Unità didattica XVIII - I reati propri dello straniero. Il favoreggiamento dell'immigrazione illegale.
L'obiettivo di questa unita' didattica è illustrare i reati contenuti nella normativa in materia di immigrazione e strettamente legati alla condizione giuridica degli stranieri.
XVIII.1 Introduzione. Il reato di ingresso e soggiorno illegale
Introduzione
Diritto penale del nemico, diritto penale speciale, diritto penale d’autore sono alcune delle formule usate dalla dottrina penalistica per identificare i tratti tipici del diritto penale delle migrazioni. Queste formule tendono tutte – seppur con accenti diversi- a sottolineare come si sia di fronte a norme penali che si caratterizzano per:
1) essere poste a servizio del diritto amministrativo al fine di rafforzare il contrasto ai flussi migratori irregolari;
2) prevedere sanzioni elevate, spesso più alte di analoghe fattispecie codicistiche;
3) sanzionare un comportamento in quanto ascrivibile a una categoria (gli stranieri o gli stranieri irregolari) ritenuta pericolosa.
Il reato di ingresso e soggiorno illegale
Con la legge n. 94 del 15 luglio 2009 è stato introdotto il d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 10 bis che prevede i reati di “ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato”.
L’art. 10 bis punisce con l’ammenda da 5.000 a 10.000 euro - salvo che il fatto costituisca più grave reato - lo straniero che fa ingresso ovvero si trattiene nel territorio dello Stato, in violazione delle disposizioni del d.lgs. 286 del 1998, citi. (Testo unico in materia di immigrazione) e della l. n. 68 del 28 maggio 2007, art. 1 che disciplina i soggiorni di breve durata degli stranieri per visite, affari, turismo e studio.
Si tratta di una contravvenzione, punita con l’ammenda. Il fatto che sia prevista la sola ammenda palesa come si tratti di una norma dagli elevati contenuti simbolici ma dalla scarsa efficacia. Se uno straniero viene condannato per tale reato non potrà mai essere detenuto per questa ragione ma sarà tenuto a pagare la somma stabilita. Stante la frequente condizione di indigenza di molti degli stranieri irregolari o clandestini, la somma raramente potrà essere ricevuta dallo Stato.
A differenza delle altre contravvenzioni, non è applicabile l’oblazione prevista nell’art. 162 c.p. per l’espresso divieto contenuto nel d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 10 bis, co. 1: questa particolarità rispetto alle altre contravvenzioni rappresenta un’altra spia della natura criminalizzante della norma.
È un reato avente carattere residuale che si applica se non sussistono altri reati più gravi. Ciò significa che se la condizione di clandestinità o di irregolarità è elemento costitutivo di altro reato più grave, come la violazione del divieto di reingresso dello straniero espulso (d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 13) o l’inottemperanza all'ordine del questore di lasciare il territorio dello Stato (d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 14) tale norma non verrà applicata.
È un reato proprio che può essere commesso solo dallo straniero.
Due sono le condotte incriminate, tra di loro alternative:
1) è punito lo straniero che fa ingresso nel territorio dello Stato in violazione delle norme di legge (il c.d. ingresso clandestino);
2) è punito lo straniero che permane sul territorio dello Stato in modo illegale dover avervi fatto ingresso in modo regolare dello Stato (il c.d. soggiorno irregolare).
Questo reato non si applica:
1) allo straniero destinatario del provvedimento di respingimento immediato, in quanto non sussiste nessuna esigenza di instaurare un procedimento penale nei confronti di qualcuno che, non avendo i requisiti per l’ingresso legale in Italia, è stato già allontanato;
2) allo straniero identificato durante i controlli della polizia di frontiera, in uscita dal territorio nazionale. Questa ipotesi è stata inserita con d.l. n. 89 del 2011, cit., come convertito nella l. n. 129 del 2011, cit. in attuazione della Direttiva 2008/115/CE - cd Direttiva rimpatri per evitare che il reato si applichi anche nei confronti di chi abbia deciso di allontanarsi spontaneamente dal territorio dello Stato.
Queste esclusioni rafforzano la considerazione che tale reato abbia la sola funzione simbolica di “rafforzare” i provvedimenti di allontanamento.
Anche la procedura prevista presenta delle eccezioni improntate alla massima celerità e al favore espulsivo, sottolineando che l’unico interesse dello Stato per questo reato è in funzione servente all'espulsione. Diversamente da quanto accade di norma, per eseguire l’espulsione dello straniero denunciato per questo reato non è richiesto il rilascio del nulla osta giudiziario previsto nel d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 13, co. 3. Il Questore deve soltanto dare comunicazione al giudice dell’avvenuta esecuzione dell’allontanamento, cui consegue l’emissione di una sentenza di non luogo a procedere per il reato di clandestinità. Qualora lo straniero rientri illegalmente nel territorio dello Stato riprenderà l’esercizio dell’azione penale per il reato di ingresso e soggiorno illegale.
Il terzo indicatore di questa funzione servente nei confronti dell’espulsione si riscontra nel d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 16 che prevede in caso di condanna per il reato di ingresso e soggiorno illegale la possibilità per il giudice di sostituire la pena dell’ammenda con un provvedimento di espulsione di almeno 5 anni. Ciò è possibile nel caso in cui non sussistano le cause ostative indicate nel d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 14, co. 1. Numerosi dubbi sussistono in dottrina e in giurisprudenza sull’applicabilità di questa disposizione. Ciò che interessa qui sottolineare è che si è in presenza dell’unico caso in cui è prevista una sanzione sostitutiva (l’espulsione, che incide sulla libertà di circolazione) più grave di quella sostituita (l’ammenda).
Il d.lgs. 286 del 1998, cit, art. 10 bis, co. 6 prevede la sospensione del procedimento penale nel caso di presentazione di una domanda di protezione internazionale. Se la richiesta di protezione internazionale viene accolta, il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere. La medesima sorte tocca al procedimento nel caso di riconoscimento della protezione speciale o di rilascio di un permesso per casi speciali di cui al d.lgs. 286 del 1998, cit., artt. 18, 18 bis, 22, co. 12 quater o per calamità.
La funzione servente rispetto all'espulsione (che renderebbe il reato contrario ai principi di inoffensività e di sussidiarietà dell’intervento penale), l'ineffettività della sanzione sono le due principali critiche che sono state mosse a questa disposizione, unite alla considerazione che tale norma non incrimina un comportamento ma uno stato – la clandestinità – e di conseguenza sarebbe contrario al principio di uguaglianza.
La Corte costituzionale è stata investita della questione ma non ha ritenuto di accogliere i dubbi di costituzionalità sollevati dai giudici remittenti (Corte Costituzionale 8 luglio 2010, n. 250).
Innanzitutto la Corte ha sottolineato che la contravvenzione non penalizza una mera condizione personale e sociale – la clandestinità - ma il comportamento di “fare ingresso” e “trattenersi” nel territorio dello Stato, in violazione delle disposizioni del Testo Unico sull'immigrazione o della disciplina in tema di soggiorni di breve durata per visite, affari, turismo e studio, di cui alla l. n. 68 del 2007, cit., art. 1.
Inoltre la Corte ha ritenuto che non si sia in presenza di un illecito “di mera disobbedienza” non offensivo di alcun bene giuridico meritevole di tutela in quanto la condizione di illegalità si pone in contraddizione con l’interesse dello Stato al controllo e alla gestione dei flussi migratori, che può costituire un ragionevole ambito di tutela penale: l’ordinata gestione dei flussi migratori si presenta come un bene giuridico “strumentale”, attraverso la cui salvaguardia il legislatore attua una protezione in forma avanzata del complesso di beni pubblici “finali”, di sicuro rilievo costituzionale, suscettivi di essere compromessi da fenomeni di immigrazione incontrollata.
Ritenuto sussistente l’interesse dello Stato al controllo dei flussi migratori, in alcun modo la Corte può sindacare le modalità con le quali questo controllo va esercitato, poiché tale decisione rientra nella discrezionalità del legislatore.
Nonostante questa pronuncia, permangono perplessità rispetto alla compatibilità di questa previsione con l’ordinamento. Sul punto è intervenuta in due occasioni la Corte di Giustizia con la sentenza Sagor del 6 dicembre 2012 e con l’ordinanza Mbaye 21 marzo 2013 che ha indicato le condizioni entro cui un reato di ingresso e soggiorno illegale è compatibile con le previsioni della Direttiva 2008/115/CE - cd Direttiva rimpatri.
Da ultimo è intervenuto il legislatore che ha emanato una legge delega (legge 28 aprile 2014, n. 67) con cui ha conferito al governo la delega – da esercitarsi entro 18 mesi – a “abrogare, trasformandolo in illecito amministrativo, il reato previsto dall'articolo 10-bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, conservando rilievo penale alle condotte di violazione dei provvedimenti amministrativi adottati in materia” (l. 67 del 2014, cit. art. 2, co. 3 lett. b)).
Il governo non ha esercitato la delega entro il termine e quindi il reato è tuttora vigente.
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Una riflessione da leggere sul perché questo reato va abrogato
Le buone ragioni per l'abrogazione del reato