Unita didattica II - Ingresso


APPROFONDIMENTO III - LA CORTE COSTITUZIONALE SUGLI AUTOMATISMI ESPULSIVI

Numerose volte (Corte Cost. n. 9/2005; Corte Cost. n. 414/2006; Corte Cost. n. 143/2006) la Corte Costituzionale aveva dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni sottoposte o aveva rimesso gli atti al giudice a quo.

Si pronuncia invece nel 2008 con la sentenza n. 148.

Il caso riguardava un cittadino marocchino, regolarmente residente in Italia per motivi di lavoro che nel 2004 era stato condannato, a seguito di patteggiamento per il reato di cessione di stupefacenti, a otto mesi di reclusione e a duemila euro di multa. Il giudice penale, ritenendo il reo non pericoloso, gli aveva concesso la sospensione condizionale della pena. Nonostante il giudizio di non pericolosità del giudice, il questore aveva dovuto applicare l’automatismo e negare al reo il rinnovo del permesso di soggiorno.

La Corte afferma che “la regolamentazione dell’ingresso e del soggiorno dello straniero nel territorio nazionale è collegata alla ponderazione di svariati interessi pubblici, quali, ad esempio, la sicurezza e la sanità pubblica, l’ordine pubblico, i vincoli di carattere internazionale e la politica nazionale in tema di immigrazione, e che tale ponderazione spetta in via primaria al legislatore ordinario, il quale possiede in materia un’ampia discrezionalità (...) deve escludersi che sia manifestamente irragionevole condizionare l’ingresso e la permanenza dello straniero nel territorio nazionale alla circostanza della mancata commissione di reati di non scarso rilievo.

La Corte precisa inoltre che la presunzione di pericolosità su cui si fonda l’automatismo espulsivo, non è una previsione irragionevole in campo amministrativo (quale sarebbe se riguardasse l’ambito penale, come affermato dalla Corte Costituzionale in altre sentenze, cfr. 58/1995) perché è “un riflesso del principio di stretta legalità che permea l’intera disciplina dell’immigrazione e che costituisce, anche per gli stranieri, presidio ineliminabile dei loro diritti, consentendo di scongiurare possibili arbitri da parte dell’autorità amministrativa”.

La Consulta si è nuovamente pronunciata con la sentenza 277 nel 2014 nuovamente su un caso inerente la normativa in materia di stupefacenti.

La Corte nuovamente respinge la questione esprimendosi in modo molto chiaro e sottolineando la ratio legis dietro l'automatismo espulsivo per casi così diversi.

La Corte afferma: "Nel delineare le condizioni ostative collegate al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno in dipendenza di condanne penali, la scelta del legislatore è stata quella di dar vita ad un sistema “bipartito” basato sulla enucleazione di due criteri concorrenti di natura compositaIl primo, di tipo misto, riferito ai casi per i quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza; disciplina, quest’ultima, che, a sua volta, risulta costruita (art. 380, commi 1 e 2, c.p.p.) su base in parte “quantitativa”, raccordata, cioè, alla pena prevista dalla legge, e, in parte, qualitativa, ragguagliata, quindi, alla specificità dei titoli di reato. L’altro paradigma, del tutto peculiare, riferito non già ad una rassegna quantitativa, basata sulla pena, né ad una indicazione qualitativa fondata su specifiche fattispecie delittuose, ma calibrato in funzione di “tipologie” di reati, individuati ratione materiae e raggruppati, per così dire, all’interno di complessi normativi delineati solo attraverso il richiamo ai relativi “settori di criminalità” . Da tale ricostruzione normativa consegue che sia evidente “l’intendimento del legislatore di assumere a paradigma ostativo non certo la gravità del fatto in sé e per sé considerata … quanto la specifica natura del reato, riposando la sua scelta su una esigenza di conformazione agli impegni di inibitoria di traffici riguardanti determinati settori reputati maggiormente sensibili”.