Unità didattica XI - I diritti e i doveri dello straniero

Unità didattica XI - I diritti e i doveri dello straniero

XI.2. L'accesso ai diritti sociali e il godimento di altri diritti sociali da parte dello straniero

L'accesso ai servizi sociali, più in generale, il godimento dei diritti sociali da parte dello straniero assume rilievo non solo per la tipologia di prestazioni di cui può usufruire, ma anche perché è indice della sua integrazione nel tessuto sociale italiano. A fronte di un rilevante contributo apportato dalla popolazione migrante sia in termini di risorse umane sia da un punto di vista contributivo, l'accesso ai servizi erogati dallo Stato altro non è che una forma di inclusione sociale e piena partecipazione non solo agli oneri ma anche ai benefici previsti dal sistema sociale italiano.

A differenza dei servizi sanitari, il requisito fondamentale per godere delle prestazioni di assistenza sociale non è la sola titolarità di un permesso di soggiorno, ma altresì la regolarità della residenza anagrafica dello straniero. Nonostante ogni straniero titolare di un valido titolo di soggiorno abbia il diritto di iscrivere la propria residenza presso gli uffici anagrafici del proprio Comune di residenza, spesso si riscontrano impedimenti e difficoltà nell'adempimento. Si pensi, per esempio, al caso dei titolari di protezione internazionale o di un permesso di soggiorno per motivi umanitari i quali, pure essendo titolari di un valido titolo di soggiorno, sono privi di una dimora stabile.

La regolarità della residenza anagrafica risulta di fondamentale importanza per l'accesso ai servizi sociali, per la presentazione dell'istanza di concessione della cittadinanza italiana (v. UD XIV), per la richiesta di accesso all'edilizia popolare e anche per il conseguimento della patente.

Le disposizioni che regolano la materia prevedono una piena parificazione tra i cittadini italiani e gli stranieri titolari di un permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno sia per quanto attiene alla fruizione delle prestazioni di assistenza sociale, anche di carattere economico (d.lgs. n. 286 del. 1998, art. 41, cit.). Tuttavia, la portata di tale disposizione è stata fortemente limitata dall'intervento della l. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 80, c.d. Legge Finanziaria 2001 con la quale, per ragioni di carattere economico si è registrata una limitazione dell'ambito di applicazione di tale principio di parità, previsto ora solo in favore degli stranieri titolari di un permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.

Tale previsione normativa è stata oggetto di un considerevole contenzioso giudiziario attesa la sua portata discriminatoria con riferimento alla posizione degli stranieri regolarmente residenti, ma privi del ricordato permesso di soggiorno.

In particolare, la Corte Costituzionale ha più volte affrontato la questione secondo i profili della violazione del principio di uguaglianza riconoscendo la portata discriminatoria della limitazione dell'accesso alle prestazioni sociali in condizioni di parità con i cittadini italiani ai soli titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, così dichiarando l'illegittimità costituzionale della l. n. 388 del 2000, art. 80, cit., con riferimento agli artt. 2 3 Cost. e, in ragione della prestazione volta a volta in esame, dell'art. 32 Cost., a tutela del diritto alla salute, dell'art. 38 Cost., recante il diritto al mantenimento e alla assistenza sociale in favore degli inabili al lavoro, e dell'art. 117, co. 1 Cost. in combinato disposto con la disciplina di tutela dei diritti fondamentali di cui alla CEDU ovvero ad altri trattati internazionali. Sebbene le pronunce abbiano a oggetto prestazioni sociali differenti, la ratio sottesa alle decisioni della Corte può essere ricondotta a un denominatore comune: l'illegittimità della subordinazione dell'accesso a prestazioni sociali che coinvolgono beni e valori di primaria importanza, poste a tutela dei diritti fondamentali della persona, a distinzioni basate sulla nazionalità e sulla detenzione di un titolo di soggiorno (nel caso di specie il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo) il cui rilascio è basato su requisiti legati al mero decorso del tempo e al censo (Corte Cost., 29 luglio 2008, n. 306indennità di accompagnamento; Corte Cost., 12 dicembre 2011, n. 329 – indennità di frequenza; Corte Cost., 11 marzo 2013, n. 40 – pensione di inabilità e assegno mensile di invalidità).

Peraltro, deve segnalarsi che, a fronte delle numerose censure della Corte Costituzionale, nonché la copiosa giurisprudenza di merito, l'INPS ha statuito, con il messaggio n. 13983 del 04 settembre 2013, che l'unico requisito richiesto ai fini dell'accesso alle prestazioni sociali erogate in favore delle persone con disabilità da parte dei cittadini extracomunitari è la titolarità di un permesso di soggiorno della durata di almeno un anno.

Lo straniero titolare di un permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo o di un permesso di soggiorno di durata biennale per motivi di lavoro possono accedere, in condizioni di parità con i cittadini italiani, all'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica (d.lgs. n. 286 del. 1998, art. 40, cit.). Come recentemente riaffermato dalla Corte Costituzione nella sentenza n. 44 del 09  marzo 2020 il diritto all’abitazione "«rientra fra i requisiti essenziali caratterizzanti la socialità cui si conforma lo Stato democratico voluto dalla Costituzione» ed è compito dello Stato garantirlo, contribuendo così «a che la vita di ogni persona rifletta ogni giorno e sotto ogni aspetto l’immagine universale della dignità umana» (sent. n. 217/1988; nello stesso senso sentenze n. 106/2018, n. 168/2014). Benché non espressamente previsto dalla Costituzione, tale diritto deve dunque ritenersi incluso nel catalogo dei diritti inviolabili (fra le altre, sentenze n. 161/2013) e il suo oggetto, l’abitazione, deve considerarsi bene di primaria importanza"

Anche in questo ambito l'effettività del diritto è fortemente limitata dalle prassi poste in essere dai comuni, la cui portata, in alcuni casi, è stata riconosciuta come discriminatoria. In relazione al principio di parità di trattamento nell'accesso alla assegnazione degli alloggi di edilizia pubblica si segnala la sentenza del Tribunale di Milano che ha ritenuto discriminatorio il contenuto di un bando del Comune di Milano ove si prevedeva un punteggio aggiuntivo esclusivamente in ragione della cittadinanza italiana del richiedente, poiché non risultava sorretto da adeguata motivazione, dando origine, con ogni evidenza, a un trattamento deteriore per gli stranieri, anche se regolarmente residenti (Tribunale di Milano, sentenza 20 marzo 2002, n. 3614).

Si noti che l'accesso all'edilizia pubblica non può essere subordinato alla condizione di reciprocità di cui all'art. 16 delle Preleggi poiché ciò comporterebbe una violazione del principio di parità di trattamento con i cittadini italiani nel godimento dei diritti sociali, di cui al d.lgs. n. 286 del 1998, art. 2, co. 2, cit. (TAR Lombardia, ordinanza 25.02.2005, n. 264).

Di particolare rilevanza appare la recente sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea in merito alla legittimità dell'esclusione di una cittadina equadoregna dall'assegno per le famiglie numerose. L'organo di giustizia europea ha rilevato come tale prestazione sociali rientri tra quelle per cui è prevista parità di trattamento tra i cittadini europei ed i cittadini stranieri titolari di un permesso di soggiorno unico per lavoro di cui all'art. 12 della Direttiva 2011/98/CE (CGUE Kerly Del Rosario Maritnez Silva/INPS e Comune di Genova, C-449/16 del 21 giugno 2017).

Tra i diritti sociali garantiti allo straniero assume altresì rilievo il diritto allo studio.

In minori stranieri presenti sul territorio nazionale sono soggetti all'obbligo scolastico, indipendentemente dalla regolarità del loro soggiorno e di quello dei loro genitori (d.lgs. n. 286 del 1998, art. 38, cit.). La ratio di tale scelta può agevolmente comprendersi ove si tenga a mente che l'accesso all'istruzione e alla scuola dell'obbligo è un diritto fondamentale del minore e un interesse preminente della società, tutelato dalla Costituzione agli artt. 33 e 34 Cost., nonché dai trattati internazionali in materia di diritti umani. In particolare la Convenzione sui diritti del fanciullo, firmata a New York il 20.11.1989 e ratificata con l. 27 maggio 1991, n. 176, prevede che tutti i diritti ivi previsti, tra cui l'adempimento dell'obbligo scolastico, devono essere assicurati senza alcuna distinzione e a prescindere da qualsiasi condizione che riguardi il minore o i suoi genitori, indipendentemente dalle loro origini o nazionalità e dalle condizioni familiari o economiche. Al fine di dare piena attuazione a tale diritto le autorità scolastiche non possono in alcuna circostanza segnalare alle autorità la posizione di irregolarità del nucleo familiare: pertanto, al momento dell'iscrizione non potrà essere richiesta l'esibizione del permesso di soggiorno.

Se l'applicazione di tale principio di parità di trattamento pare agevole per quanto attiene all'iscrizione presso le scuole dell'obbligo, lo stesso non può dirsi con riferimento alla scuola dell'infanzia, che vanta un numero ridotto di posti. Seppur non rientri nell'ordine di scuole che devono essere frequentate obbligatoriamente da parte di minori, pare potersi ritenere esteso il parametro di cui al d.lgs. 286 del 1998, art. 38, cit., anche alla scuola dell'infanzia poiché rientra a pieno titolo nel sistema educativo di istruzione e formazione.

Al fine di dare piena attuazione a tale diritto le autorità scolastiche non possono in alcuna circostanza segnalare alle autorità la posizione di irregolarità del nucleo familiare: il d.lgs. 286 del 1998, art. 6, co. 2, cit. esclude che possa essere richiesta l'esibizione del permesso di soggiorno per le iscrizioni ed altri provvedimenti inerenti a “prestazioni scolastiche obbligatorie”. Secondo l'orientamento del Ministero dell'Interno tale esenzione deve trovare applicazione nelle scuole di ogni stato e grado, compreso l'asilo nido.

Tale interpretazione della normativa vigente è l'unica compatibile con il principio del superiore interesse del minore e, pertanto, deve intendersi estesa anche nei confronti dei minori europei presenti sul Territorio Nazionale: la loro iscrizione alle scuole di ogni ordine e grado non può essere subordinata all'avvenuta registrazione anagrafica.

Infine, si evidenzia che la mancata presentazione dei documenti non preclude la possibilità per lo straniero di continuare gli studi e di conseguire il titolo finale, D.P.R. 394 del 1999, art. 45, cit. In tal senso si era pronunciata la Corte europea dei diritti dell'uomo, nella sentenza Affaire linguistique belge, del 23.07.1968, affermando che il diritto all'istruzione non si esaurisce nella sola possibilità di accesso agli stabilimenti scolastici, ma deve necessariamente concretizzarsi anche nella possibilità di trarre vantaggio dall'istruzione ricevuta, vedendosi riconoscere ufficialmente gli studi compiuti.

Tale diritto si estende anche allo studente straniero privo di permesso di soggiorno divenuto maggiorenne durante il corso di studi, circostanza che si verifica nella normalità dei casi prima della conclusione della scuola superiore. Secondo il Consiglio di Stato “apparirebbe manifestamente irrazionale, oltre che di dubbia costituzionalità, una noma che precludesse agli stranieri di completare il corso di studi superiore semplicemente a fronte del compimento dei diciotto anni” (Consiglio di Stato, Sez. VI, Sent. 1734/2007).

CURIOSITA' -

 Scarica - 19. Avv. Alberto Guariso del Foro di Milano ASGI