Unità didattica I - La condizione giuridica dello straniero


Il diritto dell'immigrazione è disciplinato da fonti di più ordinamenti: nazionale, europeo ed internazionale, riconducibili a più settori del diritto (civile, penale, amministrativo) che conducono all'individuazione di un quadro giuridico multiforme.


Più in generale, volendo tentare una definizione unitaria il "diritto dell'immigrazione” può dirsi comprendere il complesso di norme atte a disciplinare un insieme di persone accomunate da una unica qualificazione: quella di straniero.

I.4. La condizione di reciprocità

Il principio di reciprocità prevede che lo straniero sia ammesso a godere dei diritti civili attribuiti al cittadino solo nel caso in cui il godimento del medesimo diritto sia garantito al cittadino italiano nel Paese di origine dello straniero.
In generale, il principio di reciprocità si distingue in tre distinte tipologie: diplomatico, legislativo o c.d. di fatto. Nel primo caso la regolamentazione del trattamento dello straniero è demandata a un trattato internazionale stipulato tra l'Italia e lo Stato estero, mentre nel secondo caso, ai fini dell'applicazione della condizione in esame, si deve procedere ad una verifica della normativa estera per accertare l'esistenza di una disciplina analoga a quella prevista dalla legislazione italiana in un dato settore.
Infine, si ha reciprocità di fatto quando la verifica di cui sopra ha per oggetto la ricerca di prassi, consuetudini e giurisprudenza che possano dimostrare l'analogia tra il trattamento riservato al cittadino straniero in Italia e dell'italiano all'estero.
Inoltre, ai fini dell'applicazione della condizione di reciprocità, la comparazione tra la legislazione nazionale e quella estera può limitarsi all'individuazione di una mera somiglianza tra le normative (c.d. generica), oppure porre in essere un raffronto globale dei due ordinamenti (c.d. generica in senso lato) ovvero pretendere una ricerca puntuale e precisa di uguaglianza nella normativa estera (cd punto per punto).
L'art. 16 delle Preleggi disciplina una condizione di reciprocità c.d. di fatto e richiede che sia posta in essere una comparazione di tipo generico tra le legislazioni.
Ai fini della determinazione della sussistenza della condizione di reciprocità non pare sia necessario che la corrispondenza tra gli ordinamenti sia puntuale e precisa, ma risulta sufficiente l'accertamento del riconoscimento del diritto di cui si tratta, non rilevando in tal caso la eventuale differenza di attuazione del diritto stesso. Occorre, infine, evidenziare che l'onere della prova circa l'accertamento della reciprocità tra l'Italia ed il Paese estero grava sullo straniero che intende giovarsi della condizione: non trattandosi della individuazione della legge da applicarsi nel caso concreto, ma piuttosto della determinazione del trattamento spettante al cittadino italiano nel Paese straniero, non può, in tal caso, trovare applicazione il principio juris novit curia.
Per poter correttamente circoscrivere l'odierno ambito di applicazione del principio di reciprocità con riferimento alla condizione dello straniero, occorre analizzare il rapporto che intercorre tra l'art. 16 delle Preleggi, entrato in vigore nel 1942 insieme al testo del Codice Civile, ed il dettato della Carta Costituzionale, redatto in epoca successiva.
Sebbene non sia mai stato dichiarato un pieno contrasto tra il principio in esame e le disposizioni costituzionali, sin dall'entrata in vigore della Costituzione, si è affermata una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 16 delle Preleggi che ne ha fortemente limitato l'ambito di applicazione.
In primo luogo, non è subordinato alla verifica della condizione di reciprocità il godimento di tutti i diritti inviolabili di cui all'art. 2 Cost., che deve essere garantito a tutti gli individui, indipendentemente dal loro status e prescindendo da eventuali trattamenti contrari riservati ai cittadini italiani nei Paesi di origine degli stranieri presenti in Italia.
Inoltre, l'esistenza della condizione di reciprocità nel nostro ordinamento ha sempre rappresentato un concreto ostacolo per gli stranieri, anche se regolarmente residenti sul territorio nazionale, all'accesso alle professioni, all'imprenditoria e al lavoro autonomo, ponendosi in contrasto con le politiche di integrazione poste in essere in favore dei migranti. L'entrata in vigore del Testo Unico Immigrazione ha tentato di porre rimedio a tale situazione.
L'art. 2 del Testo Unico Immigrazione, infatti, oltre a ribadire il pieno riconoscimento dei diritti inviolabili dell'uomo a tutti gli stranieri, indipendentemente dal loro status e dalla regolarità o meno dell'ingresso o del soggiorno sul territorio nazionale, al suo secondo comma, equipara lo straniero regolarmente soggiornante in Italia al cittadino italiano ai fini del godimento dei diritti civili, salvi i casi in cui la legge ovvero le convenzioni internazionali dispongano diversamente.
A ciò si aggiunga che, qualora lo stesso Testo unico ovvero le convenzioni internazionali facciano riferimento alla condizione di reciprocità, il suo accertamento è demandato ai criteri ed alle modalità previsti dal D.P.R. del 31 agosto 1999 n. 394, regolamento recante le norme di attuazione del T.U. Immigrazione, ove l'accertamento di tale condizione è di competenza del Ministero degli affari esteri (D.P.R. n. 394 del 1999, cit. art. 1, co. 1). Tuttavia, dal tenore del secondo comma della norma in esame si evince che la condizione di reciprocità nel godimento dei diritti civili trova applicazione solo nei confronti degli stranieri non già regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale.
Ne risulta un ambito di applicazione fortemente compresso tanto da rendere tale condizione mera eccezione.

APPROFONDIMENTO 2 - Giornalismo e reciprocità