Unità Didattica XVI - L'espulsione e la sua esecuzione
XVI.2. L'esecuzione dell'espulsione
La disciplina dell’esecuzione dell’espulsione è stata oggetto di modifica a seguito del più volte citato d.l. n. 89 del 2011, cit., come convertito nella l. n. 129 del 2011, cit. in attuazione della Direttiva 2008/115/CE - cd Direttiva rimpatri. Come si vedrà, le modifiche avrebbero potuto essere ben più radicali ma il legislatore italiano ha optato per un recepimento minimale, volto a mantenere il più possibile ampie le ipotesi di esecuzione coattiva dell’espulsione.
Di recente d.l. n. 13 del 2107, cit., così come modificato in sede di conversione, ha cambiato la denominazione dei centri di detenzione amministrativa da centri di identificazione e espulsione (CIE) in centri di permanenza per i rimpatri (CPR). Nella prima unità della prossima settimana saranno presentati maggiori dettagli.
L’espulsione può essere eseguita mediante accompagnamento alla frontiera da parte della forza pubblica o attraverso la partenza volontaria.
L’accompagnamento coattivo alla frontiera è disposto dal questore con decreto nei casi seguenti:
1) espulsione ministeriale (vd. sopra) o espulsione dello straniero socialmente pericoloso (d.lgs. n. 286 del 1998, cit., art 13, co. 2 lett. c));
2) espulsione giudiziaria (d.lgs. n. 286 del 1998, cit., artt. 15 e 16);
3) in presenza di un pericolo di fuga;
APPROFONDIMENTO I - IL SIGNIFICATO DI PERICOLO DI FUGA
4) quando la domanda di permesso di soggiorno è stata respinta in quanto manifestamente infondata o fraudolenta;
5) quando lo straniero, senza giustificato motivo, non ha osservato il termine concesso per la partenza volontaria in base al d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 13, co.5;
6) qualora lo straniero abbia violato una delle misure coercitive disposte dal questore in occasione della concessione del termine per la partenza volontaria o in alternativa al trattenimento in un centro di detenzione amministrativa, ora denominato centro di permanenza per i rimpatri - CPR (d.lgs. 286 del 1998, cit., artt. 13, co. 5. 2 e 14, co. 5);
7) lo straniero non abbia chiesto il termine per la partenza volontaria (d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 13, co.5.1).
L’accompagnamento coattivo alla frontiera non prevedeva alcuna convalida giurisdizionale, fino a quando la sua mancanza venne dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale 22 marzo 2001, n. 105.
A seguito di tale pronuncia il legislatore introdusse l’obbligo del questore di comunicare al Tribunale il provvedimento di espulsione entro 48 ore dalla sua adozione, dando al tribunale le successive 48 ore per convalidare o meno. Tale convalida però non ostacolava l’esecuzione dell’espulsione, di conseguenza anche in caso di mancata convalida lo straniero poteva già essere stato espulso.
Intervenne nuovamente la Corte Costituzionale 15 luglio 2004 n. 222 a decretare l’incostituzionalità delle nuove norme per violazione del diritto di difesa e della riserva di giurisdizione.
Il legislatore a questo punto riformò l’istituto della convalida introducendo il d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 13, co.5 bis che prevede:
- l’obbligo del Questore di comunicare immediatamente e, comunque, entro quarantotto ore dalla sua adozione, al Giudice di Pace competente il provvedimento con il quale è disposto l'accompagnamento alla frontiera;
- la sospensione dell’esecuzione del provvedimento di espulsione fino alla decisione sulla convalida;
- l’udienza di convalida in camera di consiglio con la partecipazione necessaria di un difensore (ma non obbligatoriamente dello straniero);
- la decisione con decreto motivato, entro le quarantotto ore successive, verificata l'osservanza dei termini, la sussistenza dei requisiti previsti dal presente articolo e sentito l'interessato, se comparso.
In attesa della definizione del procedimento di convalida, lo straniero espulso è trattenuto in un centro di detenzione amministrativa (oggi denomiato CPR) (d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 14), salvo che il procedimento possa essere definito nel luogo in cui è stato adottato il provvedimento di allontanamento anche prima del trasferimento in uno dei centri disponibili.
Il giudizio di convalida deve verificare la legittimità dell’espulsione, l’assenza di uno dei divieti di espulsione, il rispetto dei termini (le 48 ore dall’adozione del provvedimento), la sussistenza dei requisiti per l’accompagnamento coattivo alla frontiera.
In caso di inosservanza lo straniero commette un reato punito con sanzione pecuniaria.
Nelle ipotesi in cui non venga disposto l’accompagnamento coattivo alla frontiera, lo straniero può chiedere al Prefetto la concessione di un termine per la partenza volontaria (d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 13, co.5). Lo straniero è quindi tenuto a farne richiesta, se non lo fa ricorre l’espulsione coattiva (vedi ultimo caso di accompagnamento coattivo alla frontiera). Anche questa disposizione tende a ridurre le possibilità di effettivo operare della partenza volontaria. È previsto che le questure debbano dare adeguata informazione sulla facoltà di richiedere un termine per la partenza volontaria, mediante schede informative plurilingue (d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 13, co. 5.1) tuttavia la legge nulla dice sul contenuto di tali schede (ad esempio sul fatto che debbano informare anche sugli effetti del richiedere o meno la partenza volontaria) e sulla traduzione.
Il Prefetto intima allo straniero di lasciare volontariamente il territorio nazionale entro un termine tra i sette e i trenta giorni, termine che può anche essere prorogato, in base alle circostanze del caso concreto, per il periodo di tempo necessario, tenuto conto di elementi quali la durata del soggiorno sul territorio nazionale, l’esistenza di minori che frequentano la scuola, la presenza di altri legami familiari e sociali e l’ammissione a programmi di rimpatrio volontario e assistito (d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 13, co.5).
Con la concessione del termine il Prefetto chiede allo straniero di dimostrare il possesso di risorse economiche derivanti da fonti lecite sufficienti a vivere per un importo proporzionato al termine concesso.
Dispone inoltre una o più delle seguenti misure:
1) la consegna del passaporto o di altro documento equipollente in corso di validità, che sarà restituito al momento della partenza;
2) l’obbligo di dimora in un luogo determinato, in cui possa essere agevolmente rintracciato;
3) l’obbligo di presentarsi, in giorni e a orari stabiliti, presso un ufficio della forza pubblica territorialmente competente (d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 13, co. 5.2).
Tali misure sono adottate con provvedimento motivato, che ha effetto dalla notifica all’interessato, recante l’avviso che lo stesso ha la facoltà di presentare personalmente o a mezzo di difensore memorie o deduzioni al giudice della convalida. Il provvedimento incide sulla libertà personale e per questo la norma prevede che esso sia comunicato al Giudice di Pace competente entro quarantotto ore e che, nelle successive quarantotto ore, esso debba essere convalidato se ne ricorrono i presupposti.
Qualora non vi siano i requisiti per dare corso a tale misura alternativa e non sia nemmeno possibile procedere con l'allontanamento coattivo alla frontiera, il cittadino straniero può essere trattenuto in un CPR, di cui si parlerà nell'UD XVII, la prossima settimana.
In estremo subordine, l'espulsione è eseguita con un provvedimento scritto del Questore che ordina allo straniero di lasciare il territorio nazionale nel termine di 7 giorni di cui al d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 14, co. 5 bis. In caso di inottemperanza sono previste sanzioni penali pecuniarie (l'argomento sarà affrontato la prossima settimana) e l’adozione di un nuovo ordine di espulsione.
Le differenze di tale istituto con la misura della partenza volontaria sono evidenti.
In tale caso si tratta di una misura di esecuzione dell'espulsione adottata dal Questore qualora non sia possibile disporre l'allontanamento coattivo alla frontiera del cittadino straniero nè il suo trattenimento presso un CPR - si pensi ai casi in cui sia raggiunta la capienza massima - oppure, nonostante la permanenza presso tale struttura, non sia stato comunque possibile procedere al suo allontanamento - ad esempio nel caso in cui non si sia riuscito ad identificare la persona in modo compiuto. Ovviamente in tal caso non è richiesto al consenso al cittadino straniero destinatario dell'ordine di lasciare il territorio. Questo provvedimento è adottato dal Questore.
In altri termini, nel momento in cui la Pubblica amministrazione non riesce ad espellere lo straniero, gli ordina di allontanarsi autonomamente. Va ricordato che questo ordine di allontanamento entro 7 giorni disposto dal Questore è una specificità della normativa italiana, inesistente nella direttiva rimpatri e in altre normative nazionali.
L’ordine del Questore deve essere accompagnato dalla consegna allo straniero della documentazione necessaria per raggiungere gli uffici della rappresentanza diplomatica del suo paese in Italia e di quella necessaria per rientrare nel proprio paese. Allo straniero può essere altresì consegnato il titolo di viaggio, anche su sua richiesta.
La partenza volontaria, invece, è una forma di esecuzione dell'espulsione prefettizia che tiene conto delle esigenze dello straniero nell'organizzare la propria partenza volontaria - a fronte della adozione di misure di garanzia alla sua effettiva partenza - e può essere concessa su richiesta dello straniero e solo in specifici casi, ove non vi siano altri interessi dello Stato prevalenti - tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica, rischio di fuga. Tale provvedimento è adottato dal Prefetto.