Unità Didattica XII - Il diritto antidiscriminatorio e la tutela dei cittadini stranieri


XII.1. Una materia composita: fonti internazionali

XII.2. Il diritto antidiscriminatorio nella normativa europea

XII.3. Il principio di non discriminazione nella Costituzione e nel diritto nazionale

XII.4. L'azione civile contro le discriminazioni.


XI.4. L'azione civile contro le discriminazioni

La tutela giudiziaria prevista contro gli atti discriminatori è disciplinata dal d.lgs. n. 286 del 1998, art. 44, cit., che fornisce l'unico altro strumento di azione contro le discriminazioni oltre a quelli previsti nell'ambito del diritto del lavoro.

Il procedimento è regolato dal rito sommario di cognizione, d.lgs. 150 del 2011, art. 28, cit. e la competenza è individuata in capo al Tribunale ordinario del luogo in cui ha la residenza il ricorrente. La giurisdizione del Giudice ordinario e non amministrativo è giustificata dall'inclusione del diritto alla non-discriminazione nella sfera dei diritti fondamentali della persona (Cass. Civ., S.U., 30 marzo 2011, n. 7186).

La legittimazione ad agire risiede in capo al cittadino straniero che si ritiene vittima di discriminazione, indipendentemente dalla regolarità del suo soggiorno, e alle associazioni portatrici degli interessi di cui si afferma la violazione, le quali possono intervenire nel giudizio a supporto e sostegno dell'interessato, su sua delega ovvero anche in modo autonomo.

Rispetto all'onere probatorio, la disciplina antidiscriminatoria prevede che ove il ricorrente fornisca elementi di fatto, anche di natura statistica, dai quali sia presumibile l'esistenza degli atti, delle prassi o dei comportamenti discriminatori lamentati, il convenuto ha l'onere di provare l'insussistenza della discriminazione. L'inversione dell'onere della prova riportata nella norma – d.lgs. n. 150 del 2011, art. 28, co 4, cit. - è frutto del recepimento tardivo di tale disposizione contenuta nelle Direttive 2000/43/CE e 2000/78/CE, avvenuto solo dopo l'inizio di una procedura di infrazione nei conforti dell'Italia

Il Giudice, all'esito del procedimento, riconosciuto il carattere discriminatorio della condotta o dell'atto oggetto del giudizio, può condannare la parte convenuta al risarcimento di un danno e ordinare la cessazione del comportamento stesso ovvero la revoca dell'atto.