Unità didattica XVIII - I reati propri dello straniero. Il favoreggiamento dell'immigrazione illegale.

L'obiettivo di questa unita' didattica è illustrare i reati contenuti nella normativa in materia di immigrazione e strettamente legati alla condizione giuridica degli stranieri.

XVIII.4. I delitti di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina

Si utilizza l’espressione delitti di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per comprendere in una formula ampia tutte le condotte connesse all’ingresso clandestino e la permanenza irregolare nel territorio di uno Stato della persona che non ne è cittadina o non ne ha titolo per risiedervi permanentemente. 

Come in altri casi, anche per questo tipo di comportamenti si è assistito ad una evoluzione legislativa che ha nel tempo mutato la norma di riferimento, il d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 12

Tale norma oggi prevede:

- nel d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 12, co. 1 e 3 il favoreggiamento dell’ingresso clandestino (in altri termini l’agevolazione del valico delle frontiere in modo illegale). Questo fenomeno è noto come traffico di migranti, previsto a livello internazionale dal Protocollo addizionale alla Convenzione ONU contro la criminalità organizzata transnazionale dedicato al traffico illecito di migranti.

- nel d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 12, co. 5 il favoreggiamento della permanenza irregolare, a prescindere dalle modalità (legali o meno) con cui lo straniero è giunto nello Stato e d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 12, co. 5 bis la dazione di un immobile a uno straniero clandestino o irregolare come forma peculiare di agevolazione della permanenza illegale.

Occorre precisare che nei primi due commi della norma citata sono compresi altresì i delitti di favoreggiamento dell’ingresso illegale in uno Stato diverso dall’Italia (il c.d. favoreggiamento dell’emigrazione illegale).

Il d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 12, co.1  sanziona il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina prevedendo che “salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato , ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona”.

Si tratta di una disposizione di carattere residuale, per la presenza della clausola di salvaguardia. Il delitto è comune, potendo essere commesso da chiunque, tanto cittadino quanto straniero: in quest’ultimo caso, sia regolare che clandestino.

Questo reato è punito indipendentemente dal fatto che l’ingresso dello straniero sia effettivamente avvenuto, poiché nella fattispecie rientra qualsiasi “atto diretto a”. In base a questo principio, sono punibili anche le condotte immediatamente successive all’ingresso clandestino e dirette a garantire l’esito favorevole dell’operazione. Si pensi alle attività di sottrazione ai controlli della Polizia, all’avvio dei clandestini verso località lontane dallo sbarco ed, in generale, a tutte quelle attività di fiancheggiamento e di cooperazione con le operazioni più direttamente e strettamente collegabili all’ingresso dei clandestini. Quando le frontiere sono state varcate, eventuali comportamenti successivi potranno eventualmente integrare gli estremi del delitto di favoreggiamento della permanenza irregolare previsto nel d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 12, co. 5.

Nella formulazione originaria del delitto era sanzionata la sola generica condotta di favoreggiamento dell’ingresso illegale dello straniero nel territorio dello Stato (‘attività dirette a favorire l’ingresso’ nella formulazione del 1998, poi divenuti ‘atti diretti a procurare’ in quella del 2002). Nel 2009 il legislatore, ha indicato con maggiore precisione le forme di agevolazione sanzionabili, attraverso l’elencazione di quelle condotte tipiche che, nella tradizione normativa, costituiscono i ruoli qualificati all’interno delle organizzazioni criminali: promozione, direzione, organizzazione, finanziamento, effettuazione del trasporto. Il chiarimento risulta più simbolico che reale, poiché i comportamenti declinati all’interno della disposizione non sono quelli che hanno dato origine, nella pratica, a perplessità applicative, in quanto forme di favoreggiamento chiare. Rispetto a tutte le altre situazioni permane l’ambigua formula degli “atti diretti a procurare l’ingresso nel territorio dello Stato”, che potenzialmente permette di estendere la punibilità a numerose condotte atipiche.

Qualora si integrino più comportamenti (ad esempio una persona organizzi e finanzi il viaggio) il reato commesso è uno solo.

La pena della reclusione da 1 a 5 anni è applicata congiuntamente a quella pecuniaria, definita in modo fisso e parametrata sul numero di stranieri il cui ingresso è stato favorito. L’entità della multa costituisce espressione della necessità di colpire nella loro capacità patrimoniale i gruppi criminali che gestiscono il traffico e, quindi, ha l’obiettivo di colpire la struttura dell’eventuale organizzazione delittuosa. Va però rilevato che in concreto devono sussistere dei patrimoni aggredibili altrimenti la sanzione pecuniaria non avrà alcun effetto concreto.

Il d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 12, co. 3 sanziona alcune ipotesi aggravate di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, prevedendo che: “salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato (…), è punito con la reclusione da cinque a quindici anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona nel caso in cui: a) il fatto riguarda l’ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più persone; b) la persona trasportata è stata esposta a pericolo per la sua vita o per la sua incolumità per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale; c) la persona trasportata è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale; d) il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti; e) gli autori del fatto hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti”.

La prima parte della norma è identica a quella descritta nel primo comma. È prevista una pena detentiva notevolmente più alta (da 5 a 15 anni di reclusione) congiunta alla medesima pena pecuniaria di 15.000 euro per ogni persona di cui è stato favorito l’ingresso perché in questo caso qualificano il reato alcuni comportamenti specifici che sono indice di maggiore gravità del fatto.

In particolare si applica questa ipotesi aggravata se:

1) viene favorito l’ingresso di più di 5 persone, in quanto l’alto numero di persone rappresenta un più grave nocumento all’ordine pubblico e al controllo delle frontiere;

2) la persona trasportata è stata esposta a pericolo per la sua vita o per la sua incolumità per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale (lett. b) o se la persona trasportata è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale” (lett. c). In questo caso il legislatore attribuisce maggiore disvalore a delle condotte che mettono a rischio l’incolumità e la dignità delle persone trasportate. Si puniscono quindi più gravemente gli organizzatori di viaggi realizzati in modo precario, con mezzi inadeguati, con un numero eccessivo di migranti, in condizioni atmosferiche avverse. La differenza fra le due ipotesi delle lett. b) e c) dovrebbe consistere nel fatto che, nel primo caso, si guarderebbe alle modalità oggettive di realizzazione del traffico (mezzo, luogo, tempo), che possono produrre rischi per la vita e l’incolumità del migrante, nel secondo, si darebbe rilevanza alle condizioni in cui versa il trasportato (assenza di servizi igienici, inadeguatezza della fornitura di cibo e acqua, sovraffollamento del mezzo rispetto alla sua capienza);

3) il fatto è commesso in concorso da tre o più persone o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti. In questo caso il legislatore attribuisce maggiore pericolosità a situazioni in cui vi sia il concorso di più persone e si possano usare mezzi particolarmente insidiosi. La capacità di utilizzare mezzi internazionali di trasporto nascondendo l’illecito che si sta compiendo, cosi come la capacità di procurarsi documenti che permettono di celare l’identità sono indici di una struttura criminale dotata di un certo spessore organizzativo;

4) gli autori del fatto hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti, in considerazione della maggiore pericolosità di tali soggetti.

Per perseguire un approccio massimamente repressivo, nel d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 12, co. 3 bis è stabilito che, in presenza di due o più degli elementi indicate nel comma precedente, la pena prevista è aumentata, secondo il calcolo ordinario definito per le circostanze a effetto comune.

Sul punto è stata sollevata questione di legittimità costituzionale ben esposta in questo articolo. In merito si è pronunciata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 63 del 10 marzo 2022 con cui è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale del d.lgs. 286 del 1998, cit. , art. 12, co. 3 lett. d) ove prevedeva quali circostanze aggravanti speciali del favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, l’utilizzo di servizi internazionali di trasporto ovvero di documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti. La Consulta ha ritenuto che il rilevante aumento di pena ivi previsto – pari al quintuplo della pena detentiva minima e al triplo di quella massima previste per la fattispecie base -  fosse contrario al principio di proporzionalità della pena, ricavabile dal combinato disposto degli artt. 3 e 27, comma 3 Cost. Per un approfondimento in merito alla sentenza si veda questo articolo.

Nel d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 12, co. 3 ter sono contemplate due circostanze aggravanti che determinano un aumento di pena da un terzo alla metà per la reclusione e la sanzione pecuniari pari a 25.000 euro per ogni persona di cui è stata favorita l’immigrazione clandestina  (invece che 15.000 euro).

Tali circostanze aggravanti si ravvisano se i fatti previsti dal d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 12, co. 1 e 2 sono commessi:

a) al fine di reclutare persone da destinare alla prostituzione o comunque allo sfruttamento sessuale o lavorativo ovvero riguardano l’ingresso di minori da impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento;

b) al fine di trarne profitto, anche indiretto.

La lett. a) si pone come argine al fenomeno della tratta di esseri umani, soprattutto di donne e di bambini, da destinare al mercato dello sfruttamento sessuale o lavorativo. La lett. b) è volta a contrastare chi dall’ingresso irregolare di migranti possa trarre un arricchimento, sia direttamente connesso all’ingresso irregolare che indirettamente.

Sempre in un’ottica repressiva è altresì contemplata una deroga al criterio del bilanciamento delle circostanze. Si stabilisce che le attenuanti, diverse da quelle previste negli artt. 98 (sulla minore età) e 114 (sul contributo di minima importanza nel concorso di persone nel reato) del codice penale, concorrenti con le aggravanti del d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 12, co. 3 ter, non possono mai essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste. Le eventuali diminuzioni di pena operano sull’ammontare della sanzione risultante dall’aumento conseguente all’applicazione delle predette aggravanti.

Al fine di contrastare più efficacemente le organizzazioni che operano nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina è prevista nel d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 12, co. 3 quinques  una circostanza attenuante speciale per l’imputato che si adopera per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori.

Questo risultato deve essere conseguito attraverso un concreto aiuto fornito all’autorità nella raccolta di elementi di prova decisivi per uno di questi elementi:

a) la ricostruzione dei fatti;

b) l’individuazione o la cattura di uno o più autori dei reati;

c) la sottrazione di risorse rilevanti alla consumazione dei delitti.

Nella disposizione è richiesto, per l’operatività dell’attenuante, che l’attività delittuosa sia in corso e non ancora conclusa.

Come indicato all’inizio il d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 12, co. 1 e 3 sanziona anche il favoreggiamento dell’emigrazione illegale, cioè dell’ingresso illegale in uno Stato diverso dall’Italia. La previsione è stata introdotta dalla l. n. 189 del 2002, cit., cd Bossi - Fini mediante l’aggiunta della incriminazione degli “atti diretti a procurare l’ingresso illegale in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente”.

La fattispecie risulta piuttosto indeterminata (tanto da essere ritenuta carente sotto il profilo della tassatività) perché nulla si dice per qualificare il concetto di “illegalità” dell’ingresso in un paese diverso dall’Italia (per il delitto di agevolazione dell’ingresso clandestino in Italia è necessario che si violino le disposizioni del testo unico). Ci si è chiesti ad esempio se il profilo dell’illegalità dell’ingresso vada valutato in rapporto con la normativa italiana o con quella del Paese in cui lo straniero voleva fare ingresso; se è ravvisabile il delitto in esame qualora lo straniero si limitasse a transitare dall’Italia in uno degli Stati dell’area comunitaria per rientrare nel Paese di provenienza.

Il d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 12, co. 2 prevede espressamente che non siano punibili le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti di clandestini in condizioni di bisogno. Questa causa di giustificazione non ha subito alcuna modifica nel corso degli anni e ha la funzione di conciliare esigenze di ordine pubblico e di tipo umanitario, dando prevalenza a queste ultime. In questo modo si cerca di evitare che il timore della sanzione penale possa ostacolare comportamenti volti a soccorre chi si trovi in condizioni di bisogno (si pensi ad esempio al soccorso prestato a chi tenta di fare ingresso irregolare e si trovi in situazioni critiche).

Come indicato all’inizio il d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 12, co. 5 sanziona il favoreggiamento della permanenza irregolare, prevedendo che “Fuori dei casi previsti dai commi precedenti, e salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero o nell’ambito delle attività punite a norma del presente articolo, favorisce la permanenza di questi nel territorio dello Stato in violazione delle norme del presente testo unico, è punito con la reclusione fino a quattro anni e con la multa fino a lire trenta milioni”.

La disposizione, introdotta nel 1998, non è stata modificata nel corso del tempo e completa il quadro repressivo, consentendo la punizione di coloro che, pur non intervenendo nell’agevolazione dell’ingresso illecito, favoriscono la permanenza dei clandestini nel territorio dello Stato o permettono a chi vi è entrato regolarmente, ma ha perduto i titoli di soggiorno, di restare in Italia in violazione delle norme del testo unico. Ha carattere residuale, nel senso che il fatto non deve essere riconducibile alle ipotesi di agevolazione dell’ingresso clandestino o a un reato più grave.

È un reato che può essere commesso da chiunque e ricorre in due ipotesi:

1) quando l’agevolazione della presenza è legata alla finalità dell’agente di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero. Ciò significa che offrire aiuto a stranieri clandestini, agevolandone la permanenza non costituisce reato se non si agisce per trarre un profitto ingiusto;

2) quando il fatto è commesso nell’ambito delle attività punite nel d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 12, come perpetuazione di una situazione di illegalità iniziata con l’ingresso clandestino. Questa previsione ricomprende condotte ulteriori rispetto alla mera agevolazione dell’ingresso, non punite da altre norme. Dubbi sussistono sulla natura permanente o istantanea del reato e sulla sua configurazione di reato di evento o a consumazione anticipata.

Con la l. n. 125 del 24 luglio 2008 sono state introdotte due circostanze aggravanti:

1) quando il fatto è commesso in concorso da due o più persone

2) ovvero riguarda la permanenza di cinque o più persone,

ed è previsto un aumento di pena da un terzo alla metà.

Sempre l. n. 125 del 2008, cit.,  ha introdotto il d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 12, co. 5 bis con cui si sanziona chi concede un immobile, a vario titolo, a uno straniero illegalmente presente nel territorio nazionale. La norma prevede che: “salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque a titolo oneroso, al fine di trarre ingiusto profitto, dà alloggio ovvero cede, anche in locazione, un immobile ad uno straniero che sia privo di titolo di soggiorno al momento della stipula o del rinnovo del contratto di locazione, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni”.

Con questa previsione si intende punire, anche al fine di rendere più difficoltosa la permanenza degli stranieri irregolari sul territorio nazionale, la prassi di locare, oltretutto a prezzi piuttosto elevati, immobili spesso in condizioni fatiscenti, approfittando della situazione di necessità degli stranieri presenti in Italia in modo illegale

Può commettere il reato chiunque abbia la disponibilità di un alloggio e lo offra a titolo oneroso al fine di trarre un ingiusto profitto. Ciò comporta che dare ospitalità a titolo gratuito o senza il fine di trarre un ingiusto profitto a uno straniero non costituisce reato.