Unità didattica III - La disciplina del soggiorno



III.1. Il permesso di soggiorno

La disciplina del soggiorno in Italia si presenta piuttosto articolata. In questa unità didattica saranno presentati gli aspetti essenziali della normativa, rimandando per la normativa in materia di famiglia e di lavoro alle apposite unità didattiche.

Ai sensi del d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 5 possono soggiornare in Italia gli stranieri muniti di permesso di soggiorno. Questo perché il permesso di soggiorno è l’autorizzazione amministrativa, rilasciata dalla questura della provincia in cui lo straniero si trova, che lo autorizza a soggiornare nel territorio nazionale in condizione di regolarità. Non basta quindi fare ingresso in modo regolare ma occorre anche munirsi di permesso di soggiorno (non occorre richiedere il permesso di soggiorno per i soggiorni inferiori ai 3 mesi, su cui si rimanda alla UD II, par. 4 Il visto).

L’ingresso e il soggiorno sono strettamente collegati.

In alcuni casi eccezionali vi può essere regolarità di soggiorno senza regolarità di ingresso.

APPROFONDIMENTO I – I casi di non corrispondenza tra ingresso e soggiorno.

Ogni straniero è tenuto a richiedere il rilascio del titolo di soggiorno al questore del luogo in cui si trova entro otto giorni lavorativi dal suo ingresso nel territorio dello Stato (data risultante dal timbro datario apposto sul passaporto dalla polizia di frontiera, D.P.R. 394 del 1999, cit. art. 7, co. 3). La mancata richiesta di permesso di soggiorno entro il termine, salvo i casi di forza maggiore comporta l’espulsione amministrativa ai sensi del d.lgs. 286 del 1998, cit. art. 13, co. 2 lett. b)(su cui vedi unità didattiche  9 e 10). Al momento della richiesta di permesso di soggiorno lo straniero è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici.

APPROFONDIMENTO II – La richiesta di permesso di soggiorno

La procedura di rilascio (e lo stesso dicasi per il rinnovo) del permesso di soggiorno, ai sensi del d.lgs. 286 del 1998, cit. art. 5, co. 9, dovrebbe concludersi entro 60 giorni (come previsto a seguito delle modifiche introdotte dal d. lgs. 4 marzo 2014, n. 40, precedentemente il termine era fissato in 20 giorni) dalla presentazione dell’istanza. Si tratta di un termine ordinatorio (come più volte chiarito dalla giurisprudenza – vedi TAR Lazio, Roma, sez. II quater, 06.10.2010, n. 33723, che ha indicato come la scadenza del termine legittima l’interessato a impugnare il silenzio-rifiuto), mai rispettato dall'amministrazione per svariati motivi (carenza di organico, inefficiente introduzione di nuovi sistemi di presentazione delle domande o di rilascio del permesso di soggiorno, etc.). Proprio per i cronici ritardi dell’amministrazione, il legislatore nel 2011 (legge n. 214 del 22 dicembre 2011) ha introdotto il d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 5, co. 9 bis che ha previsto per lo straniero, nelle more del rilascio del permesso di soggiorno (anche in caso di rinnovo), la possibilità di soggiornare legittimamente e di lavorare (qualora il suo permesso consenta di lavorare) fino alla comunicazione da parte della Pubblica Amministrazione dell’esistenza di motivi ostativi al rilascio del permesso di soggiorno. 

Va però sottolineato che l’attività lavorativa può svolgersi se sono stati rispettati termini per la richiesta del permesso di soggiorno (la richiesta del rilascio del permesso  di  soggiorno per motivi di lavoro sia stata effettuata dal lavoratore straniero all'atto della stipula  del contratto di soggiorno, ovvero, nel caso  di rinnovo, la richiesta sia stata presentata prima della  scadenza  del permesso o entro 60 giorni dalla scadenza dello stesso) e se è stata rilasciata dal competente ufficio la ricevuta attestante l'avvenuta presentazione della richiesta di rilascio o di rinnovo del permesso.

Questa disposizione è particolarmente importante in caso di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro. Basti pensare alle conseguenze per un datore di lavoro. Cosa potrebbe fare di fronte a dipendenti stranieri che hanno regolarmente fatto domanda di rinnovo ma non ricevono risposta? La norma permette di chiarire che il datore di lavoro può mantenere alle proprie dipendenze i lavoratori senza alcun rischio (rischi che sarebbero altrimenti anche di carattere penale, come si vedrà nel proseguio del corso).

La durata del permesso di soggiorno è commisurata a quella del visto di ingresso.  La legge determina inoltre la durata massima dei titoli di soggiorno, prevedendo: tre mesi per visite, affari, turismo (in questo caso vale la dichiarazione di presenza che sostituisce il permesso di soggiorno); un anno per la frequenza di un corso di studio o formazione, rinnovabile ogni anno nel caso di corsi pluriennali; due anni per il ricongiungimento famigliare; la durata necessaria in relazione alle necessità specificamente documentate negli altri casi.

Diverse le regole per il permesso di lavoro. La durata del permesso di soggiorno per motivi di lavoro è di norma prevista nel contratto di soggiorno ma non può superare: nove mesi per i contratti stagionali, un anno per lavoro subordinato a tempo determinato, due anni per lavoro subordinato a tempo indeterminato o per lavoro autonomo (d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 5 co. 3 bis).

I lavoratori stagionali possono beneficiare di permessi pluriennali qualora dimostrino di essere venuti in Italia per due anni consecutivi al fine di svolgere lavoro stagionale e siano regolarmente rientrati al termine. In questo caso, al lavoratore stagionale può essere rilasciato un permesso pluriennale, con il limite dei tre anni e per la stessa durata annua di cui ha beneficiato nell'ultimo anno in cui si è recato in Italia. Al termine del periodo lo straniero deve fare rientro nel suo Paese, pena la revoca immediata del titolo di soggiorno.

Il rinnovo del permesso di soggiorno deve essere richiesto dallo straniero almeno 60 giorni prima della scadenza al questore della provincia in cui lo straniero dimora. La richiesta va fatta con le medesime modalità previste per il rilascio (d.lgs. 286 del 1998, cit. art. 5, co. 4). Il termine di 60 giorni è meramente ordinatorio. Nessuna conseguenza è prevista nel caso della sua violazione (ad esempio non si potrà negare il rinnovo solo per un ritardo da parte dello straniero nel formulare la richiesta, vedi Consiglio di Stato, Sezione III, 28 aprile 2016, n. 2230). Tuttavia, se non viene chiesto il rinnovo entro 60 giorni dalla sua scadenza, è prevista l’espulsione (d.lgs. 286 del 1998, cit., art 13, co. 2 lett. b). Come già detto in precedenza il d.lgs. 286 del 1998, cit. artt. 5, co. 9 e 9 bis si applicano anche al rinnovo del permesso di soggiorno.

Ogni permesso di soggiorno abilita all'esercizio delle attività per cui è stato rilasciato, ma va ricordato che:

  •  il permesso di soggiorno per lavoro subordinato consente l’esercizio del lavoro autonomo e viceversa, mentre il titolo di soggiorno per motivi familiari (al pari di quello per casi speciali, protezione speciale, asilo, protezione sussidiaria  e integrazione minori) consente l’esercizio del lavoro sia subordinato che autonomo.
  • il permesso di soggiorno per motivi di studio e formazione può essere convertito, prima della scadenza, previa stipula del contratto di soggiorno, in un permesso per motivi di lavoro nell’ambito delle quote di cui al d.lgs. 286 del 1998, cit. art. 3, co. 4. Inoltre lo studente straniero può svolgere attività lavorativa subordinata per un tempo non superiore a venti ore settimanali ed entro il limite annuale di 1.040 ore (D.P.R. 394 del 1999, cit. art 14, co. 4).