Unità Didattica IX - La procedura di riconoscimento della protezione internazionale

IX.1. Il procedimento di riconoscimento della protezione internazionale

La procedura di riconoscimento della protezione internazionale è disciplinata dal d.lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, con il quale è stata recepita la direttiva europea 2005/85/CE del 01 dicembre 2005 recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato. Tale testo normativo è stato modificato dal d.lgs. n. 142 del 2015, cit., entrato in vigore il 30 settembre 2015, con il quale sono state recepite due direttive europee: la 2013/33/UE sulle norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (rifusione) e la 2013/32/UE recante procedure comuni ai fini del riconoscimento della protezione internazionale (rifusione) – si veda Approfondimento VII.1.

Una ulteriore e significativa novella della normativa in tema di procedura di riconoscimento della protezione internazionale è intervenuta con la conversione nella l. n. 46 del 13 aprile 2017 del d.l. n. 13 del 17 febbraio 2017.

La procedura di riconoscimento della protezione internazionale ha inizio su istanza di parte, con la presentazione della domanda da parte dello straniero o dell'apolide avanti alla polizia di frontiera ovvero presso gli Uffici competenti della Questura (d.lgs. n. 25 del 2008, cit., art. 3). Sono considerate rientranti nel territorio nazionale, ai fini della presentazione della domanda di protezione internazionale anche le zone di frontiere e le zone di transito - ad esempio quelle aeroportuali – nonché le acque territoriali (d.lgs. n. 25 del 2008, cit., art. 1).

Dal momento di manifestazione della volontà, da parte dello straniero, di presentare domanda di protezione internazionale, che ne importa l'immediata qualifica di "richiedente protezione internazionale", la verbalizzazione dell'istanza deve avvenire nel termine di tre giorni; il termine si estende a sei giorni se la richiesta è espressa avanti alla polizia di frontiera. Il medesimo termine può essere prolungato sino a dieci giorni nel caso in cui la vi sia un elevato numero di richieste, ad esempio in caso di sbarchi ravvicinati (d.lgs. n. 25 del 2008, cit., art. 26, co. 2 bis).

La verbalizzazione della domanda, che deve essere fatta personalmente dall'interessato e si intende automaticamente estesa ai figli minori non coniugati presenti sul Territorio Nazionale (d.lgs. n. 25 del 2008, cit., art. 6), avviene normalmente attraverso la compilazione del modello per il riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra, c.d. modello C\3, che può essere accompagnata, qualora lo desideri il richiedente, da uno scritto circa i motivi della sua fuga dal Paese di origine o di dimora. In tali circostanze, così come ogniqualvolta il richiedente debba spiegare la propria situazione alle autorità competenti, egli ha diritto di essere assistito gratuitamente da un interprete nella lingua da lui prescelta (d.lgs. n. 25 del 2008, cit., art. 10, co. 4).

Nel redigere l'istanza, lo straniero non è tenuto a specificare quale forma di protezione è intenzionato a richiedere, ma deve limitarsi all'esposizione delle circostanze che attengono alla sua situazione personale: sarà poi compito dell'autorità amministrativa competente, sulla base degli elementi sottoposti alla sua attenzione, valutare se lo straniero sia meritevole della protezione internazionale ed in che forma la stessa debba essere riconosciuta.

L'esame della domanda è demandato alle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale ex d.lgs. n. 25 del 2008, cit., art. 4, la cui competenza è determinata sulla base del luogo in cui è stata presentata l'istanza. Qualora lo straniero sia accolto in una struttura di accoglienza o trattenuto in un Centro di permanenza per i rimpatri - CPR (precedentemente noto come Centro di Identificazione ed Espulsione CIE UD XVI - XVII), la competenza territoriale della Commissione è determinata in base alla circoscrizione territoriale in cui si trova il centro e, conseguentemente, muta nel caso in cui lo straniero venga trattenuto dopo aver presentato la domanda di protezione internazionale.

Le Commissioni territoriali sono composte da quattro membri da personale selezionato in base al possesso di specifiche conoscenze sulla materia. Vi sono poi dei rappresentanti dell'UNHCR - Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati che forniscono supporto nella ricerca delle COI - Country of Origin Information e vigilano sul rispetto delle procedure. Ai medesimi fini possono sono presenti funzionari dell'OIM - Organizzazione internazionale per le migrazione e personale EASO - Ufficio europeo di sostegno per l'asilo, con lo scopo di supportare lo Stato italiano nello svolgimento delle procedure di riconoscimento della protezione internazionale. 

Il ruolo di presidente della Commissione territoriale è ricoperto da personale designato dal Ministero dell'Interno.

Il coordinamento delle singole Commissioni territoriali spetta alla Commissione Nazionale per il riconoscimento della protezione internazionale, che svolge, altresì, un ruolo di aggiornamento e raccolta della documentazione concernente la situazione socio-economica e politica dei Paesi di origine dei richiedenti e fissa le linee guida per la valutazione delle domande.

La valutazione della domanda spetta in via esclusiva alla Commissione territoriale e, pertanto, anche a fronte di una palese inammissibilità dell'istanza, la sua presentazione non può mai essere rifiutata dalle autorità di polizia. La ratio di tale disposto è da ricercarsi nella specificità della composizione di tali organi amministrativi, i cui membri sono scelti sulla base di un comprovato livello di preparazione in materia.

Tale concetto è stato nuovamente ribadito dalla Corte di Cassazione, ove di afferma altresì che la condizione di richiedente asilo sorge al momento della manifestazione della volontà di presentare la domanda di protezione internazionale e, quindi, anche prima della sua formalizzazione con il cd modello C/3(Cass. Civi. Sez. I n. 21910 del 17.09.2020)

L'esame delle domande di protezione internazionale importano un vero e proprio dovere di collaborazione per il richiedente protezione con le Autorità amministrative: egli, infatti, ai sensi del d.lgs. n. 25 del 2008, cit., art. 11 e del d.lgs. n. 251 del 2007, cit., art. 3, ha l'obbligo di cooperare in ogni fase della procedura e di indicare ogni elemento e documentazione utile circa la propria posizione personale, le ragioni che hanno determinato il suo allontanamento dal Paese di origine o di dimora e quelle che ne impediscono il rientro, oltre a tutto ciò che possa essere di utile valutazione al fine di agevolare la decisione finale. Il richiedente può ottemperare a tale obbligo in due momenti: al momento della presentazione della domanda e nel corso della audizione personale avanti alla Commissione territoriale.

Il colloquio personale è uno dei momenti cardine della procedura di riconoscimento della protezione internazionale poiché, da un lato, i membri della Commissione, che già hanno cognizione della situazione personale del richiedente, possono saggiarne la credibilità ed approfondire aspetti non pienamente chiari, dall'altro, il richiedente può spiegare con maggiore calma e precisione le sue ragioni.

L'omissione della audizione, circostanza comunque alquanto rara, è giustificata solo nel caso in cui sia possibile riconoscere lo status di rifugiato sulla base della disamina della sola documentazione prodotta dal richiedente (d.lgs. n. 25 del 2008, cit., art. 12). 

Ulteriore ipotesi nella quale è possibile non tenere l'audizione si ha qualora il Paese di origine del richiedente rientri nell'elenco predisposto periodicamente dalla Commissione nazionale di nazioni, in cui sussistono condizioni tali da permettere il riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi del d.lgs. 251 del 2007, art. 14. In tal caso, tuttavia, è necessario che lo straniero presti il consenso a tale procedura speciale, residuando la possibilità di chiedere di essere sottoposto alla audizione personale per poter esporre le ragioni sottese al riconoscimento dello status di rifugiato.

Nel corso dell'audizione, il richiedente ha diritto all'assistenza gratuita di un interprete ed ha la facoltà di farsi assistere, a proprie spese, da un difensore (d.lgs. n. 25 del 2008, cit., art. 13). 

Il d.l. n. 13 del 2107, cit., così come modificato in sede di conversione, prevede che il colloquio avanti alla Commissione territoriale venga videoregistrato e trascritto in lingua italiana con sistemi automatici di riconoscimento vocale. Giova precisare che la trascrizione con tali modalità attiene solo alle parti in lingua italiana - nella fattispecie le domande del Commissario delegato per l'audizione e la traduzione delle dichiarazioni del richiedente asilo - attesa l'oggettiva impossibilità di utilizzare tali strumenti tecnologici per la trascrizione di lingue che spesso sono solo dei dialetti locali. Tali disposizioni sono entrate in vigore il 17 agosto 2017, ma ad oggi non anno ancora avuto applicazione stante l'indisponibilità degli strumenti tecnici idonei.

Sono previste procedure accelerate per l'esame della domanda di protezione internazionale (d.lgs. n. 25 del 2008, cit., art. 28 bis) ove la stessa risulti:

  • manifestamente infondata;
  • reiterata – quando la richiesta di asilo è proposta dallo straniero per due volte con i medesimi contenuti, senza che venga aggiunto alcun elemento nuovo o sopravvenuto. In tal caso la domanda è sottoposta a un vaglio di ammissibilità da parte del Presidente della Commissione territoriale competente;
  • presentata in determinati valichi di frontiera o nelle zone di transito - a tale fine sono istituite con il d.l. n. 113 del 2018, cit., così come modificato nella conversione in legge, Commissioni territoriali ad hoc;
  • presentata da uno straniero proveniente da uno dei Paesi di origine sicuri, individuati con decreto interministeriale del 04.08.2019;
  • presentata solo fine di impedire o ritardare l'adozione o l'esecuzione di un provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale.

La ratio di tale scelta discende dalla volontà di velocizzare le procedure di definizione della domanda, salvo in ogni caso il rispetto delle garanzie previste dal d.lgs. n. 25 del 2008, cit.

Con lo scopo di perseguire il medesimo fine, la domanda di protezione è valutata in via prioritaria (d.lgs. n. 25 del 2008, cit., art. 28) qualora:

  • appaia manifestamente fondata;
  • sia stata presentata da un appartenente ad una categoria di persone vulnerabili ai sensi del d.lgs. 142 del 2015, cit., art. 17, in particolare se minore non accompagnato;
  • possa essere concessa la protezione sussidiaria di cui al d.lgs. 25 del 2008, cit., art. 12, co. 2 bis;
  • sia stata presentata da un cittadino straniero trattenuto in un Centro di permanenza per i rimpatri - CPR.

Ai fini della valutazione della domanda di riconoscimento della protezione internazionale sono oggetto di valutazione: le informazioni riguardanti la situazione politica, sociale ed economica del Paese di origine dell'istante al momento della adozione della decisione (cd. COI -  Country of Origin Information) e le dichiarazioni e la documentazione prodotta da costui (d.lgs. n. 251 del 2007, cit., art. 3, co.3). Queste ultime devono essere valutate alla luce di un principio di verosimiglianza, attesa l'oggettiva difficoltà in capo al richiedente asilo di fornire piena prova del timore di essere perseguitato o di subire gravi danni alla propria persona in caso di rientro nel proprio Paese di origine.

In tal senso si colloca la previsione in capo al richiedente asilo di un onere della prova attenuato (d.lgs. n. 251 del 2007, cit., art. 3, co. 4). Qualora, infatti, le sue allegazioni non siano sorrette da evidenze probatorie, la Commissione può comunque considerarle veritiere a fronte dell'accertamento della sussistenza di riscontri esterni, quali la tempestività della presentazione della domanda, l'allegazione di una valida giustificazione alla mancata presentazione di elementi probatori significativi e la complessiva credibilità del richiedente, desumibile dall'assenza di contraddizioni interne e dalla coerenza delle stesse con le condizioni generali del Paese di origine. Per tale ragione le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione hanno individuato in capo sia all'autorità amministrativa sia a quella giudiziaria un vero e proprio potere istruttorio d'ufficio, attraverso il quale acquisire elementi utili alla valutazione della domanda di protezione internazionale e della credibilità delle dichiarazioni rese dal ricorrente. Da ciò consegue un'alterazione delle normali regole procedurali che impongono in capo a chi agisce per il riconoscimento di un diritto o di uno status un onere probatorio pieno circa ogni allegazione avanzata (Cass. Civ., SU, 17 novembre 2008, n. 27310).

Tra i vari elementi che contribuiscono all'esito positivo del procedimento di riconoscimento della protezione internazionale, con particolare riferimento alla credibilità delle affermazioni del richiedente asilo, vi è l'aver già subito in passato atti di persecuzioni, danni gravi o minacce dirette alla propria persona: ciò rappresenta un “serio indizio” della fondatezza del timore paventato dal richiedente, poiché, in linea generale, si presume che ciò possa nuovamente capitare in futuro. Ovviamente, ciò non significa che la sussistenza di tale circostanza sia assolutamente necessaria ai fini della positiva conclusione del procedimento di riconoscimento della protezione internazionale, poiché il richiedente ben potrebbe essere riuscito a fuggire prima di subire atti di persecuzione o danni gravi alla propria persona ed avere comunque il ragionevole e fondato timore di esserne oggetto in futuro. Allo stesso modo, tale fondato timore può non essere riconosciuto in capo al richiedente, nonostante lo stesso sia già stato vittima di tali atti, nel caso in cui questi risultino risalenti nel tempo e non più attuali rispetto alle oggettive condizioni del Paese di origine.


Il procedimento di riconoscimento della protezione internazionale può avere diversi esiti:

  • il riconoscimento dello status di rifugiato;
  • il riconoscimento della protezione sussidiaria;
  • il diniego della protezione internazionale, ma il riconoscimento di un permesso di soggiorno per protezione speciale in ragione del principio di non refoulement (UD VII.4);
  • il diniego della protezione internazionale.

Il riconoscimento della protezione internazionale è negato nel caso in cui lo straniero sia considerato un pericolo per la sicurezza dello Stato (ed anche per l'ordine pubblico, nel solo caso della protezione sussidiaria) ovvero nel caso in cui abbia riportato in Italia una condanna definitiva per alcuni reati di cui al d.lgs. 251 del 20107, cit., artt. 12, co. 1 lett. c) e 16, co. 1 lett. d-bis), la cui elencazione è stata ampliata con il d.l. 113 del 2018, cit. 


In caso di esito negativo del procedimento e quando il richiedente ritiene di avere titolo al riconoscimento di una forma di protezione diversa, è possibile impugnare il provvedimento in sede giudiziale. 

La procedura è stata profondamente modificata con l'entrata in vigore del d.l. 13 del 2017, cit., così come modificato in sede di conversione.

Secondo il sistema attualmente vigente (che si applica ai procedimenti iniziati dopo il 17 agosto 2017), avverso la decisione della Commissione territoriale è ammesso il ricorso alla Sezione Specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea presso il Tribunale ordinario, in composizione collegiale, entro 30 giorni dalla notifica del provvedimento, termine che viene dimezzato nel caso in cui il richiedente sia trattenuto in un CPR ed in altri casi particolari.

In linea generale la proposizione del ricorso sospende l’esecutività del provvedimento impugnato e il richiedente asilo continua a mantenere tale status sino alla adozione della ordinanza che definisce il giudizio. In casi specifici – come nel caso del richiedente asilo trattenuto presso un CPR - tale effetto sospensivo non opera automaticamente a fronte della mera presentazione del ricorso, ma deve essere richiesto con istanza ad hoc presentata al Giudice procedente, il quale deve pronunciarsi in merito nel termine di 5 giorni. Qualora, quindi, tale istanza venga rigettata, il richiedente non è più autorizzato a permanere sul territorio nazionale e, qualora non se ne allontani, incorrerà nelle conseguenze giuridiche che conseguono alla posizione di irregolarità dello straniero (UD. XV).

Il procedimento ha una natura prettamente cartolare e, in linea generale non è prevista la fissazione di una udienza nè per la mera comparizione delle parti nè per la nuova audizione dell'interessato.

Il decreto conclusivo non è reclamabile, ma è ammessa la sola impugnazione avanti alla Corte di Cassazione, nel termine di 30 giorni dalla comunicazione della cancelleria. Da tale momento viene meno altresì la sospensione degli effetti del provvedimento della Commissione territoriale: specifica richiesta di sospensione per il procedimento di Cassazione può essere richiesta al Giudice che ha emesso il decreto impugnato.