Unità 17 - Gli appalti in sanità
Gli appalti in sanità
1. La disciplina dei contratti pubblici.
1.1. Il riparto di competenze legislative in materia di appalti
Per quanto riguarda la competenza normativa delle regioni e degli enti locali in materia di contratti della pubblica amministrazione l'art. 117, co. 5, Cost., attribuisce alle Regioni, nelle materie di loro competenza, il compito di provvedere all'attuazione e all'esecuzione degli atti dell'Unione europea. La competenza legislativa regionale di recepimento delle fonti europee segue pertanto il riparto di competenza legislativa tra Stato e regioni delineato dall'art. 117, co. 2-4, Cost.: il recepimento della normativa europea nelle materie devolute alla competenza legislativa regionale esclusiva avviene pertanto non con fonti statali (legge statale, decreto legislativo...) bensì con leggi o regolamenti regionali; nelle materie di competenza legislativa concorrente la Regione detterà la normativa di dettaglio in conformità ai «principi fondamentali» disciplinati dal legislatore statale; nelle materie di competenza legislativa statale esclusiva, non vi è spazio per le fonti regionali, salva delega del potere regolamentare alle regioni da parte dello Stato ex art. 117, co. 6, Cost.
La materia degli appalti pubblici non è espressamente prevista dall'art. 117, Cost. e pone taluni problemi interpretativi. Se infatti la «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali», la «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» ma soprattutto la «tutela della concorrenza» e l'«ordinamento civile» (art. 117, c. II, lett. e, l, m, s) sono materie (c.d. trasversali o valori costituzionali) di competenza statale esclusiva, sono invece devolute alla competenza legislativa concorrente: «tutela e sicurezza del lavoro; tutela della salute; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» (v. Corte Cost. n. 51/2008).
Ove volesse seguirsi l'interpretazione fornita dalla Corte costituzionale per l'attribuzione della competenza legislativa con riferimento alle materie c.d. trasversali, potrebbe ritenersi che la competenza esclusiva statale debba limitarsi a definire gli standard minimi o i livelli essenziali di tutela dell'ambiente e della concorrenza, con possibilità per le regioni di adottare una normativa di dettaglio più garantista, ponendosi però la questione del riparto della competenza normativa volta a comporre e bilanciare i valori costituzionali di tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali e di tutela della concorrenza qualora siano tra loro in contrasto.
La Corte costituzionale (sentenza 1 ottobre 2003, n. 303) proprio con riferimento alla disciplina statale in tema di grandi opere infrastrutturali, ha fornito un'interpretazione restrittiva della potestà legislativa regionale nel caso in cui le funzioni amministrative siano attribuite allo Stato in applicazione del principio di sussidiarietà verticale di cui all'art. 118, c. I, Cost.: si è affermato che l'allocazione a livello statale delle funzioni amministrative incide sul riparto di competenza legislativa, riservando alla legge statale la disciplina di quelle funzioni. La Corte in tal modo tenta di rimediare alla possibile asimmetria tra funzioni legislative (ripartite ex art. 117 Cost.) e funzioni amministrative (allocate in applicazione del principio di sussidiarietà verticale ex art. 118, co. 1, Cost.) e ribadisce che i "lavori pubblici” «non integrano una vera e propria materia, ma si qualificano a seconda dell'oggetto al quale afferiscono» (forse da intendersi come dimensione territoriale dell'interesse che l'infrastruttura mira a soddisfare), potendo «essere ascritti di volta in volta a potestà legislative esclusive dello Stato ovvero a potestà legislative concorrenti» (cfr. anche Corte Cost., 13 gennaio 2004, n. 9; Corte Cost., 26 gennaio 2004, n. 36).
La più recente giurisprudenza costituzionale pare limitare la possibilità di una disciplina regionale di dettaglio in materia di contratti pubblici ove riconduce la fase di scelta del contraente alla materia «tutela della concorrenza» e la fase di esecuzione del contratto alla materia «ordinamento civile», escludendo la legittimità costituzionale di una disciplina regionale differenziata in materia di collaudo (Corte Cost. n. 401/07 e n. 431/07; ma cfr. già Corte Cost. n. 354/04) e lasciando tuttavia spazio alla disciplina regionale in ordine alla composizione e al funzionamento delle commissioni di gara (Corte Cost. n. 401/07 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dei commi 2, 3, 8 e 9 dell'art. 84, Codice dei contratti pubblici, recanti norme sulle funzioni, sulla composizione e sulla modalità di nomina dei componenti della Commissione giudicatrice incaricata di esprimersi nell'ipotesi di aggiudicazione con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, nella parte in cui non è stato previsto che dette norme abbiano carattere suppletivo e cedevole rispetto ad una divergente normativa regionale che abbia già diversamente disposto o che disponga per l'avvenire) e alla determinazione dell'efficacia ai fini urbanistici dell'approvazione dei progetti di opere pubbliche (Corte Cost. n. 401/07).
Gli istituti giuridici del Codice dei contratti pubblici e del relativo regolamento attuativo che attengono alla tutela della concorrenza, all'ordinamento civile o ad altra materia devoluta alla competenza normativa statale esclusiva (ex art. 117, c. II, Cost.) sono cogenti per le regioni e gli enti territoriali (art. 114 Cost.) e locali, residuando la possibilità di differenziazione della normativa di dettaglio tra regione e regione per i profili non concernenti tali materie (cfr. Corte Cost. 1 ottobre 2003, n. 302 sui sistemi di qualificazione delle imprese offerenti e Corte Cost. n. 401/07) e di adozione di un proprio capitolato generale ove si ritenga di non richiamare espressamente quello statale.
Le conclusioni raggiunte paiono valide sia per la disciplina sugli appalti pubblici di rilievo europeo (c.d. sopra soglia, poiché disciplinata dalle direttive UE e dalle norme nazionali di recepimento) che per quella, esclusivamente nazionale, sugli appalti pubblici di valore economico inferiore alla c.d. soglia comunitaria, poiché si riferiscono ad un riparto di competenze interno all'ordinamento nazionale le cui fonti, siano esse regionali o statali, sono tenute al rispetto «dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario» (art. 117, c. I, Cost.).
Gli enti territoriali, nell'esercizio della propria autonomia costituzionalmente protetta (art. 114 Cost.), e gli altri enti locali possono adottare regolamenti che ne disciplinano l'attività contrattuale (dalle modalità di scelta del contraente alla stipulazione ed esecuzione dei contratti) in conformità al diritto europeo e alla disciplina nazionale, statale o regionale; i regolamenti degli enti territoriali e locali contrastanti con la disciplina europea e nazionale di recepimento risultano invalidi. Il mancato o l'inesatto recepimento della normativa comunitaria o l'inosservanza dei principî fondamentali dettati dalla legislazione statale da parte delle regioni, ovvero l'adozione di una normativa non conforme al diritto europeo, statale o regionale ad opera degli enti territoriali e locali può determinare l'esercizio del potere sostituivo dello Stato di cui all'art. 120, c. II, Cost. o della Regione (o dell'ente territoriale di livello superiore) ove normativamente previsto.