Unità didattica XI - I diritti e i doveri dello straniero

Unità didattica XI - I diritti e i doveri dello straniero

XI.1. Il diritto alla salute

Con l'entrata in vigore della Costituzione italiana nel 1948 il diritto alla salute viene codificato nella sua duplice natura: diritto individuale alle cure, con esplicita previsione dell'estensione del diritto anche a chi non ha i mezzi per contribuire alla spesa comune, e interesse per la collettività alla prevenzione delle malattie e alla tutela della salute comune. La previsione costituzionale non pone alcun limite all'accesso al godimento di tale diritto sulla base della cittadinanza e, quindi, può definirsi quale diritto universale spettante a chiunque si trovi sul territorio nazionale, indipendentemente dalla sua nazionalità o dalla regolarità del suo soggiorno (art. 32).

Ferma la tutela del diritto alla salute quale diritto fondamentale dell’individuo, l'intensificarsi dei flussi migratori verso l'Italia ha comportato l'adozione di una disciplina speciale per l'accesso alle cure da parte degli stranieri, con definizione di un contenuto differente a seconda dello status dello straniero e delle condizioni relative al suo soggiorno in Italia.

In primo luogo deve prendersi in considerazione la condizione dei cittadini europei, con riferimento ai quali deve distinguersi tra chi soggiorna sul territorio nazionale per un periodo inferiore o superiore ai tre mesi, circostanza in virtù della quale mutano le condizioni di residenza sul territorio nazionale (v. UD. XIII).

Nel primo caso, l'accesso alle prestazioni sanitarie avviene a seguito della presentazione della Tessera europea di assicurazione malattia (TEAM), che per i cittadini italiani è riportata sul retro della tessera sanitaria.

Qualora il periodo di permanenza del cittadino europeo sul territorio nazionale superi i tre mesi sussiste l'obbligo di iscrizione al Servizio Sanitario nazionale (SSN) per tutti coloro i quali svolgono un'attività lavorativa, in forma autonoma o subordinata, siano temporaneamente disoccupati, ma iscritti alle liste di collocamento, siano familiari di un cittadino europeo ovvero siano titolari del diritto al soggiorno permanente.

L'iscrizione al SSN non è subordinata all'iscrizione anagrafica, adempimento a cui comunque sono tenute le categorie di cittadini europei sopra evidenziate (v. UD XIII), e, pertanto, può avvenire anche a prescindere, a fronte della presentazione della documentazione che ne attesti i requisiti richiesti.

La mancata iscrizione comporta in ogni caso la copertura per le prestazioni indifferibili e urgenti (minori, maternità, vaccinazioni).

Per quanto attiene, invece, ai cittadini europei che, pur risiedendo regolarmente in Italia per un periodo superiore ai tre mesi, non rientrano nelle categorie per le quali vige l'obbligo di iscrizione – studenti o persone in possesso di risorse economiche sufficienti, il cui soggiorno, per definizione, non deve poter comportare un costo per il sistema sanitario nazionale – sono tenuti a dotarsi di un' assicurazione sanitaria privata.

Deve, infine, ricordarsi che ai sensi del Regolamento (CEE) n. 1408 del 14 giugno 1971, art. 22, è previsto il diritto per il cittadino europeo di recarsi presso uno Stato membro differente da quello di residenza al fine di sottoporsi a prestazioni mediche, previa autorizzazione delle istituzioni competenti dello Paese membro di residenza. Tale autorizzazione non può essere rifiutata nel caso in cui le cure necessitate, pur figurando in quelle previste dalla normativa del Paese membro di residenza, non possono essere praticate nel lasso di tempo necessario, tenuto conto dello stato di salute dell'interessato e della probabile evoluzioni della malattia. La Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha definito i limiti e le condizioni secondo cui deve essere accertata tale impossibilità (CGUE, 09 ottobre 2014, C-268/13, Elena Petru/Casa Judeteana de Asigurari de Sanatate Sibiu, Casa Nationala de Asigurari de Sanatate)

Per i cittadini extraeuropei regolarmente presenti sul territorio nazionale, vige l'obbligo di iscrizione al Servizio Sanitario nazionale se:

  1. svolgono un'attività lavorativa autonoma o subordinata ovvero siano iscritti alle liste di collocamento
  2. sono titolari di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro, subordinato o autonomo, per motivi familiari, per asilo, per protezione sussidiaria, per casi speciali, per protezione speciale, per cure mediche ai sensi del d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 19, co. 2, lett. d-bis), per richiesta asilo, per attesa adozione, per affidamento e per attesa acquisto cittadinanza. (d.lgs. n. 286 del 1998, art. 34, co. 1 e 2, cit.). 

Tale obbligo si estende anche ai familiari a carico regolarmente soggiornanti.

La norma in esame distingue due differenti fattispecie. La prima trova il suo fondamento nei principi previsti dalla disciplina sul lavoro e indica che lo svolgimento di una attività lavorativa, così come l'iscrizione alle liste di collocamento, accorda di per sé il diritto all'iscrizione obbligatoria al SSN allo straniero – lavoratore, indipendentemente dal tipo di permesso di soggiorno posseduto e dalle motivazioni sottese al suo rilascio.

La seconda, invece, estende tale diritto ai titolari di determinanti titoli di soggiorno senza che venga in rilevanza l'effettivo svolgimento di una attività lavorativa da parte dello straniero.

Gli stranieri per i quali vige l'obbligo di iscrizione al SSN, sono pienamente equiparati ai cittadini italiani, sia con riferimento al godimento delle prestazioni sanitarie sia per quanto attiene ai doveri di contribuzione collettiva alla spesa sanitaria pubblica.

La durata dell'iscrizione è pari a quella del permesso di soggiorno e viene meno in casi di sua revoca o di diniego del rinnovo (D.P.R. n. 394 del 1999, art. 42, cit.).

L'iscrizione al SSN ha natura dichiarativa e non costitutiva, dunque il diritto all'assistenza sanitaria sorge non al momento dell'effettiva registrazione presso l'ASL competente, ma al verificarsi delle condizioni richieste.

I cittadini extraeuropei che risiedono regolarmente in Italia, ma che non rientrano nelle categorie esaminate - perché non impegnati in una attività lavorativa o titolari di titolo di soggiorno diverso da quelli elencati - devono provvedere a stipulare un'assicurazione sanitaria privata ovvero iscriversi volontariamente al SSN (d.lgs. n. 286 del 1998, art. 34, co. 3 e 4, cit. e D.P.R. n. 394 del 1999, art. 42, co, 5 e 6, cit.). Rientrano in tale categoria i titolari di un permesso di soggiorno per residenza elettiva, per motivi religiosi nonché i dipendenti di organizzazioni internazionali aventi sede sul territorio italiano. Inoltre, per esplicita previsione normativa, tale possibilità è estesa anche ai titolari di un permesso di soggiorno per motivi di studio, anche se inferiore ai tre mesi.

A differenza del diritto all'iscrizione obbligatoria al SSN, la possibilità di iscrizione volontaria comporta l'onere per il richiedente di corrispondere un contributo annuale, a titolo di partecipazione alle spese, oltre al pagamento di quanto dovuto all'occorrenza del godimento dell'assistenza sanitaria, è rinnovabile a fronte del mantenimento delle condizioni di accesso ed è commisurato sulla base del reddito.

Non sono iscrivibili al SSN gli stranieri che pur regolarmente presenti sul territorio nazionale vi permangano per un periodo inferiore ai tre mesi, come nel caso dei turisti, i quali possono accedere ai servizi sanitari offerti previo pagamento della prestazione, tranne nel caso in cui l'Italia abbia sottoscritto trattati o accordi di reciprocità in materia sanitaria con il Paese di origine dell'interessato. In ogni caso sono sempre garantite anche in tali casi le cure indifferibili e urgenti, a titolo gratuito.

Con la Direttiva 2011/24/UE concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera, recepita nel nostro ordinamento con il d.lgs. 04 marzo 2014, n. 38, sono state stati eliminati molti degli ostacoli che impedivano ai cittadini europei di recarsi presso altri Paesi Ue al fine di sottoporsi alle cure presso tali strutture sanitarie, ottenendo il rimborso delle spese sostenute. La principale finalità della Direttiva è quella di tendere alla creazione di standard comuni in tema di assistenza e di prestazioni sanitarie e di migliorare, altresì, l'accesso consapevole del paziente alle cure.

Le disposizioni sovra evidenziate non si applicano nei confronti degli stranieri irregolarmente presenti in Italia per i quali non è ammessa la possibilità di iscriversi al Servizio Sanitario nazionale. Tuttavia, attesa la portata del dettato costituzionale di cui all'art. 32 Cost., è garantito l'accesso alle cure urgenti ed indifferibili e ad alcuni servizi propri del SSN (d.lgs. n. 286 del 1998, art. 35, cit. e D.P.R. n. 394 del 1999, art. 43, cit.).

Tra questi vi sono le cure ambulatoriali e ospedaliere urgenti ed essenziali, anche da erogarsi in forma continuativa, ove le cure urgenti sono quelle necessarie a salvaguardia della vita e dell'integrità fisica dell'interessato, mentre quelle essenziali riguardano patologie che, pur non essendo pericolose nell'immediato, potrebbero aggravarsi e cronicizzarsi, comportando nel tempo un aumento del rischio di un grave danno alla salute della persona. Tali prestazioni sanitarie vengono erogate anche se a carattere continuativo, qualora siano necessarie per la risoluzione dell'evento morboso, tra cui rientrano, ad esempio le cure per i pazienti tossicodipendenti.

Inoltre, la tutela del diritto alla salute del cittadino extraeuropeo irregolarmente presente sul territorio nazionale, si estende anche alla tutela della gravidanza e della maternità, della salute dei minori, comprese le vaccinazioni obbligatorie, la profilassi e la cura delle malattie infettive.

Per quanto attiene alla copertura economica di tali prestazioni sanitarie, in ossequio all'art. 32, co. 1 Cost., l'accesso è gratuito per gli stranieri che si trovano in stato di indigenza, circostanza che dev'essere da costoro autocertificata e la cui verifica appare estremamente disagevole, proprio in virtù della posizione di irregolarità sul territorio nazionale del richiedente (d.lgs. n. 286 del 1998, art. 35, co. 4, cit.). L'assenza di regolarità sul territorio nazionale comporta altresì che l'impossibilità di ottenere il codice fiscale, necessario per la registrazione delle prestazioni: per sopperire a tale mancanza è prevista l'assegnazione, all'occorrenza, di un codice regionale STP (straniero temporaneamente presente), valido per sei mesi e rinnovabile.

Infine, per evidenti motivi di tutela dei diritti fondamentali, tra i quali rientra indubbiamente il diritto alla salute, viene espressamente previsto che l'accesso alle strutture sanitarie per l'erogazione di cure o prestazioni mediche non può dar luogo ad alcuna segnalazione alle autorità di pubblica sicurezza, salvo quanto previsto in tema di obbligo di referto ai sensi dell'art. 334 c.p.p. (d.lgs. 286 del 1998, art. 35, co. 5, cit. ).

Con riferimento alla disciplina sin qui delineata, deve farsi un cenno particolare alla posizione dei minori stranieri.

Nel caso in cui si tratti di minori stranieri non accompagnati la l. n. 47 del 2017, cit. ha modificato il d.lgs. 286 del 1998, art. 35, co. 1 , lett. b-bis), cit. introducendo l'obbligo di iscrizione al SSN dello straniero minorenne, anche prima del rilascio del permesso di soggiorno.

Per quanto attiene, invece, ai minori stranieri presenti sul territorio nazionale con i genitori o un rappresentante legale, ma privi di un valido titolo di soggiorno, l'obbligatorietà della loro iscrizione al SSN è da ricercarsi nell'Accordo del 20 dicembre 2012 tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sul documento recante “Indicazioni per la corretta applicazione della normativa per l'assistenza sanitaria alla popolazione straniera da parte delle Regioni e Province autonome”, la cui esecuzione è demandata ai singoli organi di governo regionali e delle province autonome. Più recentemente l'art. 63, DPCM del 12 dicembre 2017 di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza prevede espressamente il principio di parità di trattamento in ambito di accesso al SSN per i minori stranieri privi di permesso di soggiorno con i minori italiani, anche in ossequio a quanto stabilito dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989. Da ciò discende il diritto per ogni minore ad avere un pediatra di libera scelta. 

Sul punto la regione Veneto è stata recentemente condannata per discriminazione con ordinanza del 19.10.2020 del Tribunale di Venezia poichè nelle direttive regionali di accesso alla sanità per i cittadini stranieri non regolarmente soggiornanti poichè ne prevedeva l'accesso solo per il tramite del Pronto Soccorso e non già con l'assistenza di un pediatra di libera scelta. 

In ogni caso, il d.lgs. 286 del 1998, art. 34, co. 3 lett. b) assicura la tutela della salute del minore in ottemperanza al disposto di cui alla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo del 1989.

A conclusione della disamina delle diverse sfumature sulla disciplina del godimento alle prestazioni sanitarie, appare utile un breve cenno alla possibilità per i cittadini di Paesi terzi di entrare e soggiornare in Italia per motivi di cure mediche.

Il Testo Unico Immigrazione prevede diversi permessi di soggiorno denominati per cure mediche, i cui presupposti ed il contenuto è differente, pur essendo tutti previsti a tutela del diritto di salute di cui all'art. 32 Cost. 

Il permesso di soggiorno per cure mediche viene rilasciato nel caso in cui lo straniero intenda fare ingresso in Italia per sottoporsi a un intervento ovvero a una terapia presso una struttura sanitaria italiana, la quale deve rilasciare una dichiarazione di presa in carico e una descrizione dettagliata della patologia e della cura prevista. Inoltre, risulta a carico dello straniero la copertura economica dei costi sia di mantenimento sul territorio nazionale, per sé e per un eventuale accompagnatore, sia della prestazione sanitaria di cui usufruisce (d.lgs. n. 286 del 1998, art. 36, co. 1, cit. ). 

A seguito dell'entrata in vigore del d.l. 130 del 2020, cit., come convertito in l. n. 173 del 2020, cit.  tale permesso di soggiorno permette lo svolgimento di attività lavorativa ed è ammessa la sua conversione in un permesso di soggiorno per motivi di lavoro. 

Come può rilevarsi facilmente tale permesso nulla ha a che fare con il permesso per condizioni di salute introdotto dal dl n. 113 del 2018, cit., come convertito in l. n. 132 del 2018, cit. che è legato al divieto di espulsione di cui al d.lgs. 286 del 1998, art. 19 co. 2 d-bis), cit. Tale titolo di soggiorno sarà rilasciato allo straniero in condizioni di irregolarità sul territorio nazionale le cui condizioni di salute psicofisica o derivante da serie patologie siano tanto gravi da esporlo ad rilevante pregiudizio per la sua salute in caso di allontanamento. Al contrario, nel caso di permesso di soggiorno per cure mediche di cui al d.lgs. 286 del 1998, art. 36, co. 1, cit., l'ingresso e la permanenza dello straniero sono regolari sin dall'inizio e finalizzati esclusivamente ad usufruire di specifiche prestazioni mediche.

Da ciò discende l'obbligo di iscrizione al SSN solo per la prima di queste due categorie - lo straniero affetto da patologia di rilevante gravità e per ciò inespellibile - mentre nella seconda lo straniero è tenuto a coprire personalmente tutti i costi relativi alle cure mediche di cui vuole usufruire in Italia. 

Differente è il caso di trasferimento dello straniero in Italia nell'ambito di interventi umanitari, ove le spese relative alle cure erogate sono a carico del Ministero della Sanità (d.lgs. n. 286 del 1998, art. 36, co. 2, cit.).

Infine, il permesso per cure mediche è rilasciato alla donna in stato di gravidanza e per i sei mesi successivi alla nascita – a cui è equiparato l'aborto - la quale, per evidenti ragioni umanitarie, versano in una situazione di inespellibilità (d.lgs. n. n. 286 del 1998, art. 19, co. 2 lett. d), cit. e D.P.R. 394 del 1999, art. 28, cit.). A seguito dell'intervento della Corte Costituzionale, la medesima disciplina trova applicazione nei confronti del marito convivente della donna in stato di gravidanza, che per presunzione legale si presume padre del nascituro (Corte Cost., 27 luglio 2000, n. 376), mentre ne rimane escluso il padre convivente poiché non può esservi certezza, quantomeno da un punto di vista legale, della paternità.