Unità didattica III - La disciplina del soggiorno



III.3. Rifiuto e revoca del permesso di soggiorno o del suo rinnovo

La materia del rifiuto e della revoca del permesso di soggiorno o del suo rinnovo è molto complessa ed è disciplinata dal d.lgs. 286 del 1998, cit. art. 5, co. 5, 5 bis e 6.

In primo luogo bisogna ribadire la stretta correlazione tra ingresso e soggiorno, in conseguenza della quale il permesso di soggiorno e il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso nel territorio dello Stato (d.lgs. 286 del 1998, cit.,  art. 5, co. 5).

Quindi, ad ogni scadenza del permesso di soggiorno lo straniero che intenda continuare a soggiornare legalmente in Italia ha l’obbligo di chiederne il rinnovo, come abbiamo visto nel paragrafo precedente, ma la questura, prima di rinnovarlo, deve controllare che non siano mutate le condizioni che avevano a suo tempo consentito il regolare ingresso in Italia: così se, ad esempio, durante il periodo di regolare soggiorno in Italia lo straniero commette un reato e viene per questo condannato, se si tratta di condanna che sarebbe stata ostativa all’ingresso la questura non potrà rinnovargli il permesso di soggiorno, proprio perché è venuta meno una delle condizioni legittimanti l’ingresso.

Quindi, in caso di ingresso illegale, ovvero se vengono a mancare, successivamente, i requisiti che consentono l’ingresso, non può essere né rilasciato né rinnovato il titolo di soggiorno.

Negli stessi casi, se il permesso di soggiorno non è ancora scaduto, la questura potrà revocarlo prima ancora della sua fisiologica scadenza.

Un importante temperamento al rigido meccanismo preclusivo dell’ingresso e del soggiorno determinato dalle condanne penali ostative è costituito dalla previsione per cui, prima di negare o revocare il permesso di soggiorno nei confronti di chi ha esercitato il ricongiungimento familiare, si deve tener conto della natura e dell’effettività dei vincoli familiari e dell’esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese di origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale (d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 5, co. 5).

Questo significa che il diniego non può essere automatico ma frutto di una valutazione da parte dell’amministrazione circa l’eventuale prevalenza di un interesse pubblico sul diritto all’unità famigliare.

Su questo articolo è di recente intervenuta la Corte Costituzionale (sentenza n. 202 del 2013) dichiarando l’illegittimità costituzionale del d.lgs. 286 del 1998, cit. art. 5, co. 5 nella parte in cui prevede che la valutazione discrezionale in esso stabilita si applichi solo allo straniero che “ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare” o al “familiare ricongiunto”, e non anche allo straniero “che abbia legami familiari nel territorio dello Stato”. La sentenza è di grande importanza. Essa conferma un indirizzo giurisprudenziale che da diverso tempo valorizza i legami familiari esistenti in Italia, chiarendo che la norma determina una irragionevole disparità di trattamento tra chi ha esercitato il ricongiungimento famigliare e chi ha una famiglia in Italia ma ha utilizzato un diverso canale di ingresso in Italia. Limitare la tutela solo a chi ha esercitato il ricongiungimento famigliare viola, secondo la Corte, “l’art. 3 Cost. e reca un irragionevole pregiudizio ai rapporti familiari, che dovrebbero ricevere una protezione privilegiata ai sensi degli artt. 29, 30 e 31 Cost. (…). In particolare, la tutela della famiglia e dei minori assicurata dalla Costituzione implica che ogni decisione sul rilascio o sul rinnovo del permesso di soggiorno di chi abbia legami familiari in Italia debba fondarsi su una attenta ponderazione della pericolosità concreta e attuale dello straniero condannato, senza che il permesso di soggiorno possa essere negato automaticamente, in forza del solo rilievo della subita condanna per determinati reati. Nell’ambito delle relazioni interpersonali, infatti, ogni decisione che colpisce uno dei soggetti finisce per ripercuotersi anche sugli altri componenti della famiglia e il distacco dal nucleo familiare, specie in presenza di figli minori, è decisione troppo grave perché sia rimessa in forma generalizzata e automatica a presunzioni di pericolosità assolute, stabilite con legge, e ad automatismi procedurali, senza lasciare spazio ad un circostanziato esame della situazione particolare dello straniero interessato e dei suoi familiari”.

Successivamente il Ministero dell’Interno è intervenuto, indicando ai suoi uffici periferici che “l'adozione del provvedimento amministrativo di rifiuto del rilascio, oppure di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno non prescinda mai dalla scrupolosa valutazione della situazione concreta dello straniero e dei suoi congiunti presenti" (Circolare Ministero dell’Interno n. 400/A del 31.7.2013).

Sempre in parallelo con la normativa in materia di ingresso, di cui al d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 4 co. 3 (su cui vedi UD II), anche per il soggiorno sono indicati alcuni criteri - in modo peraltro più puntuale di quanto non avvenga in materia di ingresso - cui l’amministrazione deve attenersi nel valutare la pericolosità sociale dello straniero al fine di revocare o denegare il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari. Il d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 5, co. 5 bis prevede che l’amministrazione debba tenere conto, quindi senza nessun automatismo, delle condanne per:

- reati previsti dell’art. 380, co. 1 e 2, c.p.p. (sono i reati per cui è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza);

- reati previsti dall’art. 407, co. 2, lett. a), c.p.p. (sono reati gravi per cui il termine massimo delle indagini preliminari è di due anni, come ad esempio l’omicidio, il  sequestro di persona a scopo di estorsione, l’associazione a delinquere di stampo mafioso, etc.);

- reati di favoreggiamento delle migrazioni illegali di cui al d.lgs. 286 del 1998, cit., art. 12, co. 1 e 3 (di cui si parlerà nelle UD XI e XII).