Unità 12 - Il consenso informato e la responsabilità medica
Il consenso informato e la responsabilità medica
1. Il consenso informato e la responsabilità medica: le fonti
Sino a pochi anni or sono mancava nel nostro ordinamento una previsione generale che stabilisse esplicitamente l'obbligo del medico di informare il paziente delle caratteristiche e delle conseguenze del trattamento sanitario e di acquisirne il relativo consenso.
Una previsione a carattere generale utile a tal fine è stata introdotta con la l. 22 dicembre 2017, n. 219 ove – nell’ottica della promozione e valorizzazione della “relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico” quale luogo di incontro dell’autonomia decisionale del primo e dell’autonomia professionale e responsabilità del secondo – si afferma espressamente il diritto di ogni persona di “conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell'eventuale rifiuto del trattamento” (art. 1).
L’obbligo di informazione sui caratteri e conseguenze delle cure è corollario di quello di acquisizione del consenso, in quanto condizione di una consapevole espressione della volontà (Cass., sez. III, 30 gennaio 2009, n. 2468).
Alla stessa l. n. 219 del 2017 peraltro si deve l’introduzione delle “disposizioni anticipate di trattamento” (DAT), che consentono all’interessato di esprimere la propria volontà in materia di trattamenti sanitari in previsione di un'eventuale futura incapacità di autodeterminarsi, in particolare rifiutando particolari accertamenti diagnostici, scelte terapeutiche e singoli trattamenti(ad es. la nutrizione artificiale). Le DAT consentono altresì di nominare un “fiduciario” che rappresenti il malato nelle relazioni con medici e strutture sanitarie, esprimendone la volontà. Esse debbono essere redatte per atto pubblico, per scrittura privata autenticata, o per scrittura privata consegnata personalmente dal disponente presso l'ufficio dello stato civile del comune, ove è tenuto apposito registro, oppure presso le strutture sanitarie (art. 4).
Inizialmente, l'obbligo di informazione è stato ricondotto alla scriminante del
consenso dell'avente diritto (art. 50 c.p.), secondo un costrutto che conduce a
ritenere l'attività medica di per sé illecita e meramente scriminata per
effetto dell'acquisizione del consenso.
Il necessario riconoscimento della liceità dell'attività medica in ragione del
carattere socialmente utile di essa scrimina la condotta a prescindere dal
consenso, imponendo di ricondurne il relativo obbligo di acquisizione ad altra
fonte normativa.
L'obbligo di preventiva acquisizione del consenso trova inoltre espresso
fondamento in alcune discipline di settore, ad es. in tema di interruzione
volontaria della gravidanza (l. n. 194 del 1978, art. 14), o di procreazione
medicalmente assistita, ove l'obbligo di informazione del medico si estende
oltre l’ambito strettamente sanitario comprendendo non solo i "metodi, i
problemi bioetici e i possibili effetti collaterali sanitari e psicologici
conseguenti all'applicazione delle tecniche, le probabilità di successo e i
rischi dalle stesse derivanti", ma anche le relative "conseguenze
giuridiche per la donna, per l'uomo e per il nascituro" e sinanco "la
possibilità di ricorrere a procedure di adozione o di affidamento" (l. n.
40 del 2004, art. 6).
Ancora esso è espressamente previsto in materia di attività trasfusionale (l.
n. 219 del 2005, art. 3) e trova riconoscimento generale nel codice di
deontologia medica (art. 33)
CODICE DEONTOLOGICO MEDICO Art. 33 Informazione al cittadino |
L'obbligo di preventiva acquisizione del consenso ha trovato altresì enunciazione nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (c.d. Carta di Nizza), che ha lo stesso valore giuridico dei Trattati (art. 6 TUE) e dunque si situa nel nostro ordinamento in posizione di preminenza, risultando inderogabile per la legge ordinaria (art. 117, comma 1, Cost.).
Esso trova inoltre implicito fondamento nella disciplina costituzionale del diritto alla salute, che ammette i trattamenti sanitari obbligatori (dunque a prescindere dal consenso dell'avente diritto) nei soli casi previsti dalla legge (art. 32, Cost.; sul punto cfr. unità 1) e nella relativa disciplina di attuazione (l. 23 dicembre 1978, n. 833, art. 33 ss.), e in quella della libertà personale (art. 13, Cost.).
Lo stesso obbligo è trova espressione nel diritto internazionale, essendo in particolare affermato dalla Convenzione sui diritti dell'uomo e la biomedicina (art. 5 e ss.), firmata a Oviedo il 4 aprile 1997 e ratificata con l. 28 marzo 2001, n. 145.