Unità didattica IV - Ingresso e soggiorno per lavoro
5. IV.5. L'ingresso e soggiorno per lavoro autonomo
L’ingresso sul territorio nazionale per motivi di lavoro autonomo è regolato dal d.lgs. 286 del 1998, cit. art. 26 e dalla relativa norma regolamentare, D.P.R. 394 del 1999, cit., art. 39.
Tali disposizioni consentono l’ingresso nel territorio italiano, nell’ambito delle quote previste dai decreti flussi, dei cittadini stranieri che intendano svolgere un’attività non occasionale di lavoro autonomo, intendendosi come tale ogni attività industriale, professionale, commerciale o artigianale o la costituzione di società di persone o capitali, nonché l’accesso a cariche societarie.
La disciplina dedicata ai lavoratori autonomi prevede condizioni estremamente restrittive che generalmente scoraggiano la mobilità finalizzata all’esercizio di professioni. Il d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 26, co. 1 sancisce in primo luogo un limite generale, precludendo l’autorizzazione all’ingresso per motivi di lavoro autonomo qualora l’attività che si intende svolgere sia riservata dalla legge ai soli cittadini italiani .
Il lavoratore autonomo che intende fare ingresso in Italia deve poi dimostrare di rispettare tutte le condizioni previste dalla norma citata, ovvero:
- disporre di una idonea sistemazione alloggiativa e di un reddito annuo proveniente da fonti lecite, di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge per l’esenzione dalla spesa sanitaria;
- essere in possesso dei requisiti previsti dalla legge italiana per l’esercizio delle singole attività, compresi, ove richiesti, i requisiti per l’iscrizione in albi e registri.
In particolare, deve essere in possesso di una attestazione dell’autorità competente, in data non anteriore a tre mesi dall’ingresso, che dichiari che non sussistano motivi ostativi al rilascio dell’autorizzazione o della licenza prevista per l’esercizio dell’attività che intende svolgere (ad esempio, qualora lo svolgimento dell’attività che il cittadino straniero intende esercitare sia subordinato all’iscrizione ad un ordine professionale, l’attestazione dovrà essere rilasciata dall’ordine stesso ), oltre a dimostrare di disporre di risorse adeguate per l’esercizio dell’attività che intende intraprendere in Italia. Tale ultimo requisito, non è tuttavia richiesto a coloro che intendono esercitare l’attività di ambulante e per ricoprire la carica di socio o amministratore di una società cooperativa già avviata. Secondo la giurisprudenza, inoltre, con riferimento alle società non ancora attive, deve ritenersi sufficiente una dichiarazione rilasciata dalla società stessa al fine di assicurare al socio prestatore d’opera, o al soggetto che deve rivestire cariche sociali, un compenso di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge . L’adeguatezza delle risorse economiche del cittadino straniero viene verificata dalla Camera di commercio territorialmente competente.
Tutta la documentazione atta a dimostrare il possesso dei requisiti così elencati deve essere consegnata dal cittadino straniero, anche tramite procuratore, alla Questura territorialmente competente per il rilascio del nulla osta temporaneo all’ingresso. Il cittadino straniero non potrà tuttavia chiedere il visto per lavoro autonomo prima di aver ottenuto il rilascio di un nulla osta all’ingresso da parte di tre ministeri: quello degli affari esteri, del Ministero dell’Interno e quello competente per l’attività che intende svolgere in Italia.
Verificata la sussistenza di tutte le condizioni previste ed ottenuti i tre nulla osta ministeriali, al cittadino straniero viene infine rilasciato dalla rappresentanza consolare italiana nel paese di origine il visto di ingresso per lavoro autonomo. La stessa rappresentanza consolare rilascia inoltre al lavoratore anche la certificazione relativa alla sussistenza dei requisiti sopra ricordati e comunica l’avvenuto rilascio del visto ad Inps ed Inail. Sarà poi la Questura territorialmente competente a rilasciare il permesso di soggiorno.
Il d.lgs. 386 del 1998, cit. art. 26, co. 7 prevede infine che il visto debba essere negato o rilasciato entro 120 giorni dalla domanda e debba essere utilizzato entro i 180 giorni dalla data di rilascio.
Fatto ingresso sul territorio ed ottenuto il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo, lo straniero può esercitare una professione o un’attività, anche di natura subordinata, diversa dalla quella per lo svolgimento della quale ha ottenuto il rilascio del permesso di soggiorno e questo senza dover convertire detto titolo. Analogamente, se in possesso delle autorizzazioni idonee, può svolgere attività di lavoro autonomo anche lo straniero titolare di un permesso di soggiorno per lavoro subordinato o per motivi familiari, senza dover convertire il titolo di soggiorno prima della sua scadenza. Solo alla scadenza, in entrambi i casi, l’interessato dovrà richiedere il rilascio di un permesso di soggiorno corrispondente all’attività effettivamente svolta, ai sensi del D.P.R. 394 del 1999, cit., art.14.
Così come previsto per il permesso per lavoro subordinato, infine, lo straniero già titolare di permesso di soggiorno per motivi di studio o di formazione professionale, può richiedere la conversione del proprio titolo di soggiorno in uno per lavoro autonomo.
A tale fine lo Sportello Unico Immigrazione, previa verifica della disponibilità di quote d’ingresso per lavoro autonomo, rilascia all’interessato, che deve aver dimostrato sussistenza delle condizioni che si sono descritte per l’ottenimento del visto per lavoro autonomo, la certificazione attestante la sussistenza dei requisiti previsti dal d.lgs. 286 del 1998, cit. art. 26 (così il d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 6, co. 1). Lo Sportello unico provvede poi a far sottoscrivere all’interessato il modulo per la richiesta del permesso di soggiorno per lavoro autonomo (D.P.R. 394 del 1999, art. 39, co. 9).
La l. 189 del 2002, cit. ha apportato un’unica significativa modifica al d.lgs. 286 del 1998, art. 26, co. 7-bis, ove prevede la revoca del permesso di soggiorno e l’espulsione con accompagnamento immediato alla frontiera in caso di condanna in via definitiva per uno dei reati previsti dalla l. 22 aprile 1941, n. 633, relativi al diritto d’autore, o per i reati di contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell’ingegno o di prodotti industriali, o introduzione e commercio di prodotti con segni falsi (artt. 473 e 474 c.p.).