Unità Didattica VI - I permessi per motivi familiari
VI.1 I permessi di soggiorno per motivi familiari
La procedura descritta nella precedente unità didattica è volta alla tutela il diritto all'unità familiare dello straniero attraverso la ricostituzione del nucleo familiare sul territorio nazionale e rappresenta la fattispecie statisticamente più frequente, tuttavia, la normativa italiana prevede la possibilità di mantenere l'unità familiare sin dal momento in cui inizia il percorso migratorio del cittadino extraeuropeo, attraverso l'istituto del cd ingresso al seguito (d.lgs. n. 286 del 1998, art. 29, co. 4, cit.)
Il familiare del cittadino extraeuropeo – che deve sempre rientrare nell'elenco previsto dal d.lgs. n. 286 del 1998, art. 29, co. 1, cit. - fa ingresso in Italia insieme al familiare che entra sul territorio nazionale in forza di un visto di ingresso per motivi di studio, lavoro – autonomo o subordinato, con un contratto non inferiore ad un anno – ovvero per motivi religiosi. Come nel caso del ricongiungimento familiare “classico”, quest'ultimo dovrà provare la disponibilità di un reddito sufficiente al sostentamento del nucleo familiare (ad esempio attraverso il futuro guadagno desumibile dal contratto di lavoro) e la disponibilità di un alloggio idoneo.
Il permesso di soggiorno per motivi familiari ha una durata di due anni e segue le sorti del permesso di soggiorno detenuto dal familiare già residente in Italia: qualora, infatti, al familiare che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare sia revocato o non rinnovato il permesso di soggiorno, allo stesso modo verrà revocato o non rinnovato il titolo di soggiorno per motivi familiari, ferma la possibilità per l'Amministrazione procedente di rilasciare al familiare ricongiunto un permesso di soggiorno ad altro titolo – ad esempio per lavoro subordinato a fronte della presenza di un contratto di lavoro – in ossequio al disposto del d.lgs. n. 286 del 1998, art. 5 co. 9, cit.
Il permesso di soggiorno per motivi familiari non è rilasciato solo a seguito dell'ingresso in Italia con un visto per motivi familiari, ma la normativa di riferimento prevede altri casi in cui la tutela del diritto all'unità familiare rende opportuno e necessario il rilascio del predetto titolo di soggiorno anche in favore del cittadino straniero che si trova già sul territorio nazionale.
Ai sensi del d.lgs. n. 286 del 1998, art. 30, co. 1, cit., il permesso per motivi familiari è rilasciato:
- agli stranieri già regolarmente residenti sul territorio nazionale che abbiano contratto da un anno matrimonio in Italia con un cittadino italiano, europeo o extraeuropeo regolarmente soggiornanti (d.lgs. n. 286 del 1998, art. 30, co. 1, lett. b), cit.);
- al familiare titolare titolare di un permesso di soggiorno in corso di validità, o scaduto da non oltre un anno, di un cittadino straniero regolarmente residente sul territorio nazionale in possesso dei requisiti richiesti per il ricongiungimento familiare, di cui al d.lgs. n. 286 del 1998, art. 29, cit. – reddito, abitazione idonea e, ove richiesto, assicurazione sanitaria (d.lgs. 286 del 1998, art. 30, co. 1, lett. c), cit.);
- al genitore naturale di cittadino italiano (d.lgs. 286 del 1998, art. 30, co. 1, lett. a), cit.) – rinvio par. VI.2
Con riferimento alla prima ipotesi, lo scopo della norma è da ricercarsi nella volontà del legislatore di tutelare i nuclei familiari formatisi sul territorio nazionale, a prescindere dalla sussistenza degli stringenti requisiti in tema di reddito ed idoneità abitativa. La sua applicazione pratica, ad oggi, appare certamente limitata con riferimento ai cittadini europei ed italiani attesa l'applicazione della disciplina più favorevole del d.lgs. n. 30 del 2007, cit..
Recentemente sul punto si è espresso il Consiglio di Stato che ha ritenuto che tale permesso di soggiorno debba essere rilasciato anche al partner di cittadino italiano nell'ambito di una convivenza di fatto registrata presso il Comune di residenza, introdotte dalla l. n. 76 del 2016, cit. In caso contrario, il Supremo organo di giustizia amministrativa rileva una violazione del diritto di uguaglianza sostanziale non solo con riferimento allo spirito della novella legislativa sulle convivenze di fatto, ma altresì sull'interpretazione data dalla Corte europea dei diritti dell'uomo in tema di evoluzione dei rapporti sociali - l'argomento verrà ripreso ed approfondito nella UD. XIII, con riferimento alla coesione familiare del cittadino europeo (Consiglio di Stato, Sez. III, sent. n. 5040 del 31.10.2017).
Di notevole importanza, anche in termini di ricorrenza nella prassi, è la seconda ipotesi di rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari che mira a realizzare una sorta di ricongiungimento sur place. A fronte, infatti, della sussistenza dei requisiti reddituali ed abitativi è ammessa la conversione del permesso di soggiorno già detenuto ed eventualmente anche già scaduto, anche nei casi in cui il titolo di soggiorno non fosse ulteriormente rinnovabile – si pensi ad esempio al permesso per cure mediche rilasciato alla donna per la durata della gravidanza e per i primi sei mesi di vita del bambino.
La norma in esame ha una rilevanza particolare, sopratutto nel caso in cui lo straniero, pur essendo regolarmente residente sul territorio nazionale, non possa più rinnovare in via autonoma il proprio permesso di soggiorno sia perché non rinnovabile per legge sia perchè non più in possesso dei requisiti richiesti a tali fini dalla normativa.
Possiamo prendere ad esempio un cittadino straniero regolarmente residente in Italia per motivi di studio perchè iscritto ad un corso di formazione biennale. Al termine degli studi egli non potrà rinnovare il proprio permesso per il medesimo motivo non essendo più iscritto a tale corso, nè può richiedere automaticamente un permesso di soggiorno per motivi di lavoro - in tal caso è, infatti, necessario attivare una particolare procedura nell'ambito delle quote dei decreti flussi in conversione. Nel caso in cui egli sia sposato con un cittadino straniero titolare di un permesso di soggiorno della durata di almeno un anno, potrà chiedere, entro un anno dalla scadenza del precedente titolo di soggiorno, il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di famiglia, a fronte della dimostrazione in capo al coniuge della disponibilità della soglia di reddito richiesta e di un alloggio idoneo.
La disposizione in esame trova applicazione sulla base dei rapporti familiari di cui al d.lgs. n. 286 del 1998, art. 29, co. 1, cit.
Nel caso di familiare di rifugiato, la normativa prevede un trattamento estremamente favorevole, atteso che non solo si applica l'esenzione dalla dimostrazione di un reddito sufficiente e della idoneità della abitazione (d.lgs. n. 286 del 1998, art. 29, co. 3, cit.), ma si prescinde altresì dalla pregressa regolarità del soggiorno del familiare richiedente. Sul punto deve evidenziarsi che sebbene il testo della norma faccia riferimento ai soli titolari dello status di rifugiato, in dottrina si ritiene che la medesima disciplina sia applicabile anche ai cittadini stranieri a cui è stata riconosciuta la protezione sussidiaria, in virtù dello spirito della Direttiva 2011/95/UE, recepita nel nostro ordinamento con d.lgs. n. 18 del 2014, cit., che ha uniformato la posizione ed il trattamento di tutti i titolari di protezione internazionale (v. UD VIII.2).