Unità 16 - Le farmacie
Nell’ambito dell’assistenza sanitaria l’assistenza farmaceutica viene erogata dal SSN attraverso le farmacie di titolarità di enti pubblici e le farmacie di titolarità di soggetti privati (art. 28 l. 23 dicembre 1978, n. 833).
La farmacia, soggetto deputato principalmente alla distribuzione dei medicinali al pubblico, si inserisce infatti nel Servizio farmaceutico territoriale o in quello svolto dalle farmacie ospedaliere. Ai fini della distribuzione al pubblico si considerano medicinali anche quelli composti e le specialità medicinali commercializzate già in forma preparata (art. 122 r. d. 27 luglio 1934, n. 1265).
Negli stati italiani pre-unitari la regolamentazione della iniziativa privata del settore farmaceutico era diversificata. Se alcuni stati regolavano la materia in regime di piena libertà di impresa farmaceutica, altri operavano in regime di concessione, in altri casi ancora il regime regolatorio era simile a quello della autorizzazione. In molti casi veniva inoltre stabilito un vincolo o limite di ordine quantitativo all’apertura di questi esercizi. Non si è mancato di sottolineare che anche nel sistema autorizzatorio il farmacista titolare non è un soggetto meramente autorizzato ma allo stesso viene attribuito un vantaggio eccezionale sostanzialmente simile ad una concessione (cfr. F. Ledda, Assegnazione e apertura delle farmacie, in Gli ospedali e le farmacie, in L’ordinamento sanitario, Atti del congresso celebrativo del centenario delle leggi amministrative di unificazione, a cura di P. Bodda, Neri Pozza, Milano, 1967, p. 108).
Il numero chiuso che si era affermato anche nel settore delle farmacie (l. 22 maggio 1913, n. 468, legge Giolitti) trova ragion d’essere soprattutto nei casi di attività in concessione amministrativa, ma anche laddove l’attività è condizionata da un’autorizzazione amministrativa (F. Levi, La pianta organica delle farmacie, in L’ordinamento sanitario, Atti del congresso celebrativo del centenario delle leggi amministrative di unificazione, a cura di P. Bodda, Neri Pozza, Milano, 1967, p. 122). In tali casi l’autorità amministrativa non valuta solo le condizioni del soggetto autorizzato ma anche l’attività da svolgere in riferimento alle esigenze della collettività che ne trae utilità. La valutazione dei bisogni della popolazione viene ricondotta ad una fase precedente ai procedimenti di autorizzazione attraverso un atto definito pianta organica delle farmacie[1]. L’istituto della pianta organica non è mutato con la legislazione successiva e ha trovato collocazione anche nel testo unico delle leggi sanitarie (r. d. 27 luglio 1934, n. 1265, artt. 104 e 380). Questo atto di pianificazione riguardava il territorio comunale per stabilire numero e ubicazione delle farmacie. Il primo criterio (criterio demografico) fissato dal t. u. del 1934 era quello della popolazione. Il numero delle autorizzazioni non poteva far superare il rapporto una farmacia ogni cinquemila abitanti. Il secondo criterio (criterio topografico) era quello della distanza di almeno cinquecento metri tra le sedi delle farmacie, adottabile in aggiunta o in sostituzione di quello numerico. Mentre il criterio demografico imponeva una attività di tipo vincolato, il criterio topografico presupponeva l’esercizio di un potere discrezionale ed aveva carattere derogatorio rispetto al primo criterio. Posto che la pianta organica è una pianificazione territoriale delle farmacie il criterio della distanza tra sedi temperava così la rigidità di quello numerico della popolazione.
La suddetta pianificazione territoriale dell’attività farmaceutica si giustifica con la finalità di assicurare la tutela della salute (art. 32 Cost.) (cfr. in questi termini Corte Cost. 28 marzo 2008, n. 76, Corte Cost. 9 gennaio 1996, n. 31). La stessa giurisprudenza dell’unione europea ha affermato la legittimità di una pianificazione e del contingentamento delle farmacie per garantire l’assistenza medica adeguata della popolazione di un dato territorio (cfr. C. giust., 1 giugno 2010, C-570/07 e C-571/07, Perez e Gomez). In seguito alla emanazione del c. d. “D. L. liberalizzazioni” volto a liberalizzare alcuni settori tra cui quello farmaceutico (d. l. 24 gennaio 2012, n. 1 conv. in l. 24 marzo 2012, n. 27), è sorta la questione della avvenuta o meno modifica strutturale della materia del servizio farmaceutico. Si è sul punto affermata e condivisa l’interpretazione secondo cui sebbene sia stata soppressa l’espressione “pianta organica” al Comune rimane affidata la competenza della pianificazione che corrisponde nella sostanza alla vecchia pianta organica (cfr. in tale senso Cons. stat., sez. III, 3 aprile 2013, sulla competenza comunale in materia cfr. Corte Cost., 31 ottobre 22013, n. 255). La scelta del legislatore di conservare il contingentamento farebbe perciò escludere l’avvenuta liberalizzazione del settore, infatti anche la suddetta normativa continua a prevedere un sistema di pianificazione a “numero chiuso” da parte della Pubblica Amministrazione e ciò è compatibile con i principi comunitari in materia di libertà di stabilimento (cfr. Cons. Stat., sez. III, 7 aprile 2014, n. 1638). La materia della programmazione territoriale è stata modificata per diversi aspetti dalla normativa del 2012. Viene abbassato il parametro numerico di programmazione da 5.000 a 3.300, viene previsto assieme al criterio demografico anche la possibilità di istituzione di nuove strutture in particolari aree (es. stazioni ferroviarie, gli aereoporti civili a traffico internazionale, etc.). Al Comune viene attribuita la competenza di individuare il numero delle farmacie mentre a Regioni e Provincie autonome spetta un potere sostitutivo in caso di inerzia del Comune (art. 11, co. 9, d. l. n.1/2012).
L’attività principale delle farmacie aperte al pubblico è la vendita dei medicinali, nella quale viene inclusa anche la cessione dei medicinali per conto del SSN. L’attività di vendita dei medicinali al pubblico è permessa ai farmacisti (art. 122, co. 1 Tuls). Tra i farmaci forniti al pubblico rientrano sia i medicinali preparati in farmacia dallo stesso farmacista sia i medicinali preparati industrialmente. Inoltre i medicinali si suddividono tra quelli che possono essere acquistati senza ricetta medica e quelli invece acquistabili solo su ricetta medica. Su tale disposizione normativa ha avuto un notevole impatto la previsione della possibilità della vendita al pubblico presso gli esercizi commerciali dei farmaci da banco e dei farmaci vendibili senza ricetta medica (d. l. 223/2006 con. in l. 248/2006). La vendita al pubblico dei medicinali erogabili a carico del SSN è pertanto ammessa solo presso le farmacie. Le regole commerciali che informano l’attività delle farmacie interessano la parte minore dell’attività delle farmacie stesse se solo si pensa che la maggior parte dell’attività riguarda la cessione di tali beni ai soggetti per conto del SSN. Non a caso l’attività farmaceutica è erogata dalle ASL attraverso le farmacie di cui sono titolari enti pubblici o privati tutti convenzionati con il SSN (l. 23 dicembre 1978, n. 833, art. 28). I farmaci che vengono erogati agli assistiti nell’ambito del SSN sono definiti farmaci di classe A (l. 537/1993, art. 8, co. 10). Un medicinale viene collocato in tale classe all’atto dell’autorizzazione in commercio del medicinale, rilasciata con provvedimento Aifa o con provvedimento successivo.
Le farmacie vengono distribuite sul territorio in modo tale da garantire il servizio farmaceutico alla popolazione e l’attività è soggetta ad autorizzazione rilasciata dall’autorità competente come individuata su base di legge regionale. La titolarità delle farmacie può essere attribuita a farmacisti singoli iscritti all’albo professionale, ai Comuni, a società di persone o a società di persone a responsabilità limitata aventi ad oggetto esclusivo la gestione di una farmacia e costituite da soli farmacisti iscritti all’albo. Questa scelta di restringere la libertà di stabilimento e la libertà di circolazione dei capitali operata dal legislatore italiano è stata peraltro considerata legittima in virtù dell’obiettivo della tutela della salute perseguito dalla stessa Unione Europea (cfr. C. giust., 19 maggio 2009, C-531/06). I farmacisti individuali divengo titolari di farmacia previa concorso o per acquisto mortis causa. I Comuni possono essere titolari della metà delle farmacie disponibili e gestirle attraverso diverse modalità, peraltro non tassative: in economia, con azienda speciale, con consorzi tra Comuni per la gestione di farmacie di cui sono unici titolari oppure attraverso società di capitali costituite tra Comune e farmacisti che prestano servizio nelle farmacie di cui il Comune è titolare (l. 475/1968, art. 9, co. 1).
[1] Istituita con la l. 22 maggio 1913, n. 468, la pianta organica è un atto amministrativo generale di programmazione del servizio su base comunale. In seguito alla entrata in vigore della Costituzione questo atto di programmazione è stato ricondotto ai programmi e controlli di indirizzo e coordinamento della attività economica privata di cui all’art. 41 co. 3 Cost.
1. Unità 18 - Le farmacie
L’assistenza farmaceutica è erogata dal SSN attraverso le farmacie di titolarità di enti pubblici e le farmacie di titolarità di soggetti privati (art. 28 l. 23 dicembre 1978, n. 833).
La farmacia, organizzazione deputata principalmente alla distribuzione dei medicinali al pubblico, si inserisce nel Servizio farmaceutico territoriale o in quello svolto dalle farmacie ospedaliere. Ai fini della distribuzione al pubblico si considerano medicinali anche quelli composti e le specialità medicinali commercializzate già in forma preparata (r. d. 27 luglio 1934, n. 1265, art. 122) come ad esempio i farmaci a produzione industriale.
Negli stati italiani pre-unitari la regolamentazione dell'iniziativa privata del settore farmaceutico era diversificata. Alcuni stati prevedevano una piena libertà di impresa farmaceutica, altri subordinava l'esercizio dell'impresa farmaceutica al previo ottenimento di una concessione, in altri casi ancora il regime regolatorio era quello dell'autorizzazione.
Si ricorda in proposito la classica definizione di autorizzazioni e concessioni tratta dalla teoria generale degli atti amministrativi: benché entrambi siano provvedimenti favorevoli e ampliativi della sfera giuridica dell'interessato, l'autorizzazione (licenza, permesso, nulla osta, abilitazione, dispensa, ecc.) non gli conferisce alcun nuovo diritto, ma semplicemente rimuove un ostacolo all'esercizio di un diritto preesistente (ad es. il permesso di costruire rispetto allo ius aedificandi che è una facoltà ricompresa al diritto di proprietà). Viceversa la concessione attribuisce all'interessato una posizione giuridica soggettiva o uno status nuovo, di cui questi non era titolare e che può essergli trasferita dall'amministrazione (c.d. concessione traslativa, es. la concessione di bene demaniale, che attribuisce il diritto di usare in esclusiva un bene normalmente destinato all'uso collettivo), o costituita ex novo (c.d. concessione costitutiva, es. la concessione della cittadinanza).
Si è rilevato peraltro che anche in presenza di un sistema formalmente autorizzatorio il farmacista titolare non è un soggetto meramente autorizzato ma usufruisce di un vantaggio eccezionale sostanzialmente assimilabile a quello acquisito con l'ottenimento di una concessione (cfr. F. Ledda, Assegnazione e apertura delle farmacie, in Gli ospedali e le farmacie, in L’ordinamento sanitario, Atti del congresso celebrativo del centenario delle leggi amministrative di unificazione, a cura di P. Bodda, Neri Pozza, Milano, 1967, p. 108).