Unità 6 Il diritto alle cure sanitarie: i modelli di tutela della salute, l’istituzione del Servizio sanitario nazionale e l’articolazione amministrativa delle competenze
All’entrata in vigore della Costituzione non è seguita almeno
inizialmente, l’attuazione del diritto alla salute in senso
universalistico. La parità di trattamento dei cittadini di fronte alla
tutela della salute si afferma, infatti, solo col riconoscimento come
principio ispiratore del Servizio Sanitario Nazionale ( L. 23 dicembre 1978, n. 833).
Il
modello vigente fino agli anni sessanta prevede piuttosto una tutela
assicurativo – previdenziale dei lavoratori, secondo i principi di cui
all’art. 38 Cost.
Il carattere “volontaristico-caritatevole” del
sistema sanitario italiano comincia ad essere superato solo con la c.d.
legge di riforma ospedaliera che istituisce gli enti ospedalieri (c. d.
legge Mariotti – legge 12 febbraio 1968, n. 132), poi con la
soppressione degli enti mutualistici (L. 17 agosto 1974, n. 386 e della
L. 29 giugno 1977, n. 349).
E’ solo con la legge istitutiva del
Servizio sanitario nazionale che si supera il sistema mutualistico con
piena attuazione della Costituzione (legge 23 dicembre 1978, n. 833): la
riforma anzi va persino oltre il dettato costituzionale, prevedendo che
il diritto alla salute – che «La Repubblica tutela come fondamentale
diritto dell’individuo e interesse della collettività»: sia garantito «a
tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o
sociali». La garanzia del diritto alla salute si afferma perciò in
maniera universalistica.
L’obbligo di tutela del diritto alla salute
(fisica e psichica) è posto dunque in capo alla Repubblica, attraverso
tutte le sue articolazioni (Comuni, Città metropolitane, Province,
Regioni e Stato: art. 114, co. 1º, Cost.).
La sua attuazione deve
conformarsi al rispetto della dignità e della libertà della persona
umana, con ciò richiamando tanto i diritti inviolabili dell’uomo (art. 2
Cost.), tanto il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), nel senso
dell’obbligo di apportare un apolitica sanitaria che soddisfi
l’uguaglianza sostanziale dei cittadini.
Nel tempo il Servizio
sanitario nazionale è stato interessato da importanti riforme attraverso
vari provvedimenti normativi tra cui: il D. Lgs. 30 dicembre 1992, n.
502 di riordino del servizio nazionale e il D. Lgs. 19 giugno 1999, n.
229.
Il primo perseguiva anzitutto finalità di contenimento della
spesa sanitaria, oltre che di riduzione della politicizzazione nella
gestione della sanità: configurando le Usl come enti regionali, la
riforma dà avvio al processo che ha visto, per tutto il decennio
successivo la progressiva sottrazione della gestione ai comuni e
l’introduzione delle “aziende” come modello gestionale (c. d.
aziendalizzazione), secondo un processo che giunge a compimento con il
successivo D. Lgs. 19 giugno 1999, n. 229.
Da segnalare, sin da ora,
è inoltre la c. d. riforma del titolo V parte seconda della
Costituzione (L. cost. 18 ottobre 2001, n. 3), che individua la “tutela
della salute” come materia di competenza concorrente Stato-Regioni (art.
117, co. 3º Cost.), ove dunque spetta allo Stato la fissazione dei
principi fondamentali della materia e alle Regioni la relativa
attuazioen con norme legislative e regolamentari.
Pur confermando la
competenza concorrente (o ripartita) già prevista dall’assetto
previgente, la riforma rileva anzitutto per il superamento della
locuzione «assistenza sanitaria e ospedaliera», con individuazione della
più ampia nozione di tutela della salute, che di per sé è idonea a
ricomprendere.
Contemporaneamente, con la riforma del titolo V lo
Stato attrae alla propria competenza esclusiva la «determinazione dei
livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e
sociali, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale»
(art. 117 co. 2º lett. m Cost.).
L’evoluzione italiana del modello di
tutela del diritto alla salute sopra delineato può perciò essere
ricondotto principalmente a tre modelli di tutela: un modello di
assicurazione volontaria, un modello di assicurazione sociale e un
modello di Servizio sanitario nazionale.
Il modello di assicurazione
volontaria si caratterizza per l’assenza di alcun tipo di obbligatorietà
nei confronti dei cittadini, distinguendosi in questo dagli altri due
modelli. Ciascun individuo può liberamente decidere se assicurarsi o
meno con un soggetto privato che provvederà a garantire la prestazione
di cura direttamente o attraverso il rimborso di cure erogate da
soggetti da esso indipendenti. Questo modello è stato operativo in
Italia fino ai primi anni Quaranta. I cittadini potevano scegliere se
iscriversi ad una cassa di mutuo soccorso o al registro comunale degli
indigenti. Le società mutualistiche garantivano un’indennità ai propri
iscritti nel caso di perdita anche temporanea del lavoro.
Il modello
di assicurazione sociale di malattia si caratterizza invece per essere
un sistema legato alla sfera lavorativa dell’individuo. Infatti la legge
obbliga gli individui alla contribuzione di una cassa di malattia.
Questo modello è stato utilizzato in Italia fino al 1978, anno
istitutivo del Servizio sanitario nazionale.
Infine il modello di
Servizio sanitario nazionale si caratterizza per essere finanziato
attraverso il gettito fiscale e a differenza degli altri due modelli
questo presuppone una garanzia all’intera popolazione. Con questo
modello lo Stato si impegna a fornire direttamente le prestazione ai
suoi cittadini. Questo sistema comincia a subire alcune modifiche nei
primi anni Novanta.
1. I modelli organizzativi di sistema sanitario
1.2. Il modello di assicurazione volontaria. La tutela della salute negli Stati Uniti d'America
Ogni prestazione sanitaria non assicurata dovrà essere pagata integralmente dall’utente, anche qualora la mancata assicurazione sia dipesa da impossibilità economica. l’assenza dell’universalismo nell’accesso alle cure distingue perciò il modello di assicurazione volontaria da quello del “servizio sanitario nazionale” italiano. Non tutte le tipologie di prestazioni mediche sono infatti coperte dall’assicurazione; le polizze possono escludere dal rimborso alcune prestazioni, prevedere franchigie, massimali, compartecipazione alle spese o limiti alla scelta del fornitore.
Negli Stati uniti d’America il modello di “assicurazione volontaria” è stato nel tempo adottato per la maggioranza della popolazione, benché con alcune riforme recenti (c.d. “Obamacare”) si sia tentato di estendere il novero di coloro inclusi in programmi di assistenza finanziati con risorse pubbliche (Medicaid e Medicare).
Il governo federale interviene in particolare direttamente con il programma Medicare, nell’ambito del quale sono destinati fondi al finanziamento della copertura assicurativa di talune categorie di popolazione (specialmente gli ultrasessantacinquenni e giovani disabili), tuttavia coloro ai quali sono prescritti farmaci ad alto costo possono trovarsi a dover sopportare una spesa di migliaia di dollari l’anno, anche quando l’assicurazione rimborsi gran parte della spesa per la terapia. In ciò il modello assicurativo volontaristico si differenza tradizionalmente dal modello italiano del “servizio sanitario nazionale” in cui le cure essenziali sono garantite indipendentemente dalle condizioni economiche individuali.
Nel modello statunitense, dove operano compagnie di assicurazioni for profit e no profit, è prevista per quanti non siano coperti dai predetti programmi pubblici la possibilità di sottoscrivere una polizza assicurativa sanitaria attraverso il proprio datore di lavoro oppure individualmente.
Nel 2010, per favorire la riduzione del numero delle persone non assicurate, perciò senza copertura sanitaria, la già richiamata riforma Obama del Patient Protection and Affordable Care Act (PPACA) ha previsto che, a partire dal 2014, ogni Stato avrebbe dovuto istituire un proprio «health insurance marketplace», per una regolazione più forte del mercato assicurativo; all’interno di queste borse assicurative on line le assicurazioni sono tenute ad offrire polizze che coprono cure essenziali e non possono rifiutare l’iscrizione agli individui particolarmente a rischio. Centrale nelle modifiche apportate al modello statunitense è il principio dell’individual mandate che ha imposto a tutti i cittadini (salvo alcune deroghe per ragioni di reddito) di acquistare un’assicurazione sanitaria per le più importanti prestazioni sanitarie (minimum essential coverage). La riforma ha introdotto il principio del community rating secondo cui le compagnie di assicurazioni devono offrire le stesse condizioni contrattuali senza distinzione per fascia d’età, genere o condizioni di salute. Si è inoltre prevista un’espansione dei programmi pubblici di assicurazione Medicare e Medicaid per le fasce più deboli della popolazione.
Con la riforma Obama non è dunque più consentito alle compagnie di rifiutare una nuova polizza o negarne il rinnovo ai soggetti considerati più a rischio (anzitutto quelli con patologie gravi, croniche o degenerative).
La legge di riforma è stata sottoposta all’esame della Corte Suprema in seguito ai ricorsi presentati alle Corti federali da numerosi Stati e da numerose associazioni e individui, anzitutto sulla base della presunta violazione del riparto di competenze. Il caso National Federation of Independent Business v. Sebelius è arrivato così fino alla Corte suprema che ha affrontato le questioni della costituzionalità dell’obbligo di assicurazione medica (individual mandate) e dell’imposizione agli Stati di estendere a favore della popolazione con redditi bassi le coperture del programma Medicaid (Medicaid coercion); nel 2012 la Corte si è espressa ritenendo che non sussistano profili di incostituzionalità riguardo al primo quesito e dichiarando solo parzialmente incostituzionale il secondo.
Nonostante i successivi recenti tentativi di abrogazione da parte dell’amministrazione Trump (2017), la riforma Obama è tutt’ora vigente. V'è da dire, tuttavia, che il c.d. individual mandate è stato significativamente svuotato di effettività atteso che la violazione dell'obbligo assicurativo comporta una sanzione amministrativa di dollari 0.