Unita didattica II - Ingresso


APPROFONDIMENTO I - MOLTI STRANIERI, MOLTE PAROLE

Le parole che si usano dicono molto di chi le usa ma definiscono ciò di cui si parla o scrive. Sono vettori di significazione. Molte sono le parole usate dal legislatore per definire chi migra: straniero, apolide, regolarmente soggiornante e non regolarmente soggiornante, richiedente asilo, rifugiato, titolare di protezione internazionale. A queste si aggiungono le parole della vita quotidiana: migrante, immigrato, extracomunitario, clandestino, illegale, irregolare, profugo, migrante ambientale e migrante economico. Si tratta di parole che hanno subito evoluzioni nel tempo e in alcuni casi non hanno significati precisi ma prevalentemente evocativi.

Innanzitutto ci sono le parole delle norme. La normativa in materia di immigrazione contenuta nel d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” si applica ai cittadini di Stati non appartenenti all’Unione Europea e agli apolidi, cioè coloro che non posseggono la cittadinanza di alcuno Stato, definiti nella legge come stranieri. Lo straniero è quindi definito in negativo come colui che non è cittadino europeo. In modo analogo alla normativa italiana anche la Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen, primo atto normativo che ha dato avvio alla libera circolazione dei cittadini europei e all’abolizione delle frontiere interne, a cui l’Italia ha aderito nel 1990, definisce lo straniero come “chi non è cittadino di uno Stato membro delle Comunità europee”.

La normativa italiana in materia di immigrazione regola la condizione giuridica sia dello straniero regolarmente soggiornante, cioè di colui che è titolare di un permesso di soggiorno e ha titolo per rimanere in Italia, sia dello straniero irregolarmente soggiornante, privo di tale titolo. In ogni caso è bene ricordare che a tutti gli stranieri sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni internazionali e dai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti (art. 2 d.lgs. 286/1998). Tra i migranti regolari si distinguono i lungo soggiornanti, titolari di un permesso di soggiorno permanente, e i migranti ‘a tempo determinato’, titolari di un permesso di durata definita (per lavoro o per ragioni famigliari) e gli stagionali, regolari se rispettano quanto previsto relativamente al loro ingresso e uscita dal Paese, in genere legato a prestazioni lavorative specifiche. All’interno della categoria dei lavoratori, oltre agli stagionali, la legge differenzia i lavoratori altamente qualificati che beneficiano spesso di regole speciali improntate a particolare speditezza e favore per il loro ingresso.

Il richiedente asilo o più correttamente il richiedente protezione internazionale è invece colui che ha fatto domanda di protezione internazionale in un paese diverso da quello di residenza. La sua condizione è disciplinata dal d.lgs. 18 agosto 2015, n. 142. Lo status di rifugiato, la cui definizione si deve alla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, è la condizione di colui che per timore di essere perseguitato per la sua razza, religione, cittadinanza, appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, non può o non vuole domandare la protezione del suo Stato di cittadinanza e si trova fuori dallo stesso. Il titolare di protezione internazionale è colui a cui è stato riconosciuto lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria, la seconda forma di protezione internazionale riconosciuta dal legislatore europeo.

Questi costituiscono i termini fondamentali della materia in uso da parte del legislatore. Ma non sono le uniche parole usate per definire il non cittadino italiano. Nel linguaggio quotidiano, ma anche nel discorso pubblico e mediatico, sono in uso altri termini per individuare il cittadino straniero.

Tabella  – Le parole che individuano il non cittadino

Le parole del legislatore

Le parole del discorso pubblico e mediatico

Apolide;

Lavoratore altamente qualificato;

Lungo soggiornante;

(Non) regolarmente soggiornante;

Richiedente asilo;

Richiedente protezione internazionale;

Rifugiato;

Straniero;

Titolare protezione internazionale.

Clandestino;

Extracomunitario;

Illegale;

Irregolare

Immigrato;

Migrante;

Migrante ambientale;

Migrante economico;

Profugo.

 

Il migrante è colui che si trova al di fuori del proprio paese di origine stabilmente o temporaneamente. Nel linguaggio corrente è diventato un termine di uso frequente, tendenzialmente onnicomprensivo, sebbene semanticamente più adatto a sottolineare la dimensione circolare della migrazione: i movimenti delle persone, temporanei o a lungo termine, sono sempre più di frequente movimenti fluidi e sempre meno esclusivamente percorsi di partenza da un luogo e di arrivo in un paese di destinazione definitivo.

Il cittadino proveniente da un paese al di fuori dell’Unione Europea viene denominato, a volte indifferentemente, immigrato o extracomunitario. Il termine immigrato, in contrapposizione a emigrante, sottolinea la condizione di chi si trova in un paese diverso da quello di origine perché vi si è trasferito per ragioni prevalentemente di studio o di lavoro.

Extracomunitario, infine, indica i cittadini non appartenenti all’Unione Europea. È un termine nato dal linguaggio burocratico europeo e ha oggi assunto, nel senso comune e nel discorso pubblico, un’accezione negativa. Infatti è utilizzato per indicare il soggetto straniero marginale, fonte di problemi sociali (extracomunitario non è mai usato per individuare il turista americano o l’imprenditore svizzero).

Indifferentemente, in qualità di sinonimi si usano anche i termini di clandestino, irregolare o illegale, sebbene abbiano delle loro specificità. Il termine illegale indica qualcosa o qualcuno al di fuori della legge, è un termine generico dai connotati dispregiativi. Il clandestino è chi ha fatto ingresso nel paese di destinazione violando le regole che ne disciplinano l’ingresso. Non ha alcun titolo per entrare nel paese né tantomeno per soggiornarvi. È un termine antico che richiama l’idea di fare qualcosa di nascosto, in segreto, in contrarietà a una norma. Erano clandestini e stavano in clandestinità coloro che lottavano contro il fascismo durante la Seconda guerra mondiale. Clandestino è usato oggi nel linguaggio mediatico in modo dispregiativo ma anche in espressioni del linguaggio tecnico-giuridico (l’immigrazione clandestina) e «il tratto semantico primario di 'segreto, nascosto' sembra scivolare sempre più verso quello di 'fuorilegge, criminale'» (Setti, 2011).

Infine, lo straniero irregolare (nella terminologia internazionale il cd. overstayer) indica colui che, entrato regolarmente in un paese, vi permane senza un valido titolo giuridico. Infine, profugo, un termine dell’italiano antico che non ha corrispondenze in altre lingue (cfr. www.iate.europa.eu), indica coloro che perseguitati cercano rifugio in un altro paese (i rifugiati), così come coloro che si sono dovuti allontanare dal luogo in cui vivono per guerre, calamità naturali e si sono mosse all’interno del paese (gli sfollati, i profughi interni, le internally displaced persons nel linguaggio internazionale). Il termine ha assunto un significato generico nel lessico corrente, anche in relazione all’affermarsi nel linguaggio ufficiale dopo la Convenzione di Ginevra (1951) del terminato rifugiato. Profugo rimane quindi un termine solo italiano e generico: «proprio questa unicità dell’italiano ha prestato il fianco a usi distorti e discriminatori, con sovrapposizioni strumentali fino, nei casi peggiori, a far passare come sinonimi le parole profugo e clandestino» (Setti, 2017); al plurale, in modo spersonalizzante se non dispregiativo si usa spesso come indicativo di una moltitudine che si affaccia ai nostri confini. A questo proposito l’analisi effettuata dall’Associazione Carta di Roma (2019, pp. 21 – 25) sui titoli dei quotidiani nazionali italiani dal 2013 all’ottobre 2019 evidenzia uno svuotamento di significato dei termini, usati come sinonimi e soprattutto una crescente disumanizzazione: i termini profugo e rifugiato in un numero limitato di casi si riferiscono a individui e tende a prevalere un riferimento, in negativo, alla categoria o direttamente una sovrapposizione con il problema, a volte amministrativo, altre economico e infine di salute pubblica, ma tutti i frame sono accomunati dalla spersonalizzazione.

Di recente è sempre più frequente l’uso di migrante ambientale, a sottolineare chi fugge da condizioni climatiche proibitive o disastri ambientali; giuridicamente è una figura discussa non ancora pacificamente individuata come titolare di protezione internazionale.

Nel lessico corrente, infine, c’è il migrante economico, colui che migra per migliorare la propria condizione di vita. Termine ambivalente, neutro di per sé, ma usato nel passato con una accezione positiva in contrapposizione con clandestino: il migrante economico era il lavoratore, mentre il clandestino era il soggetto che viveva in qualche modo di espedienti. Prima lentamente e poi in modo sempre più pronunciato a partire dal 2011 e soprattutto dal 2015 con la cd. crisi dei rifugiati, il migrante economico è spesso usato in contrapposizione con il termine rifugiato per identificare chi non è costretto a lasciare il proprio paesi di origine per fuggire da situazioni di pericolo, e che non è quindi meritevole di protezione. Colui che era un tempo lavoratore è oggi falso richiedente asilo e quindi simile a un clandestino.