Unità didattica VII - La protezione internazionale
VII.1. Dalla Convenzione di Ginevra al sistema europeo di protezione internazionale
A seguito del secondo conflitto mondiale e della conseguente necessità di fronteggiare significativi flussi di sfollati, con il crearsi di una situazione emergenziale su scala globale apparve evidente la necessità di dotarsi di un testo convenzionale di più ampio respiro rispetto ai trattati bilaterali regionali a tal scopo fino ad allora adottati. L'intento fu di codificare in modo definitivo la figura del rifugiato e la portata dello status a esso connesso, il che avvenne il 28 luglio del 1951, quando venne firmata a Ginevra la Convenzione sullo statuto dei rifugiati, ratificata dallo Stato Italiano con l. 24 luglio 1954, n. 722.
Inizialmente l'applicazione del testo convenzionale non era assoluta risultando limitata sia nel tempo che nello spazio.
La versione originaria della Convenzione di Ginevra, cit., art. 1, lett. A, co. 2) prevedeva, infatti, una applicazione retroattiva della nozione di rifugiato, facendo riferimento solo a coloro i quali erano fuggiti dal proprio Paese per eventi occorsi prima del 01 gennaio 1951. Tale riserva temporale, che di fatto rendeva inattuabile il disposto della Convenzione per il futuro, fu eliminata con l'entrata in vigore del protocollo di New York relativo allo status di rifugiato del 1967.
Per quanto attiene, invece, alla limitazione territoriale della applicazione della Convenzione, la lett. B) dell'art. 1, co. 2, permetteva agli Stati contraenti di scegliere se riconoscere lo status di rifugiato agli stranieri in fuga da eventi occorsi sul solo territorio europeo ovvero anche in altri Paesi del mondo, ove oggi solo un numero limitatissimo di Stati mantiene la prima opzione.
La Convenzione di Ginevra è il principale strumento di diritto internazionale in materia, ponendosi quale fondamento giuridico delle correlate discipline regionali e nazionali (art. 11 Cost.).
La sua struttura si compone, essenzialmente, di tre gruppi di disposizioni:
la definizione della nozione di rifugiato (art. 1, lett. A, co. 2);
la condizione giuridica e l'insieme dei diritti di cui può godere il rifugiato nel Paese ospite (v. UD VII);
la protezione del rifugiato dal rischio di di refoulement (art. 33) v. UD VIII.1.
Il sistema convenzionale, tuttavia, presenta due rilevanti lacune: da un lato, non è prevista alcuna disciplina di tipo procedurale, dall'altro, in assenza di un organo giudiziario internazionale preposto al controllo dell'applicazione e dell'interpretazione delle norme della Convenzione la loro attuazione nei singoli Stati contraenti risulta estremamente differenziata.
APPROFONDIMENTO 1 - L'evoluzione del sistema europeo di asilo
Al sistema internazionale di protezione dello straniero si affianca con una norma di avanguardia il c.d. asilo costituzionale. Disciplinato dall'art. 10, co. 3 Cost., è stato oggetto di intenso dibattito sin dal momento della sua adozione in sede di Assemblea Costituente. Pur nella condivisa volontà di inserire nel testo costituzionale il diritto d'asilo, la definizione dei criteri utili ai fini del suo riconoscimento fu, infatti, oggetto di accesa diatriba, tra due opzioni principali: ammettere il diritto di asilo solo nei confronti dei cittadini stranieri perseguitati per ragioni politiche poiché combattenti per la libertà e la democrazia nel proprio Paese di origine ovvero individuare quale unico parametro utile a tali fini l'effettiva negazione nel proprio Paese di origine del godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti dall'ordinamento costituzionale.
Nel prevalere della seconda alternativa, la cui portata è indubbiamente più ampia, il diritto di asilo costituzionale si configura quale diritto soggettivo perfetto in capo allo straniero di entrare e soggiornare sul Territorio Nazionale, ove non gli sia concesso nel proprio Paese di origine il godimento delle libertà democratiche previste dalla Costituzione Italiana.
L'art. 10, co. 3 Cost. prevede una riserva di legge assoluta, che non pare essersi effettivamente tradotta nella adozione di uno specifico testo normativo. Tuttavia non ne risulta sconfessata per questo l'immediata azionabilità del diritto di asilo ove sia affermata la sussistenza in capo allo straniero, che versi nelle condizioni previste dalla norma costituzionale, di un diritto soggettivo all'ottenimento del diritto d'asilo anche in mancanza di una norma attuativa che ne specifichi le modalità di esercizio, e ciò in virtù del carattere precettivo della norma, da cui discende la sua immediata operatività (Cass. Civ., S.U., 26 maggio 1997, n. 4674).
Ne deriva il superamento dell'assunto secondo il quale la riserva di legge di cui all'art. 10, co. 3 Cost. avrebbe trovato esecuzione nella legge di attuazione della Convezione di Ginevra del 1951 sullo status di rifugiato. In tal modo, infatti, la portata del diritto di asilo costituzionale verrebbe ricondotta nei più angusti limiti della definizione di rifugiato. E' evidente che lo straniero al quale sia negato nel proprio Paese di origine il godimento dei diritti e delle libertà garantiti dalla Costituzione italiana non debba necessariamente essere anche vittima di persecuzioni per motivi di razza, religione, opinioni politiche, nazionalità o appartenenza ad un determinato gruppo sociale. La nozione di rifugiato deve, quindi, essere distinta dalla figura dell'asilante costituzionale.
In ogni caso manca ad oggi la determinazione precisa della portata della norma costituzionale. Ferma, infatti, la non coincidenza tra i due istituti sopra menzionati, deve ancora definirsi quali siano i rapporti reciproci e i differenti ambiti di applicazione, anche con riferimento alle altre forme di protezione dello straniero nel tempo introdotte nell'ordinamento italiano. Non è, infatti, mancato chi ha ritenuto l'art. 10, co. 3 Cost. debba essere qualificato alla stregua di una categoria generale all'interno del quale rientrano sia le forme di protezione internazionale di matrice europea, al cui interno è confluito lo status di rifugiato di natura convenzionale, sia le forme di protezione nazionali, in particolare nell'abrogato il permesso di soggiorno per motivi umanitari (d.lgs. n. 286 del 1998, cit., art. 5, co. 6).
Più in generale, per quanto, infatti, le discipline internazionali ed europee elaborate nel corso del tempo e che oggi costituiscono un quadro normativo di riferimento, abbiano una applicazione maggiormente incisiva e concreta, non può dimenticarsi che il diritto di asilo costituzionale preesiste alle stesse e si configura quale forma di protezione dello straniero effettiva ed azionabile. Ne consegue che, nell'ipotesi in cui la disciplina di recepimento in materia di protezione internazionale oggi vigente venisse meno, lo straniero presente in Italia non resterebbe privo di tutela, ben potendo azionare il diritto di asilo costituzionale.