Unita didattica II - Ingresso


II. 3 I divieti di ingresso

Per fare ingresso in modo regolare si devono soddisfare le condizioni indicate nel paragrafo precedente (avere il passaporto, visto, mezzi di sussistenza, etc.). Nella normativa italiana d.lgs. 286 del 1998, art. 4,  co. 3, cit. prevede un divieto di ingresso qualora lo straniero sia stato condannato – anche con sentenza non definitiva- e anche a seguito di patteggiamento per determinati titoli di reato:

  • quelli per cui è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza (art. 380 c.p.p.);
  • quelli in materia di stupefacenti (D.P.R. 309 del 09 ottobre 1990);
  • quelli concernenti la libertà sessuale;
  • quelli di favoreggiamento dell’immigrazione e dell’emigrazione clandestina (previsti al d.lgs. 286 del 1998, art. 12, cit.);
  • i reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite.

Tale divieto si ricollega al requisito essenziale per l'ingresso di non essere considerato una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. Il divieto di ingresso anche con sentenza non definitiva è stato introdotto dalla l. 94 del 15 luglio 2009. Va però ricordato che precedentemente la giurisprudenza amministrativa aveva già ritenuto sufficiente una condanna non definitiva. Il legislatore ha quindi fatto proprio l’orientamento più restrittivo della giurisprudenza.

Questo divieto solleva numerose perplessità per l'ampia portata dei casi considerati. In particolare l'inclusione dei reati di cui all'art. 380 c.p.p. che comprende una lunga lista di fattispecie criminose molto diverse, accomunate dal fatto di consentire agli ufficiali di polizia giudiziaria di procedere all'arresto. Parimenti il riferimento ai reati in materia di stupefacenti determina un effetto preclusivo all'ingresso tanto per chi viene condannato per traffico internazionale di stupefacenti che per chi viene trovato in possesso di una piccola quantità di sostanze stupefacenti.

Il divieto di ingresso sussiste anche nel caso di condanna con sentenza passata in giudicato per violazione della normativa sulla tutela dei diritti d’autore (l. 633 del 22 aprile 1941) e degli artt. 473 (contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ) e 474 c.p. ( introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi). Anche questa previsione è stata introdotta dalla l. 94 del 2009, cit.. Nel 2002 era già stata prevista la revoca del permesso di soggiorno per lavoro autonomo qualora lo straniero fosse stato condannato in via definitiva per gli stessi reati (d.lgs. 286 del 1998, 26 bis, cit.),

Il divieto di ingresso consegue automaticamente alla condanna (definitiva o no), non vi è alcuna possibile discrezionalità amministrativa. Tale automatismo è del tutto svincolato dalle caratteristiche del fatto di reato (di rilevante o lieve gravità) o della condanna (sospesa condizionalmente o meno).

Su questi cd. automatismi espulsivi sono state sollevate più volte questioni di legittimità costituzionale, sempre respinte dalla Corte Costituzionale.

APPROFONDIMENTO III - LA CORTE COSTITUZIONALE SUGLI AUTOMATISMI ESPULSIVI

Questi divieti non sono così assoluti in caso di ricongiungimento famigliare, secondo quanto prevede il d.lgs. 286 del 1998, art. 4, co. 3, ultima parte. In questo caso, infatti “lo straniero per il quale è richiesto il ricongiungimento familiare, ai sensi del d.lgs. 286 del 1998, art. 29, cit., non è ammesso in Italia quando rappresenti una minaccia concreta e attuale per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone”. In questo caso non c’è alcun automatismo ed è la Pubblica Amministrazione a dover valutare se lo straniero rappresenta una minaccia. Di recente la Corte Costituzionale è intervenuta in materia di soggiorno (vedi Unità didattica III) con la sentenza n. 202 del 2013 affermando che ogni qual volta rilevi il diritto al rispetto della vita familiare l’espulsione amministrativa deve contemperare l’interesse della collettività alla sicurezza con l’interesse dello straniero e dei suoi familiari alla prosecuzione del soggiorno. Tale principio stabilito in materia di soggiorno, potrebbe portare la giurisprudenza a diverse valutazioni anche nel caso di primo ingresso.