Unità Didattica X - Il cittadino straniero minore d'età

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Corso: Diritto dell'immigrazione - 6/9 CFU - TORINO - 22/23
Libro: Unità Didattica X - Il cittadino straniero minore d'età
Stampato da: Utente ospite
Data: domenica, 5 gennaio 2025, 23:01

Descrizione


X.1. La condizione giuridica del cittadino straniero minorenne

La condizione giuridica dello straniero minorenne trova tutela nella Costituzione italiana e in numerosi testi normativi europei ed internazionali. Il testo costituzionale prevede specifiche disposizioni a tutela dei minori, imponendo ai genitori ed allo Stato un duplice obbligo di assistenza: i genitori sono tenuti ad educare, istruire e mantenere i figli (art. 30 Cost.) mentre la Repubblica è chiamata a fornire protezione prima della nascita e nel corso dell'infanzia e della crescita del fanciullo (art. 31 Cost.).

Alla normativa costituzionale si affianca una rafforzata tutela della posizione del minorenne da parte di strumenti europei e internazionali.

Di primaria rilevanza è indubbiamente la Convenzione ONU di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata dall'Italia con la l. n. 176 del 27 maggio 1991, il cui art. 3 prevede uno dei principi cardine della tutela in esame: il preminente interesse superiore del minore deve essere posto alla base di qualsivoglia provvedimento amministrativo, giudiziale o legislativo valevole di incidere sulla sua condizione giuridica.

Il medesimo principio è ripreso testualmente dalla Carta dei diritti fondamentali dell'unione europea (art. 24), che prevede, altresì, il diritto del bambino a intrattenere costanti e diretti rapporti con entrambi i genitori, salvo qualora questo sia contrario al suo interesse, introducendo all'interno degli ordinamenti dei singoli Stati membri, il cd diritto del minore alla bigenitorialità.


La condizione giuridica del minore straniero muta a seconda che egli:

La collocazione in una delle predette categorie comporta una diversa regolamentazione della accoglienza ed assistenza del minore, nonché l'applicazione di norme differenti al momento del raggiungimento della maggiore età. Occorre sin d'ora precisare che tutti i minori presenti sul territorio nazionale, indipendentemente dalla regolarità del loro soggiorno e di quello dei loro genitori hanno diritto ad accedere alle cure mediche necessarie, compresa l'assistenza di un pediatra, e di frequentare la scuola dell'obbligo (v. UD X).


Il cittadino straniero di età inferiore ai 18 anni non può essere destinatario di un provvedimento di espulsione in ragione del suo ingresso o soggiorno irregolare in Italia, tuttavia, in ossequio al diritto all'unità familiare ed all'interesse del minore a non essere separato dai suoi genitori, egli segue i  genitori espulsi nel loro allontanamento dal territorio nazionale (d.lgs. n. 286 del 1998, art. 19, co.2 lett. c), cit.). 

In tal caso dovranno trovare applicazione le disposizioni di cui al d.lgs. n. 286 del 1998, art. 19, co. 2 bis, cit., che prevede l'adozione di particolari garanzie ed attenzioni nell'allontanamento delle persone vulnerabili, tra cui vi rientra lo straniero minorenne.

Corollario del divieto di espulsione del minore è il divieto di un suo trattenimento in un Centro di Permanenza per il Rimpatrio.

A seguito della adozione della l. n. 47 del 07 aprile 2017 recante disposizioni in materia di protezione dei minori stranieri non accompagnati, è stato introdotto il d.lgs. n. 286 del 1998, art. 19, co. 1 bis, cit. con cui si vieta il respingimento alla frontiera dei minori stranieri non accompagnati.


L'inespellibilità dello straniero, anche nel caso in cui sia minorenne, cede a fronte di esigenze di tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza dello Stato, di cui al d.lgs. n. 286 del 1998, art. 13, co. 1, cit. In tal caso, tuttavia, la procedura di adozione del decreto di espulsione è demandata al Tribunale per i Minorenni, il quale decide su proposta del Questore ed è chiamato a valutare le esigenze cogenti dello Stato a tutela della propria sicurezza alla luce del preminente interesse superiore del minore. In merito, a fronte di una scarna giurisprudenza, appare estremamente chiara e rilevante l'analisi recentemente fornita dal Tribunale per i Minorenni di Sassari, chiamato a pronunciarsi sulla richiesta di espulsione di un minore pakistano per motivi di terrorismo.


X.2. I minori stranieri accompagnati

Il minore straniero che è presente sul territorio nazionale con uno o entrambi i genitori – ovvero con una persona che lo rappresenta legalmente, ad esempio l'affidatario o il tutore – segue la condizione di quest'ultimo.

Al minore è rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari sino alla maggiore età (d.lgs. n. 286 del 1998, art. 31, co. 1, cit.).

La predetta disciplina trova applicazione in favore sia dei minori che sono entrati in Italia con il ricongiungimento familiare prima dei 14 anni sia dei figli di cittadini stranieri nati in Italia, mentre ne sono esclusi i minori stranieri che hanno fatto ingresso sul territorio nazionale ormai ultraquattordicenni. In tal caso, infatti, sarà loro rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari ai sensi del d.lgs. n. 286 del 1998, art. 30, co. 1 lett. a), cit., con durata pari a quella del titolo di soggiorno detenuto dal familiare già residente in Italia (v. UD VI).

Tale distinzione di trattamento trova giustificazione nella volontà del legislatore di valorizzare il più profondo legame con il territorio nazionale ed il maggiore livello di integrazione del tessuto sociale italiano maturato da coloro i quali sono entrati in Italia in più tenera età, rispetto ai giovani che vi hanno fatto ingresso in una età più prossima ai 18 anni.

Il d.lgs. n. 286 del 1998, art. 32, co.1, cit., prevede che lo straniero già titolare di un permesso di soggiorno per motivi familiari, al raggiungimento della maggiore età abbia diritto al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di studio, di accesso al lavoro, di esigenze sanitarie, di lavoro subordinato o autonomo. L'elencazione non deve considerarsi tassativa (Consiglio di Stato, 28 gennaio 2015, n. 390).

Tuttavia, una applicazione rigida della predetta normativa escluderebbe tutti quei casi, assai frequenti nella realtà odierna, in cui il giovane appena maggiorenne non abbia ancora reperito una attività lavorativa e non sia, al contempo, iscritto ad un corso di studi universitario o professionalizzante, vanificando, in questo modo, anni di integrazione sul territorio nazionale. Per tale ragioni le prassi amministrative delle singole Questure, armonizzate con la Circolare del Ministero dell'Interno del 28 marzo 2008, prot. n. 17272/7, si sono orientate verso il riconoscimento del diritto del figlio maggiorenne, ancora a carico dei genitori, a rinnovare il proprio permesso di soggiorno per motivi familiari, a fronte della sussistenza dei requisiti di reddito ed alloggiativi di cui al d.lgs. n. 286 del 1998, art. 28, co. 3, cit. L'orientamento richiamato trova fondamento nella consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione che rileva in capo ai genitori un obbligo costituzionalmente imposto di mantenere il figlio, ancorchè maggiorenne, fino al raggiungimento dell'indipendenza economica e della sua piena collocazione nel contesto sociale (art. 30 Cost.). Tale dovere equivale ad un diritto fondamentale del figlio e, in quanto tale spettante anche ai cittadini stranieri ai sensi dell'art. 2 Cost.


Fermo quanto già esposto in tema di inespellibilità del cittadino straniero minorenne, nel caso in cui costui si trovi in Italia con uno o entrambi i genitori in condizioni di irregolarità, ne seguirà la condizione giuridica. Nei suoi confronti, infatti, non potrà essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari, difettando il requisito di titolarità di un permesso di soggiorno da parte del genitore, né un permesso di soggiorno per minore età rilasciato ai cittadini stranieri minorenni non accompagnati – di cui si dirà nel prossimo paragrafo - essendo egli in Italia insieme ad un suo legale rappresentante.


Al fine di tutelare alcune situazioni particolarmente delicate, in cui il superiore interesse del minore impone una deroga alle normali regole in materia di ingresso e soggiorno in Italia, il d.lgs. n.286 del 1998, art. 31 co. 3, cit. prevede la possibilità che il Tribunale per i minorenni, su richiesta dell'interessato,  autorizzi l'ingresso o il soggiorno temporaneo di un parente del minore per gravi motivi connessi al suo sviluppo psicofisico (anche noto come "ricongiungimento inverso").

La norma in esame può trovare applicazione non solo in favore dei genitori, ma altresì di tutte le figuri parentali – nonni, zii, fratelli o sorelle maggiori – la cui presenza in Italia risulti assolutamente necessaria per evitare un significativo pregiudizio in capo al minore.

Sebbene, nella prassi, la richiesta di autorizzazione al Giudice minorile riguardi nella maggior parte dei casi il soggiorno di un cittadino straniero già irregolarmente presente sul territorio nazionale, di particolare interesse sono i casi di autorizzazione all'ingresso. A titolo esemplificativo si richiama il caso di autorizzazione all'ingresso della nonna del minore in un grave contesto di violenza familiare (Tribunale per i minorenni dell'Aquila, 25 novembre 2013) ovvero della zia per l'assistenza del nipote orfano di madre, già residente regolarmente con il padre in Italia e sottoposto a cure oncologiche (Tribunale per i minorenni di Venezia 13 novembre 2012).

La norma non esplicita quali possano essere i gravi motivi connessi allo sviluppo psicofisico del minore tali da giustificare una deroga alle regole in materia di ingresso e soggiorno dei cittadini stranieri sul territorio nazionale, ma si limita a fornire due parametri di riferimento, non esaustivi, quali l'età e le condizioni di salute del minore.

Per molto tempo, l'applicazione di tale disposizione era limitata ai soli casi in cui il minore risultava affetto da una grave patologia tale da rendere contrario alla sua salute ed al suo interesse il rimpatrio del nucleo familiare nel Paese di origine in ragione del rischio di non poter accedere a cure adeguate, assicurate, invece, sul territorio nazionale.

Con il tempo la giurisprudenza di legittimità ha notevolmente ampliato il campo di applicazione della norma, individuando altri e diversi profili di pregiudizio allo sviluppo psicofisico del minore, anche non necessariamente legati alla sussistenza di una patologia in corso o di precarie condizioni di salute, tali da giustificare la permanenza del nucleo familiare in Italia.

Nonostante il carattere della norma sia eccezionale, nel senso che deroga alla normale disciplina in materia di immigrazione di cui al d.lgs. n. 286 del 1998, cit., ai fini della sua applicazione non deve necessariamente essere fatta valere una situazione di carattere emergenziale (Cass. Civ., Sez. I, 18 gennaio 2011, n. 2647). Se tale condizione è, infatti, richiesta per ottenere l'autorizzazione all'ingresso di un parente, al contrario non è strettamente necessaria qualora la domanda attenga alla permanenza in Italia. In tal caso, infatti, il danno allo sviluppo psicofisico del minore può anche essere potenziale e discendere da un futuro allontanamento di uno dei genitori: la lesione al diritto alla bigenitorialità, si cui all'art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea ed il trauma derivante dall'allontanamento improvviso e coatto di una figura genitoriale, sino ad allora di riferimento, sono gli elementi che devono essere valutati dal giudice minorile, in considerazione, altresì dell'età del minore e dei rapporti intercorrenti con il parente richiedente (Cass. Civ., S.U., 16 ottobre 2006, n. 22216). Sebbene la predetta autorizzazione non possa essere concessa automaticamente sulla base del fatto che dall’espulsione del genitore e dalla conseguente rottura dell’unità del nucleo familiare derivi sempre e comunque un danno per il minore, atteso che la sua applicazione non deve tradursi in un aggiramento sulle norme in materia di ingresso e soggiorno dei cittadini stranieri in Italia, attraverso la strumentalizzazione dei minori, i richiamati “gravi motivi” possono essere individuati in qualsiasi danno effettivo, concreto e grave che, tenuto conto dell'età del minore e delle sue condizioni di salute – non solo fisiche ma riferibili al complessivo equilibrio psicofisico - potrebbe derivare dal suo definitivo sradicamento dall’ambiente in cui è cresciuto, anche in conseguenza dell'espulsione di un genitore (Cass. Civ., S.U. 25 ottobre 2010, n. 21799;  Cass. Civ. Sez. I, 21 giugno 2013, n. 15676).


Approfondimento 1 - I rapporti tra la speciale autorizzazione al soggiorno art. 31, co. 3 d.lgs. 286 del 1998 e la protezione speciale


Nel caso di richiesta di ingresso in Italia ai sensi del d.lgs. n. 286 del 1998, art. 31, co. 3, cit., il ricorso al Tribunale per i Minorenni è presentato dal minore già regolarmente residente in Italia, per il tramite del genitore o del legale rappresentante, in qualità di esercente la potestà genitoriale, mentre in caso di autorizzazione alla permanenza la richiesta è avanzata direttamente per il tramite del parente del minore irregolarmente presente in Italia. Il pubblico ministero è litisconsorte necessario atteso il suo ruolo di presidio ad una corretta applicazione della norma nell'effettivo interesse del minore.

A fronte dell'accoglimento del ricorso è rilasciato un permesso di soggiorno per assistenza minori di cui al d.lgs. n. 286 del 1998, art. 29, co. 6, cit, che permette lo svolgimento di attività lavorativa, per la durata decisa dal Tribunale per i minorenni, senza che residui in capo alla Questura alcuna discrezionalità ai fini del rilascio del titolo di soggiorno in esame.

Il titolo di soggiorno in esame è convertibile in un permesso di soggiorno  per motivi familiari attraverso il procedimento di ricongiungimento familiare sur place, con il conseguente rilascio di un permesso di soggiorno ai sensi del d.lgs. n. 286 del 1998, art. 30, co. 1, lett. c), cit. (v. UD VI).

A seguito della entrata in vigore del d.l. 130 del 2020, cit. il permesso di soggiorno in esame diviene convertibile anche in un permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Tale modifica appare di particolare rilevanza se si tiene conto che in molte occasioni, soprattutto se legate a gravi patologie del minore, ad ogni scadenza si rendeva necessario adire il Tribunale per i Minorenni per richiedere una nuova autorizzazione al soggiorno con aggravio della già oberata giustizia minorile. Inoltre, molti nuclei familiari, tutelati nel corso dell'infanzia del minore, rimanevano privi di permesso di soggiorno al raggiungimento della maggiore età dei figli. 


X.3. I minori stranieri non accompagnati

La definizione di minore non accompagnato, di matrice europea, può essere reperita nella nuova l. n. 47 del 2017, art. 2 cit., che per la prima volta dispone una revisione organica della disciplina in materia di minori stranieri non accompagnati, i quali sono identificati come tutti i minori non aventi al cittadinanza italiana o di un Paese membro dell'Unione Europea che si trovano, per qualsiasi causa, sul territorio nazionale privi di assistenza e rappresentanza da parte di un genitore o di un adulto per lui legalmente responsabile secondo le norma italiane in materia.

Altre definizioni, di comune matrice europea potevano essere reperite nel D.P.C.M. n. 535 del 1999, art. 1, cit., ovvero nel d.lgs. 142 del 2015, art. 2, cit. 

La rilevanza e la delicatezza della questione appare evidente sia per la posizione di particolare vulnerabilità di un minorenne che intraprende da solo il percorso migratorio sia per il significativo incremento del fenomeno negli ultimi anni.

Secondo i dati della Direzione Generale per l'Immigrazione presso il Ministero del Lavoroal 31 dicembre 2021 i minori non accompagnati presenti in Italia erano 12.284, dato di molto superiore rispetto al mese di dicembre 2020, quando, a tale data, erano stati censiti sul nazionale 7.080  minori stranieri non accompagnati.

CURIOSITA' - Report di monitoraggio relativo ai minori stranieri non accompagnati (MSNA) presenti sul territorio nazionale.


Qualora un minore straniero venga reperito sul territorio nazionale ovvero intercettato alla frontiera e sia accertata, anche in via sommaria, l'assenza di un genitore o di una persona che lo rappresenti legalmente, lo Stato deve assicurargli protezione con rifermento sia alla sua assistenza materiale, collocandolo in strutture idonee e protette, sia alla sua rappresentanza legale, attraverso la nomina di un tutore.

In via di urgenza, subito dopo il suo rintraccio, il minore straniero non accompagnato viene collocato in un luogo sicuro ai sensi dell'art. 403 c.c. ed in seguito le autorità di frontiera o quelle di pubblica sicurezza segnalano tempestivamente la sua presenza alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni nonché alla Direzione Generale per l'Immigrazione presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Per quanto attiene alla accoglienza dei minori stranieri non accompagnati – indipendentemente dalla eventuale e successiva proposizione della domanda di protezione internazionale (UD IX.4) – è disciplinata dal d.lgs. 142 del 2015,art. 19, cit.. Immediatamente dopo il rintraccio o l'arrivo in Italia il minore è collocato in un Centro di prima accoglienza per minori stranieri non accompagnati, per un periodo non superiore ai 30 giorni, al termine dei quali è predisposta la sua collocazione in uno centro afferente al Sistema di Accoglienza e Integrazione SAI per minori stranieri non accompagnati, ove gli standard di accoglienza sono particolarmente elevati. In caso di indisponibilità di posti in tali strutture, l'accoglienza è onere del Comune in cui il minore straniero è rintracciato che dovrà predisporre il suo collocamento in una famiglia ovvero in una struttura per minorenni.

In ogni caso, in considerazione della specifica condizione di vulnerabilità del minore, non è mai ammesso il suo inserimento in strutture di accoglienza per adulti.


Il minore viene identificato dalle autorità di pubblica sicurezza, anche attraverso le autorità consolari competenti – tranne nel caso in cui egli abbia presentato domanda di protezione internazionale – e, ove sussistano dei dubbi, dovranno essere posti in essere gli accertamenti necessari per determinare la sua minore età. Nelle more di tali procedure vige il principio di presunzione della minore età.


APPROFONDIMENTO 2: L'accertamento dell'età del minore straniero. Tra prassi e vuoti normativi.


Accertata, da una lato, l'impossibilità di ricomporre il nucleo familiare attraverso un rimpatrio assistito del minore, dall'altro, l'assenza in Italia dei genitori o di un adulto che lo rappresenti legalmente, il Tribunale per i Minorenni in funzione di Giudice tutelare dovrà provvedere alla nomina di un tutore.

Con la l. n. 47 del 2017, art. 11, cit. si è voluto dare un valore di prevalenza alla nomina dei tutori privati, singoli cittadini, debitamente selezionati e formati, che, su base volontaria, sono chiamati a ricoprire il ruolo di rappresentante legale di uno o più minori stranieri non accompagnati sino al raggiungimento della maggiore età. In merito, deve rilevarsi che prima della entrata in vigore della nuova normativa, la prassi circa la nomina dei tutori era molto differenziata a seconda delle realtà locali: nelle regioni del Nord Italia, si preferiva assegnare tale compito alle istituzioni – i Sindaci o singoli assessori che delegavano ogni attività al Servizio Sociale – mentre in altre regioni, soprattutto centrali e meridionali, si faceva prevalentemente ricorso ai tutori volontari.


Al minore straniero non accompagnato è rilasciato un permesso di soggiorno per minore età ai sensi del combinato disposto del d.lgs. n. 286 del 1998, art. 19, co. 2 lett. a), cit. e il D.P.R. n. 394 del 1999, art. 28, cit.

Al raggiungimento della maggiore età il minore straniero non accompagnato potrà convertire il proprio permesso di soggiorno per minore età in un permesso di soggiorno per motivi di studio, attesa occupazione ovvero per lavoro autonomo o subordinato, al ricorrere di determinate circostanze:

  • nel caso in cui sia stato sottoposto a tutela ovvero affidato ai sensi della l. n. 184 del 1983, l'art. 2, cit., previo parere favorevole della Direzione Generale dell'Immigrazione e delle Politiche di Integrazione presso il Ministero del Lavoro – che ha sostituito il Comitato per i minori stranieri (d.lgs. n. 286 del 1998, art. 32, co. 1 bis, cit.). Nel caso in cui tale parere non pervenga nel termine di 20 giorni, senza che vi sia una espressa interruzione dei termini da parte del Comitato per i minori stranieri per necessari approfondimenti istruttori, si considera quale silenzio assenso;

OVVERO

  • nel caso in cui il minore straniero non accompagnato abbia svolto un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato con rappresentanza nazionale, per un periodo non inferiore ai due anni a fronte di una presenza in Italia di almeno tre anni (d.lgs. n. 286 del 1998, art. 32, co. 1 bis e 1 ter, cit.).

La difficile accessibilità alla seconda delle due ipotesi, rende evidente l'opportunità che l'affidamento o la tutela del minore straniero non accompagnato avvenga il più tempestivamente possibile.

Qualora ciò non accada, circostanza più frequente con i cd “grandi minori” - minori stranieri entrati in Italia in età prossima al compimento del diciottesimo anno di età – la giurisprudenza amministrativa ha ammesso la conversione del permesso di soggiorno per minore età, previo parere favorevole della Direzione Generale dell'Immigrazione e delle Politiche di Integrazione presso il Ministero del Lavoro, nei casi in cui la mancata apertura della tutela o l'omesso affidamento sia da imputare a ritardi delle istituzioni preposte e non al comportamento del richiedente ovvero alla brevità del periodo di soggiorno antecedente al raggiungimento della maggiore età (TAR Puglia, 14 novembre 2013, n. 2295).

Con riferimento, invece, al caso in cui, a seguito della domanda di conversione del permesso di soggiorno non pervenga il prescritto parere della Direzione Generale per l'Immigrazione presso il Ministero, l'orientamento della giurisprudenza amministrativa è consolidato nel ritenere che, trattandosi di un provvedimento endoprocedimentale, il diniego dell'istanza di conversione basato esclusivamente sull'assenza di tale atto è da considerarsi illegittimo (tra le molte si veda TAR Lombardia – Brescia, Sezione II, 15.06.2016 n. 815; TAR Lazio, Sezione II Quater, 12.11.2015 n. 26). Tale indicazione è stata pienamente recepita dalla l. n. 47 del 2017, cit. che ha modificato in tal senso il d.lgs. 286 del 1998, art. 32, co. 1 bis, cit. , secondo cui l'assenza del parere della Direzione Generale per l'Immigrazione presso il Ministero non comporta il rigetto della domanda.


Prima del raggiungimento della maggiore età, il minore straniero non accompagnato, per il tramite del suo tutore, o i servizi sociali possono richiedere al Tribunale per i Minorenni il cd prosieguo amministrativo, istituto che permette al neomaggiorenne, sino al limite massimo dei 21 anni, di poter godere del sostegno nel proprio percorso di integrazione dei servizi sociali. 

I neomaggiorenni in prosieguo amministrativo possono godere della accoglienza nei centri afferenti al Sistema di Accoglienza e Integrazione SAI. 


X.4. Il richiedente asilo minorenne

La domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino straniero si estende automaticamente ai figli minori non coniugati presenti sul territorio nazionale (d.lgs. n. 25 del 2008, art. 6, cit.).

La novella introdotta dal d.lgs. n. 142 del 2015, cit., ha modificato la disciplina in tema di istanza di protezione avanzata dal minore straniero, rendendola più aderente alla disciplina europea e alla consolidata interpretazione della Convenzione di Ginevra del 1951. In merito, infatti, è previsto che il minore possa presentare domanda di protezione internazionale personalmente per il tramite del genitore – nei casi in cui i profili di persecuzione, ad esempio, attengano solo alla sua persona e non anche agli altri componenti del nucleo familiare – del legale rappresentate e dal tutore ovvero in via autonoma qualora non sia accompagnato in Italia da un genitore o un legale rappresentante (d.lgs. n. 25 del 2008, art. 6, cit.). In tal caso la domanda di protezione rimane sospesa sino alla nomina del tutore, il quale prenderà parte alla audizione personale (d.lgs. n. 25 del 2008, art. 26, cit.) ,e verrà esaminata con procedura prioritaria da un componente della Commissione territoriale con adeguata preparazione (d.lgs. n. 25 del 2008, artt. 13 e 28, cit.).

In merito all'individuazione dello Stato membro competente all'esame della domanda di protezione internazionale presentata da un minore straniero non accompagnato, oltre a quanto già esposto nella UD IX.2, si evidenzia come ogni decisione in merito debba trovare fondamento nella preminenza dell'interesse superiore del minore e nel rispetto del suo diritto all'unità familiare, tenuto conto dell'età e della sua volontà.

I minori richiedenti asilo, siano essi accompagnati o meno, rappresentano una categoria particolarmente vulnerabile e possono essere vittime di specifici atti di persecuzione ai fini del riconoscimento della protezione internazionale, come previsto dal d.lgs. n. 251 del 2007, art. 7, co. 2 lett. c), cit. Per tale ragione la Commissione territoriale può, anche al fine comprendere meglio la posizione del richiedente, sospendere la procedura per orientare il minore verso una presa in carico psicologica.

Infine, la valutazione della loro attendibilità deve essere effettuata anche alla luce dell'età, del grado di maturità e di sviluppo personale raggiunto (d.lgs. n. 251 del 2007, art. 3, c. 5, lett. e), cit.).

Giova rilevare che le recenti modifiche normative apportate dal d.l. n. 13 del 2107, cit., così come convertito in l. n. 46 del 2017 alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale, ed in particolare alla sua fase giudiziaria, non trovano applicazione con riferimento ai minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo (l. n. 46 del 2017, art. 19 bis, cit.).



Approfondimento 1 - I rapporti tra la speciale autorizzazione al soggiorno art. 31, co. 3 d.lgs. 286 del 1998 e la protezione speciale

Ai sensi del d.lgs 286 del 1998, cit., art. 31, co. 3, il Tribunale dei minorenni è stato investito dal legislatore della competenza a rilasciare una speciale autorizzazione ai familiari del minore per gravi motivi connessi con il suo sviluppo psicofisico. A tali fini, per consolidata giurisprudenza di legittimità, il giudice minorile deve opportunamente prendere in considerazione, oltre a situazioni di natura patologica e che investono la condizione di salute del minore, anche la sussistenza dei suoi legami familiari sul territorio nazionale nonché il livello dei legami che questo intrattiene nella sua quotidianità con i genitori, con altri familiari e con le figure di supporto che incontra nel suo percorso di crescita e valutare se, lo sradicamento da tale realtà, potrebbe per lui comportare un grave danno allo sviluppo psicofisico.

E' indubbio che a tali fini sia necessario prendere in considerazione ciò che concerne, in senso più ampio possibile, il diritto alla vita familiare del minore così come previsto e tutelato nel nostro ordinamento a livello costituzionale e normativo, nonché a livello internazionale, in primo luogo dall'art. 8 CEDU così come interpretato negli anni dalla Corte europea dei diritti dell'uomo.

Anche il nuovo contenuto di cui al d.gls. 286 del 1998, cit., art. 19, co. 1.1. secondo e ultimo periodo richiama espressamente e chiaramente la tutela del diritto all'unità familiare ed il contenuto di cui all'art. 8 CEDU. Atteso che la novella normativa non si sovrappone certamente alla tutela già prevista dal Testo Unico immigrazione nella norma richiamata, occorre definire i diversi ambiti di applicazione della tutela del diritto alla vita privata e familiare in caso di nuclei con figli minori.

In soccorso giunge la Corte di Cassazione ordinanza n. 22832/20 del 23.06.2020 che si è pronunciata su tale tema con riferimento alla protezione umanitaria, ove quest'ultima fosse invocata in ragione della applicazione dell'art. 8 CEDU, ragione per cui ben si presta ad essere utilizzata quale fonte interpretativa del novellato d.gls. 286 del 1998, cit., art. 19, co. 1.1.

La Suprema Corte, nella citata ordinanza, richiamando la giurisprudenza sul tema delle Sezioni Unite, definisce la speciale autorizzazione di cui al d.gls. 286 del 1998 , cit., art. 31, co. 3 “una misura incisiva “a tutela e protezione del diritto fondamentale del minore a vivere con i genitori”. La funzione della disposizione è quella di salvaguardare il “superiore interesse del minore in situazioni nella quali l'allontanamento o il mancato ingresso di un suo familiare potrebbe pregiudicarne gravemente l'esistenza”. L'interesse del familiare ad ottenere l'autorizzazione alla permanenza o all'ingresso nel territorio nazionale riceve tutela in via riflessa, ovvero nella misura in cui sia funzionale a salvaguardare lo sviluppo psicofisico del minore, che è il bene giuridico protetto dalla norma nonché la ragione unica del provvedimento autorizzatorio”.

Ne consegue che la richiesta di speciale autorizzazione al soggiorno avanzata al Tribunale per i minorenni tutela non già il diritto all'unità familiare del richiedente, ma essenzialmente quello del minore, ed è in capo a quest'ultimo che deve fondarsi l'indagine del giudice minorile.

Sul punto, la Corte di Cassazione evidenzia come ben sia possibile tutelare il diritto all'unità familiare dell'adulto attraverso la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, valutando però presupposti diversi. In tal senso, nell'ordinanza citata, si evidenzia come la speciale autorizzazione alla permanenza ai sensi del d.lgs. 286 del 1998, art. 31, co. 3 ed il permesso di soggiorno per motivi umanitari – quale strumento di tutela ed esecuzione nel nostro ordinamento dell'art. 8 CEDU – ben potessero convivere, avendo ad oggetto ambiti di applicazione differenti e perseguendo interessi diversi - la tutela del medesimo diritto in capo a soggetti distinti – il genitore ed il minore.

In tale contesto, la Corte di legittimità evidenzia come l'art. 8 CEDU si sostanzi nel diritto delle persone di vivere insieme ai propri familiari, permettendo lo sviluppo normare e affettivo dei relativi rapporti, proteggendo “l'interesse alle relazioni familiari affettive, a prescindere dal legame matrimoniale, come interesse del singolo e non esclusivamente del minore.” Ne consegue che “la prevalenza dell'interesse del minore non significa escludere l'esistenza di una posizione soggettiva del genitore ( come, di recente, è stato ribadito, sia pure ad altri fini, da Corte Cost. 6 maggio 2020, n. 102), ma solo che il primo, in caso di conflitto, deve sempre prevalere”.

Tale ragionamento giuridico, come esposto in precedenza, ben si applica alla concessione del permesso di soggiorno per protezione speciale ex d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 19, co. 1.1. seconda parte che individua, quale condizione di inespellibilità proprio le necessità di tutela del diritto alla vita privata e familiare dello straniero.


APPROFONDIMENTO 2 - L'accertamento dell'età del minore straniero.


Nel caso in cui sorgano dubbi in merito alla reale età dello straniero che si dichiara minorenne e non siano disponibili documenti di identità ovvero vi siano dei dubbi sulla loro veridicità, l'interessato potrà essere sottoposto ad accertamenti medici finalizzati alla definizione, seppur in via approssimativa, della sua età.

Occorre premettere che non esistono dei metodi scientifici per determinare l'età di una persona, atteso che a fronte della medesima età anagrafica vi possono essere livelli di sviluppo differenti, e la comunità scientifica non è concorde circa l'utilizzo dei diversi metodi di valutazione. 

Nella prassi amministrativa la procedura di accertamento dell'età era spesso limitata al mero esame radiologico della saldatura delle ossa, la cui valutazione avveniva attraverso dei metodi che possono riportare un margine di errore anche molto elevato, pari a più o meno 2 anni.

La dottrina medica e giuridica ha sempre ritenuto, al contrario, che il mero ricorso alle pratiche auxologiche non f fosse sufficiente e non permettesse un accertamento corretto dell'età, punto focale per l'accesso dei minori alle garanzie previste per la loro specifica posizione, e che, a tal fine, fosse preferibile un approccio olistico multidisciplinare. Secondo tale impostazione l'accertamento dell'età dovrebbe avvenire sulla base di un lavoro di una equipe di figure professionali che procede all'esame della maturità del minore non solo sotto un profilo fisico, ma altresì con colloqui psicologici e sociali.

In assenza di una disciplina organica in materia – il riferimento legislativo più pertinente era il D.P.R. 448 del 22 settembre 1988, art. 8 in materia di processo penale minorile - al fine dell'accertamento dell'età in caso di minori stranieri non accompagnati, le autorità amministrative e giudiziarie coinvolte avevano stipulato, a livello locale, dei protocolli di intesa che stabiliscono principi e metodi per l'accertamento.

Negli ultimi anni si è assistito ad uno sforzo legislativo significativo al fine di individuare una disciplina specifica in materia.

Il primo passo è stato il d.lgs. n. 24 del 04 marzo 2014, riferito ai minori vittime di tratta e sfruttamento, che individua nell'approccio multidisciplinare il metodo di accertamento dell'età più idoneo, ove condotto “da personale specializzato e secondo procedure che tengano conto anche delle specificità relative all'origine etnica e culturale del minore”. In particolare, il 06 gennaio 2017 è entrato in vigore il D.P.C.M. n. 234 del 10 novembre 2016 che definisce i meccanismi per la determinazione dell’età dei minori non accompagnati vittime di tratta.
Tale normativa prevede il ricorso ad un approccio multidisciplinare come descritto in precedenza con una applicazione “a scalare”: si procederà ai diversi esami solo nel caso in cui nei precedenti l'interessato non risulti minorenne. Inoltre, si specifica l'importanza di acquisire il consenso informato dello straniero al momento della sottoposizione agli esami e della necessaria presenza di un mediatore culturale per tutta la durata dell'accertamento.

Infine, seppur le autorità di pubblica sicurezza siano incaricate di svolgere l'accertamento, esse agiscono solo previa l'autorizzazione del giudice tutelare.

Con l'entrata in vigore della l. n. 47 del 2017, cit., in tema di minori stranieri non accompagnati, il legislatore ha ritenuto di non estendere la disciplina di cui al D.P.C.M. n. 234 del 2016, art. 5, cit. - che rimane valida per i soli minori stranieri vittime di tratta o di sfruttamento – ma di modificare la normativa del d.lgs. 145 del 2015, art. 19 bis, cit.

In questo caso, pur rimanendo in capo alle autorità di pubblica sicurezza l'onere di identificare il minore, è la Procura della Repubblica presso Tribunale per i Minorenni che dispone gli esami socio-sanitari necessari. Il metodo di accertamento è multidisciplinare ed il minore viene informato in modo idoneo della procedura, anche per il tramite di un mediatore culturale, ove necessario, tuttavia la norma non precisa quale sia il contenuto dell'accertamento multidisciplinare, rilevando soltanto che l'interessato è sottoposto ad accertamenti socio-sanitari. Pertanto, le singole regioni hanno predisposto dei protocolli - ad esempio il  protocollo della Regione Piemonte -  per sopperire al vuoto normativo, creando nuovamente una grande frammentazioni delle prassi.

In data 9 luglio 2020 è stato finalmente approvato con un Accordo tra il Governo, le Regioni e le Autonomie locali, un Protocollo nazionale multidisciplinare per la determinazione dell'età dei minori stranieri non accompagnati. Nel testo si prevedono tre fasi successive e progressive: 1) un colloquio sociale alla presenza di un mediatore culturale, ove necessario; 2) una valutazione psicologica o neuropsichiatrica dell'età evolutiva; 3) una visita pediatrica auxologica, ove si devono prediligere accertamenti medici ad invasività crescente. Solo nel caso in cui, a seguito di tutti e tre i diversi livelli di accertamento - nel corso dell'ultimo si svolgono visite legate allo sviluppo auxometrico del corpo (altezza e peso) e puberale - si può ricorrere, quale extrema ratio agli esami radiologici, proprio in ragione dell'amplissimo margine di errore (+/- 2 anni nel 95% dei casi, superiore nel restante 5%).