Unità 5 - Il diritto alla salute e i livelli essenziali delle prestazioni

In seguito alla riforma del Titolo V della Costituzione (L. cost. 18 ottobre 2001, n. 3) il riparto delle competenze legislative Stato-Regioni in materia di salute è significativamente modificato.

In origine, infatti, era prevista tra le materie di competenza legislativa concorrente o ripartita la sola “assistenza sanitaria e ospedaliera” (art. 117, Cost.), secondo una formulazione che la riforma ha sostituito con quella di “tutela della salute” (art. 117, co. 3°, Cost.), del pari attribuita alla competenza concorrente Stato-Regione. L’attuale formulazione è evidentemente più ampia della precedente, pertanto se in precedenza le Regioni potevano legiferare sugli aspetti assistenziali (sanitario e ospedaliero), oggi attraverso la definizione di tutela della salute possono legiferare anche su ulteriori aspetti. Tuttavia va evidenziato come l’ambito dell’assistenza sanitaria e ospedaliera si fosse progressivamente ridisegnato in senso espansivo verso un’unificazione della materia sanitaria già prima della riforma costituzionale suddetta.

In ragione della competenza concorrente lo Stato dunque emana la disciplina di principio della materia, mentre alle Regione è attribuita la competenza all’adozione della disciplina di dettaglio, con norme legislative e regolamentari nei limiti definiti dai principi di cui alla legge statale (art. 117, co. 6°, Cost.).


La giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto la maggiore ampiezza della materia della tutela della salute rispetto alla precedente definizione (cfr. Corte Cost., 23 giugno 205, n. 270): essa comprende ad esempio l’organizzazione sanitaria e pertanto è oggetto della legislazione di principio adottata dallo Stato e l’organizzazione del servizio farmaceutico in quanto preordinato ad assicurare l’accesso dei cittadini ai prodotti medicinali.

Sulla tutela della salute incidono una serie di materie c.d. trasversali, competenze esclusive statali capaci di legittimare un intervento statale. Sono “trasversali”, cioè capaci di incidere sulla disciplina in materia di salute: la competenza esclusiva statale in materia di livelli essenziali delle prestazioni (art. 117, co. 2 lett. m) e la tutela dell’ambiente.

I livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, individuati dall'art. 117 cost., come sostituito dall'art. 3 l. cost. 18 ottobre 2001 n. 3, tra le materie riservate alla competenza esclusiva dello Stato, non debbono intendersi come una "materia" in senso stretto, ma stabiliscono piuttosto la competenza del legislatore statale idonea ad investire tutte le materie, ponendo le norme necessarie per assicurare a tutti, sull'intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite come contenuto essenziale dei diritti, senza che il legislatore regionale possa limitarle o condizionarle (cfr. Corte Cost. 26 giugno 2002, n. 282). La questione diventa perciò come conciliare una competenza statale trasversale in tema di livelli essenziali delle prestazioni, capace di giustificare una disciplina statale che si spinga fino alle norme di dettaglio, con la competenza concorrente in materia di tutela della salute che limita l’intervento dello Stato alla fissazione dei principi che devono trovare espressione nella disciplina regionale.

La «tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali» legittima inoltre l’esercizio del potere sostitutivo del Governo rispetto agli organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni (art. 120 Cost.).

La scelta di costituzionalizzare la competenza esclusiva statale sulla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni intende porre rimedio al rischio di un’eccessiva frammentazione territoriale della garanzia dei diritti, assicurando un contenuto minimo omogeneo su tutto il territorio nazionale.

Nella storia dell’ordinamento giuridico italiano in materia di salute, i livelli essenziali di assistenza (c. d. LEA) sono stati riempiti di significati diversi. Il vincolo che tali livelli stabiliscono è stato peraltro assunto fin dall’istituzione del SSN (Servizio Sanitario Nazionale), ove si prevedeva che in sede di programmazione sanitaria nazionale – determinata dalla Stato con il concorso delle Regioni – la legge statale fissasse «i livelli delle prestazioni sanitarie che devono essere, comunque, garantite a tutti i cittadini» (art. 3 L. 23 dicembre 1978, n. 833).




2. I livelli essenziali di assistenza

La definizione delle competenze legislative in ambito sanitario non si esaurisce nell'attribuzione della "tutela della salute" alla competenza concorrrente, ma va letta alla luce di altre materie indicate dall'art. 117 Cost., che fondano competenze esclusive statali (o concorrenti Stato-Regioni) che si sovrappongono o intersecano con le norme adottate in sede di disciplina della tutela della salute.

Peculiare rilevanza assumono le materie c.d. trasversali, - poi dette anche "materie non materie" o "materie-obiettivo" - competenze esclusive statali capaci di legittimare un intervento statale anche in ambiti attribuiti alla competenza concorrente o residuale regionale, cui vanno a sovrapporsi, ove - occorre ricordare - una competenza si definisce esclusiva dello Stato quando al livello centrale di governo compete l'emanazione delle norme di principio e di quelle di dettaglio.
Sono tali 
la competenza esclusiva statale in materia di "livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale" (art. 117, co. 2, lett. m, Cost.) e la tutela dell’ambiente (art. 117, co. 2, lett. s, Cost.). 

I livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, individuati dall'art. 117 Cost. tra le materie riservate alla competenza esclusiva dello Stato, non debbono intendersi come una "materia" in senso stretto, ma stabiliscono piuttosto una competenza del legislatore statale idonea ad investire tutte le materie, nelle quali il legislatore deve poter porre le norme necessarie per assicurare a tutti, sull'intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite come contenuto "essenziale" di tali diritti, definendo standard ritenuti coessenziali all'unità nazionale, che il legislatore regionale non può limitare o condizionare (cfr. Corte Cost., 26 giugno 2002, n. 282). 
Tale competenza statale trasversale in tema di livelli essenziali delle prestazioni è dunque capace di giustificare una disciplina statale che si spinga fino alle norme di dettaglio, sovrapponendosi alla competenza concorrente in materia di tutela della salute che viceversa limita l’intervento dello Stato alla fissazione dei principi che devono trovare attuazione nella disciplina regionale.

La «tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali» legittima inoltre l’esercizio del potere sostitutivo del Governo rispetto agli organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni, ove gli stessi non garantiscano il rispetto dei suddetti livelli essenziali (art. 120 Cost.).

La scelta di costituzionalizzare la competenza esclusiva statale sulla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni intende prevenire un’eccessiva frammentazione territoriale della garanzia dei diritti. 
Nella storia dell’ordinamento giuridico italiano in materia di salute, i livelli essenziali di assistenza (c.d. LEA) sono stati tuttavia riempiti di significati diversi. La definizione di livelli omogenei di assistenza per tutto il territorio nazionale è prevista fin dall’istituzione del SSN (Servizio Sanitario Nazionale), ove si prevedeva che in sede di programmazione sanitaria nazionale – determinata dalla Stato con il concorso delle Regioni – la legge statale fissasse «i livelli delle prestazioni sanitarie che devono essere, comunque, garantite a tutti i cittadini» (l. 23 dicembre 1978, n. 833, art. 3).

Più di recente, si è previsto che «le prestazioni sanitarie comprese nei livelli essenziali di assistenza» siano garantite dal Servizio sanitario nazionale «a titolo gratuito o con partecipazione della spesa, nelle forme e secondo le modalità previste dalla legislazione vigente» (d. lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 1, co. 3). Più precisamente è il Piano sanitario nazionale a definire i LEA sulla base delle risorse disponibili (art. 1 co. 2 ss. D. Lgs. 19 giugno 1999, n. 229). I LEA sono, in altre parole, le prestazioni sanitarie che il SSN è obbligato a erogare. Esse comprendo prestazioni sanitarie in senso proprio, ma anche prestazioni di tipo organizzativo e specificano altresì le prestazioni escluse in tutto o in parte dal SSN (es. medicine non convenzionali). Parallelamente alla definizione dei LEA, lo Stato definisce le risorse che sono trasferite alle Regioni al fine di garantirne il finanziamento.

I LEA si configurano come il nucleo essenziale e incomprimibile del diritto alla salute disegnato dall’art. 32 Cost che è il SSN nel suo insieme a dover assicurare, determinando una forma di “autovincolo” del potere pubblico (cfr. R. FERRARA, L'ordinamento della sanità, Giappichelli Editote, Torino, ult. ed.). 

Il carattere obbligatorio dei LEA non esclude che le Regioni possano finanziare, con risorse proprie, prestazioni ulteriori: l'obbligo definito a livello statale intende infatti garantire un livello minimo di assistenza comune a tutto il territorio nazionale, che di per sé concorre alla definizione della salute come "diritto fondamentale", identificandone il "nucleo" incomprimibile, anche se - nei fatti - non tutte le Regioni sono state sinora in grado di garantire l'effettiva erogazione delle prestazioni comprese nella suddetta elencazione statale.

I nuovi LEA da poco approvati con D.P.C.M. 17 gennaio 2017, si segnalano in particolare per l'incremento dei vaccini a carico del SSN, per l'inclusione di cure rivolte a nuove malattie rare e per l'attenzione a temi nuovi, come la procreazione medicalmente assistita. 

Per un approfondimento sulla definizione dei LEA consulta il sito del Ministero della Salute.


Occorre evidenziare come, nel corso della XVII legislatura, alcune Regioni (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna) abbiano avviato il percorso volto all'attuazione di forme "regionalismo differenziato" che investono in particolare il settore sanitario. La Costituzione infatti consente di attivare "forme e condizioni particolari di autonomia" in alcune particolari materie, tra cui appunto la tutela della salute, con l'adozione di una legge statale su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, da approvarsi a maggioranza assoluta e previa intesa tra lo Stato e la Regione stessa (art. 116, co. III, Cost.).

Gli accordi a tal fine redatti prevedono un'autonomia rafforzata per quanto riguarda l'organizzazione sanitaria, che si accompagna a una rimodulazione del finanziamento delle prestazioni, incidendo in particolare sulla compartecipazione degli utenti e sul sistema tariffario e di rimborso.

Per una sintesi degli accordi: F. Pallante, Nel merito del regionalismo differenziato: quali «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia» per Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna?, in Federalismi.it, 20 marzo 2019