Unità Didattica XII - Il diritto antidiscriminatorio e la tutela dei cittadini stranieri
XII.1. Una materia composita: fonti internazionali
XII.2. Il diritto antidiscriminatorio nella normativa europea
XII.3. Il principio di non discriminazione nella Costituzione e nel diritto nazionale
XII.4. L'azione civile contro le discriminazioni.
XI.5 La tutela penale
L’introduzione nel nostro ordinamento di una sanzione penale per gli atti di razzismo si ha con la ratifica ed attuazione della Convenzione di New York del 1965 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, avvenuta con la l. n. 654 del 13 ottobre 1975, nota come Legge Reale che all'art. 3 punisce per la prima volta come autonome fattispecie di reato: la propaganda razzista, l’incitamento alla discriminazione razziale e agli atti di violenza nei confronti di persone appartenenti ad un diverso gruppo nazionale, etnico o razziale, il compimento di atti di violenza nei confronti dei medesimi soggetti e, infine, la costituzione di associazioni ed organizzazioni con scopo di incitamento all'odio o alla discriminazione razziale.
Nel 1993 tale normativa viene profondamente modificata dalla cd. legge Mancino (d.l. n. 122 del 26 aprile 1993, convertito nella l. n. 205 del 25 giugno 1993) poi successivamente ritoccata nel 2006, e da ultimo riversata nel codice penale in virtù del d.lgs. n. 21 del 02 marzo 2018.
Oggi la tutela penale in materia di discriminazione è quindi prevista all’art. 604 bis c.p. “Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa”, inserito in un nuovo capo del codice penale, dal significativo titolo “Delitti contro l’uguaglianza”.
La norma punisce con la reclusione fino a 1 anno e 6 mesi e fino a 6.000 euro di multa chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico. La fattispecie potrebbe destare degli interrogativi sulla compatibilità con il diritto costituzionale di manifestare il proprio pensiero. Tuttavia non sussiste questo conflitto nel momento in cui si considera che la propaganda di idee fondate sull’odio razziale mina la convivenza e costituisce la negazione del valore dell’essere umano tutelato dagli artt. 2 e 3 della Costituzione.
Alla stessa pena soggiace chi istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; per integrare il reato è sufficiente la commissione o l’istigazione a commettere anche di un solo atto di discriminazione.
Maggiore la pena, in quanto maggiore il disvalore, nel caso in cui la discriminazione si accompagni alla violenza: viene infatti punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
Infine, una ulteriore disciplina è prevista per i reati associativi razzisti.
Innanzitutto, la norma vieta ogni organizzazione, comunque costituita, che abbia per scopo la commissione di reati a sfondo razzista. Punisce la mera partecipazione o assistenza all'attività di qualsivoglia organizzazione collettiva (associazioni, movimenti, gruppi o vere e proprie organizzazioni) con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Maggiore la pena per chi dirige o promuove tali soggetti collettivi.