguono a un procedimento penale e sono disposte dal giudice. 

1)    Espulsione a titolo di misura di sicurezza. 

La legge prevede diversi casi in cui l’espulsione a titolo di misura di sicurezza personale possa essere applicata ad uno straniero, nel rispetto dei principi generali che disciplinano l’applicazione di tali misure.

La misura di sicurezza è disposta con sentenza, dal giudice penale che ritenga lo straniero persona socialmente pericolosa, indipendentemente dalla sua posizione amministrativa in ordine alla regolarità del suo ingresso e soggiorno sul territorio dello Stato.

La misura di sicurezza è disposta nel caso di:

- condanna per taluno dei delitti per i quali sia previsto l’arresto in flagranza (artt. 380 e 381 codice di procedura penale);

- condanna per uno dei delitti previsti dal testo unico in tema di sostanze stupefacenti (DPR n. 309 del 1990, art. 86, cit.).

- condanna alla pena della reclusione per un tempo superiore a due anni (art. 235, comma 1 codice penale).

- condanna ad una pena restrittiva della libertà personale per taluno dei delitti contro la personalità dello Stato (art. 312, comma 1 codice penale).

Le ultime due ipotesi si applicano anche al cittadino comunitario.

 

2) Espulsione a titolo di misura alternativa alla detenzione ( d.lgs. 286 del 1998, art. 16, cit.)

L’espulsione a titolo di misura alternativa alla detenzione può essere disposta dal magistrato di sorveglianza con decreto motivato nei confronti dello straniero detenuto in espiazione di una pena, anche residua, di due anni (con l’eccezione di alcuni reati ostativi) che si trovi in condizioni di irregolarità di soggiorno e purché non si sia in presenza di divieti di espulsione ex art. 19 TU Immigrazione. Al fine di favorire l’applicazione di tale misura il d.l. n. 146 del 23  dicembre 2013, come convertito in l. n. 10 del 21 febbraio 2014, ha introdotto al d.lgs. 286 del 1998, art. 16,  co. 5 bis, cit. che prevede alcune regole in materia di identificazione dello straniero in carcere.

Lo straniero può proporre opposizione dinanzi al tribunale di sorveglianza entro il termine di dieci giorni; il tribunale decide entro venti giorni (termine ordinatorio). L’esecuzione dell’espulsione rimane sospesa fino alla decorrenza del termine per proporre opposizione. La pena si estingue se lo straniero non rientra illegalmente nel territorio dello Stato per dieci anni, diversamente riprende l’esecuzione della pena.

3) Espulsione a titolo di sanzione sostitutiva della pena ( d.lgs. 286 del 1998, art. 16, cit.)

L’espulsione a titolo di sanzione sostitutiva della detenzione può essere disposta dal giudice nei confronti dello straniero che si trovi in condizioni di irregolarità di soggiorno e purché non si sia in presenza di divieti di espulsione ex  d.lgs. 286 del 1998, art. 19, cit., nelle due seguenti ipotesi: 

1) straniero condannato a una pena detentiva non superiore a 2 anni a seguito di sentenza penale di condanna oppure di applicazione della pena su richiesta delle parti per un reato non colposo se non ricorrano le condizioni per ordinare la sospensione condizionale della pena, non vi siano cause ostative all’esecuzione immediata dell’espulsione mediante accompagnamento coattivo alla frontiera. L’espulsione è comminata per un periodo non inferiore a cinque anni ed è eseguita dal questore mediante accompagnamento alla frontiera da parte della forza pubblica, anche se la sentenza non è irrevocabile.

2) straniero condannato per ingresso e soggiorno legale ( d.lgs. 286 del 1998, art. 10 bis, cit.) o in caso di inosservanza dell’ordine del questore ( d.lgs. 286 del 1998, art. 14,  co. 5 ter e 5 quater, cit.). In questi casi, quindi, ad essere sostituita è un pena pecuniaria (ammenda nel primo caso, multa nel secondo).

Nel caso in cui lo straniero rientri nel territorio dello Stato prima del termine previsto, il giudice competente revoca la sanzione sostitutiva e lo straniero dovrà scontare la pena.