Unità 1 - La tutela della salute come diritto fondamentale


1. La tutela della salute come diritto fondamentale dell'individuo

La Costituzione italiana (1948) definisce la tutela della salute come un diritto fondamentale dell'individuo e un interesse collettivo (art. 32 Cost.), secondo una previsione che innova significativamente rispetto all’ordinamento preesistente, ove la tutela della salute era un compito assunto dalle istituzioni pubbliche in una prospettiva essenzialmente di polizia igienico-sanitaria e profilassi internazionale, che ne valorizzava dunque esclusivamente la dimensione collettiva.

In particolare, non solo lo Statuto Albertino (1848) non menziona affatto il diritto alla salute, ma la prospettazione di epoca liberale individua nella tutela della salute una questione di mero ordine pubblico: così in campo sanitario l’azione pubblica assolve essenzialmente funzioni di tipo igienico sanitarie e le relative competenze sono attribuite al Ministero dell’Interno (L. 20 marzo 1865, n. 2248, Allegato C)
Ricovero e cura dei malati sono lasciati alla libera iniziativa di privati – in particolare Opere pie – e intesi come espressione di “spirito caritatevole”; l’intervento pubblico a carattere diretto e obbligatorio è previsto solo nei confronti di indigenti e pazienti di particolari patologie.
Nemmeno la trasformazione delle Opere pie in Istituzioni pubbliche di beneficenza (I. P.A. B.) (l. 17 luglio 1890, n. 6972), determina l’affermazione di un intervento statale in materia sanitaria inteso come esercizio di una competenza pubblica, e ciò nonostante il crescente interesse dello Stato liberale per l’intervento nel settore. Alle I.P.A.B. infatti è assegnato, tra le altre cose, il compito di "prestare assistenza ai poveri, tanto in stato di sanità quanto di malattia", secondo una prospettiva che vi coglie ancora essenzialmente una questione di ordine pubblico.

E’ solo con l’affermazione dello "stato sociale" che l’assistenza sanitaria collettiva si inserisce tra le competenze istituzionali della pubblica amministrazione.
Nell’ordinamento costituzionale il diritto alla salute, collocato all’interno del titolo dedicato ai “rapporti etico-sociali”, si configura come diritto dell'individuo strumentale allo sviluppo della personalità e all'affermazione del principio di eguaglianza sostanziale (art. 3, co. 2 Cost.), oltreché come interesse della collettività.

Al diritto individuale alla salute sono riconducibili diverse accezioni: anzitutto esso va inteso come diritto all'integrità psicofisica, invocabile dall'individuo nei confronti di soggetti pubblici e privati. Tale interpretazione fonda il diritto a pretendere il risarcimento del danno nel caso di lesione del bene salute, ove il risarcimento dovuto ricomprende non soltanto le conseguenze patrimoniali dell'illecito (danno emergente e lucro cessante), ma anche il riconoscimento di un valore ex se al bene salute, risarcibile nella sua qualità di "danno biologico" (Corte Cost., 14 luglio 1986, n. 184 s.).

Secondo questa accezione, il diritto alla salute è invocabile nei confronti delle istituzioni della Repubblica, ma altresì pienamente tutelato nei rapporti interprivati, ove la sua violazione consente di invocare la responsabilità - contrattuale o extracontrattuale - dell'agente (Corte Cost. 26 luglio 1979, n. 88 e da ultimo Corte Cost. 10 giugno 2014, n. 162).