Unità Didattica XVI - L'espulsione e la sua esecuzione

XVI.3. I limiti al potere espulsione e i divieti di respingimento ed espulsione

Esistono dei divieti di espulsione e dei limiti al potere di espulsione.

Le limitazioni all'espulsione del Prefetto in considerazione di particolari situazioni sono state introdotte nel 2007 e nel 2011.

La prima ipotesi, prevista dal d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 13, co. 2 bis, introdotta con il d.lgs. 5 del 2007, cit. (di attuazione della Direttiva 2003/86/CE sul ricongiungimento familiare) stabilisce che nelle ipotesi di espulsione per ingresso o soggiorno irregolare dello straniero che ha effettuato ricongiungimento famigliare o del famigliare ricongiunto il Prefetto debba tenere conto: 1) della natura ed effettività dei vincoli familiari dell’interessato; 2) della durata del suo soggiorno; 3) dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese di origine. 

Ciò significa che non solo si devono valutare le ragioni che legittimano l’espulsione ma si deve operare un bilanciamento tra le ragioni di interesse pubblico che impongono l’espulsione dello straniero e la tutela della famiglia.

La seconda ipotesi è stata introdotta dal d.l. n. 89 del 2011, cit., come convertito nella l. n. 129 del 2011, cit. in attuazione della Direttiva 2008/115/CE - cd Direttiva rimpatri. Il d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 13, co. 2 ter  prevede di non disporre l’espulsione (e di non eseguirla coattivamente se il decreto di espulsione è già stato emanato) nei confronti dello straniero identificato in uscita dal territorio dello Stato.


I divieti, invece, erano già previsti nel testo originario della legge del 1998, ma hanno subito alcune modifiche. I casi in cui sono vietati il respingimento e l’espulsione sono previsti al d.lgs. 286 del 1998, cit. art. 19. Alcuni divieti valgono per entrambi i provvedimenti di allontanamento, altri invece riguardano soltanto l’espulsione. 

Innanzitutto il d.lgs. 286 del 1998, cit.art. 19, co. 1 e 1.1, primo periodo. prevede i casi di divieto assoluto di espulsione (per ogni tipo di espulsione) e respingimento, cioè le situazioni in cui in nessun caso lo straniero può essere allontanato dal territorio italiano. Sono i casi in cui l’espulsione o il respingimento riguardano:

1) uno Stato in cui lo straniero può essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, sesso, lingua, cittadinanza, religione, opinioni politiche, condizioni personali o sociali;

2) uno Stato in cui lo straniero può sottoposto ad atti di tortura. Rilevano a tali fini anche le situazioni di gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani;

3) uno Stato in cui lo straniero può rischiare di essere a sua volta rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dal rischio di persecuzione per i motivi indicati ai punto precedenti.


La norma si applica a qualunque straniero che si trovi in questa situazione di pericolo, non solo a chi abbia presentato istanza di protezione internazionale. 

Questo divieto assoluto è la concretizzazione nel diritto italiano del principio di non refoulement previsto dalla Convenzione di Ginevra (art. 33) sullo status dei rifugiati e dei principi stabiliti nella Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo, in particolare all’art. 3 per quanto riguarda i trattamenti inumani e degradanti e l’art. 4 del Protocollo n. 4 per il divieto di procedure di allontanamento collettive.

Una interessante pronuncia della corte Europea dei diritti dell’uomo (Hirsi Jamaa e altri c. Italia, 3.2.2012, ricorso n. 27765/09) dell’uomo ha sanzionato l’Italia per alcuni respingimenti collettivi avvenuti in acque internazionali. Si trattava di casi in cui le navi italiane avevano intercettato imbarcazioni di migranti e le avevano riaccompagnate verso la Libia.

Si veda la sintesi del caso e della pronuncia della Corte in questo articolo.

Il d.lgs. 286 del 1998, cit.art. 19, co. 2 prevede alcuni casi in cui è vietata l’espulsione ma tale divieto non ha carattere assoluto, in quanto rimane salva la possibilità per lo Stato (nello specifico il Ministro dell’Interno) di adottare l’espulsione per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato o per motivi di prevenzione del terrorismo (d.lgs. 286 del 1998, cit.art. 13, co. 1). Tale divieto vale per le espulsioni disposte dal Prefetto e per le espulsioni a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione. 

Non è ammessa l'espulsione:

-  degli stranieri minori di diciotto anni, salvo il diritto a seguire il genitore o l’affidatario espulsi. È una misura prevista a protezione dei minori. Qualora il minore sia espulso per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato o per motivi di prevenzione del terrorismo (caso più di scuola che altro) l’espulsione del minore può essere disposta solo con provvedimento disposto dal Tribunale per i minorenni. Il questore ha un mero potere propositivo (d.lgs. 286 del 1998, cit.art. 13, co. 4);

- degli stranieri in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, tranne che ex d.lgs. 286 del 1998, cit.art. 13, co. 1, nel caso in cui lo straniero appartenga a una categoria di soggetti socialmente pericolosi o se vi sono fondati motivi per ritenere che la sua permanenza possa in qualsiasi modo agevolare organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali (d.lgs. 286 del 1998, cit.art. 9, co. 10). L’attività amministrativa è discrezionale e si deve tener conto anche dell’età dell'interessato, della durata del soggiorno  sul  territorio  nazionale,  delle  conseguenze dell'espulsione per l'interessato e i suoi familiari,  dell'esistenza di legami familiari e sociali nel territorio nazionale e dell'assenza di tali vincoli con il Paese di origine (d.lgs. 286 del 1998, cit.art. 9, co. 11);

- degli stranieri conviventi con parenti entro il secondo grado o con il coniuge, di nazionalità italiana. La tutela del diritto all'unità famigliare è alla base di questo divieto. Affinché il divieto operi deve sussistere l’effettività della convivenza. Tale requisito è indispensabile e nella prassi si tratta di un elemento oggetto di accertamenti minuziosi, al fine di contrastare il fenomeno dei cd. matrimoni di comodo;

- delle donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvedono, tranne che per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato (d.lgs. 286 del 1998, cit.art. 13, co. 1). La ratio è la tutela della maternità e dei figli nell'immediatezza della nascita. Alla donna viene rilasciato un permesso per cure mediche che non consente l’esercizio di attività lavorativa, non è rinnovabile né convertibile. Tuttavia la titolarità di questo permesso di soggiorno permette di effettuare il ricongiungimento con il coniuge regolarmente soggiornante senza dover lasciare l’Italia e farvi nuovamente ingresso (UD V.3). Vista la ratio del divieto si comprende perché la Corte costituzionale abbia esteso il divieto di espulsione anche al marito convivente della donna in gravidanza e nei sei mesi successivi alla nascita.  La Corte costituzionale ha dichiarato illegittima la norma nella parte in cui non prevede che lo stesso divieto sia vigente per il marito convivente, in virtù della norma costituzionale che stabilisce “il diritto dovere di mantenere, istruire ed educare i figli, e perciò di tenerli con sé, e il diritto dei genitori e dei figli minori ad una vita comune nel segno dell’unità della famiglia” (Corte Costituzionale, 27 luglio 2000, n. 376). 

- dello straniero che versa in in gravi condizioni psicofisiche o derivanti da gravi patologie, tali da determinare un rilevante pregiudizio per la sua salute in caso di rimpatrio nel Paese di origine (d.lgs. n. 286 del 1998, cit., art. 19, co. 2 lett. d - bis).

Da ultimo si evidenzia che il d.l. 130 del 2020, cit., convertito in l. 173 del 2020, cit., ha altresì previsto il divieto di espulsione e respingimento qualora questo possa causare una violazione del diritto alla vita privata e familiare dello straniero. Anche in questo caso non è un divieto assoluto atteso che lo Stato può esercitare il proprio potere ablativo qualora ciò sia necessario per ragioni di sicurezza nazionale ovvero di ordine e sicurezza pubblica - d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 19, c1.1. secondo periodo.

Con il già citato d.l. n. 89 del 2011, cit., come convertito nella l. n. 129 del 2011, cit. in attuazione della Direttiva 2008/115/CE - cd Direttiva rimpatri - il legislatore ha aggiunto d.lgs. n. 286 del 1998, cit., art. 19, co. 2 bis che stabilisce che il respingimento o l'esecuzione dell'espulsione  delle cd. categorie vulnerabili (persone affette da disabilità, degli anziani, dei minori, dei componenti  di famiglie monoparentali con figli minori nonché dei  minori,  ovvero delle vittime di gravi violenze psicologiche, fisiche o sessuali) vanno effettuate  con  modalità  compatibili  con  le  singole  situazioni personali.