Unità didattica XVIII - I reati propri dello straniero. Il favoreggiamento dell'immigrazione illegale.
L'obiettivo di questa unita' didattica è illustrare i reati contenuti nella normativa in materia di immigrazione e strettamente legati alla condizione giuridica degli stranieri.
XVIII.2 L'omessa esibizione dei documenti. La violazione del divieto di reingresso
L'omessa esibizione dei documenti
Il reato di mancata esibizione del documento di identificazione e del titolo di soggiorno, disciplinato nel d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 6, co. 3 è stato modificato dalla l. n. 94 del 2009, cit. a seguito dell’introduzione del reato di ingresso e soggiorno illegale.
Nella formulazione originaria veniva punito, con l’arresto fino a sei mesi e l’ammenda fino a lire ottocentomila, lo straniero che, a richiesta degli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza, non esibisse, senza giustificato motivo, il passaporto o altro documento di identificazione, ovvero il permesso o la carta di soggiorno.
Si trattava di una contravvenzione su cui era sorto in seno alla Corte di Cassazione un contrasto interpretativo avente ad oggetto la possibilità di punire lo straniero entrato clandestinamente in Italia, che non fosse in possesso di documenti identificativi e che, proprio per questa ragione, non fosse in grado di esibirli.
Secondo l'impostazione prevalente il reato di cui al d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 6, co. 3 doveva ritenersi configurabile anche per i clandestini, poiché la norma, sanzionando non il “rifiuto”, ma la “mancata esibizione” dei documenti, presupporrebbe l’obbligo per lo straniero di munirsi degli stessi, salvo che si trovi nell’impossibilità di farlo per un “giustificato motivo”, non dipendente dalla sua volontà.
L’orientamento opposto, invece, individuava questo giustificato motivo proprio nell’ingresso clandestino dello straniero da cui non si poteva esigere l'esibizione del documento.
Visto tale contrasto, la questione fu rimessa all’esame delle Sezioni Unite.
Le Sezioni Unite (Cass. SS.UU. 27.11.2003, n. 45801) intervennero distinguendo i documenti la cui esibizione si poteva considerare esigibile e quelli che non potevano essere considerati tali. La Corte aveva quindi affermato che l’esibizione del titolo di soggiorno era inesigibile per lo straniero irregolare (non si può pretendere l’esibizione di qualcosa che non è posseduto dallo straniero) mentre il passaporto poteva considerarsi rientrante nella disponibilità dello straniero a prescindere dalle modalità di ingresso nel territorio italiano e quindi era un documento che poteva essere richiesto anche allo straniero irregolare.
La legge n. 94 del 2009, cit. modifico' la formulazione dell’articolo prevedendo la pena congiunta dell’arresto fino a un anno e dell’ammenda fino a 2.000 euro nel caso in cui lo straniero, a richiesta di ufficiali e agenti di pubblica sicurezza, non ottemperi all'ordine di esibizione del passaporto o di altro documento di identificazione e del permesso di soggiorno o di altro documento attestante la regolare presenza nel territorio dello Stato.
Si è sempre di fronte a una contravvenzione, il cui soggetto attivo può essere soltanto lo straniero.
Tale reato si aggiunge a un panorama molto ricco di fattispecie di reato che prevedono il rifiuto di esibire documenti di identità o di fornire indicazioni sulle proprie generalità (ad esempio l’art. 651 codice penale, punito meno severamente). Si punisce l’inadempimento all’ordine di esibire sia il documento di identificazione che il titolo di soggiorno. A parere di molti, questa modifica (l’uso della congiunzione congiuntiva "e" in luogo di quella disgiuntiva "o") era volta a cercare di neutralizzare l’orientamento in parte a favore dello straniero della sentenza delle Sezioni Unite del 2003. Se questo era l’intento non ha avuto successo, anzi ha sortito effetti opposti. Nel 2011 la Corte di Cassazione si è di nuovo pronunciata (Cass, SS.UU., 24 febbraio 2011, n. 16453) ripercorrendo la genesi della norma, l’orientamento giurisprudenziale precedente e le novità introdotte dal legislatore. La Corte ha quindi affermato che:
- la modifica legislativa risponde all'obiettivo di arginare la contraffazione di documenti;
- affinché si integri la fattispecie di reato è necessaria la concorrenza dell’esibizione dei documenti di identificazione e del titolo di soggiorno, avendo il legislatore consapevolmente operato la sostituzione della congiunzione da disgiuntiva (ovvero) a congiuntiva (e);
- il reato non può essere applicato allo straniero irregolare, perché proprio perché irregolarmente presente nel territorio dello Stato non può essere titolare di permesso di soggiorno.
Ne consegue che il reato si applica soltanto allo straniero regolare e deve ritenersi intervenuta una abolitio criminis per lo straniero irregolare (cioè questo comportamento non è più reato per lo straniero irregolare). Il risultato quindi è che con la previgente norma lo straniero irregolare poteva essere punito per la mancata esibizione del passaporto. Con la norma attuale, invece, non può essere punito.
La violazione del divieto di reingresso
Come si è visto, lo straniero espulso è anche tenuto a non fare ingresso in Italia per un certo numero di anni (si tratta del cd. divieto di reingresso). In alcuni casi particolari – di cui qui non ci occupiamo - può fare richiesta al Ministro dell’Interno di revocare il divieto di reingresso.
Se lo straniero rientra in Italia prima del decorso del tempo previsto nel divieto commette un reato punito con la reclusione da 1 a 4 anni ed è nuovamente espulso con accompagnamento coattivo alla frontiera ( d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 13, co. 13).
Non si applica tale reato nel caso in cui lo straniero sia stato espulso per irregolarità dell’ingresso d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 13, co. 2 lett.a )) o per irregolarità del soggiorno (d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 13, co. 2 lett. b)) e ne sia stato autorizzato il ricongiungimento familiare.
Il reato è invece previsto anche nel caso in cui lo straniero sia stato espulso dal giudice, cioè l’espulsione sia stata disposta a titolo di misura di sicurezza, sanzione sostitutiva o alternativa alla pena (d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 13, co. 13, bis).
In entrambi i casi, lo straniero responsabile del reato di violazione del divieto di reingresso deve essere sempre arrestato (arresto obbligatorio) e viene processato con rito direttissimo.
Se lo straniero rientra nuovamente (cioè dopo la condanna e la nuova espulsione) viene condannato alla reclusione da 1 a 5 anni per violazione del divieto di reingresso della seconda espulsione.
Per sintetizzare, si ha di fronte un sistema che alla violazione del divieto di reingresso dopo una espulsione risponde con un reato penale e qualora lo straniero dopo la condanna e il nuovo divieto di reingresso rientri commette un altro reato. Potenzialmente all’infinito.
Infine, va ricordato che l’espulso che rientra illegalmente in Italia risponde di questo reato e non della contravvenzione di cui al d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 10 bis, poiché il reato di reingresso dello straniero espulso è punito più gravemente della contravvenzione di ingresso e soggiorno illegale prevista nel d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 10 bis.