Unità Didattica X - Il cittadino straniero minore d'età


X.2. I minori stranieri accompagnati

Il minore straniero che è presente sul territorio nazionale con uno o entrambi i genitori – ovvero con una persona che lo rappresenta legalmente, ad esempio l'affidatario o il tutore – segue la condizione di quest'ultimo.

Al minore è rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari sino alla maggiore età (d.lgs. n. 286 del 1998, art. 31, co. 1, cit.).

La predetta disciplina trova applicazione in favore sia dei minori che sono entrati in Italia con il ricongiungimento familiare prima dei 14 anni sia dei figli di cittadini stranieri nati in Italia, mentre ne sono esclusi i minori stranieri che hanno fatto ingresso sul territorio nazionale ormai ultraquattordicenni. In tal caso, infatti, sarà loro rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari ai sensi del d.lgs. n. 286 del 1998, art. 30, co. 1 lett. a), cit., con durata pari a quella del titolo di soggiorno detenuto dal familiare già residente in Italia (v. UD VI).

Tale distinzione di trattamento trova giustificazione nella volontà del legislatore di valorizzare il più profondo legame con il territorio nazionale ed il maggiore livello di integrazione del tessuto sociale italiano maturato da coloro i quali sono entrati in Italia in più tenera età, rispetto ai giovani che vi hanno fatto ingresso in una età più prossima ai 18 anni.

Il d.lgs. n. 286 del 1998, art. 32, co.1, cit., prevede che lo straniero già titolare di un permesso di soggiorno per motivi familiari, al raggiungimento della maggiore età abbia diritto al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di studio, di accesso al lavoro, di esigenze sanitarie, di lavoro subordinato o autonomo. L'elencazione non deve considerarsi tassativa (Consiglio di Stato, 28 gennaio 2015, n. 390).

Tuttavia, una applicazione rigida della predetta normativa escluderebbe tutti quei casi, assai frequenti nella realtà odierna, in cui il giovane appena maggiorenne non abbia ancora reperito una attività lavorativa e non sia, al contempo, iscritto ad un corso di studi universitario o professionalizzante, vanificando, in questo modo, anni di integrazione sul territorio nazionale. Per tale ragioni le prassi amministrative delle singole Questure, armonizzate con la Circolare del Ministero dell'Interno del 28 marzo 2008, prot. n. 17272/7, si sono orientate verso il riconoscimento del diritto del figlio maggiorenne, ancora a carico dei genitori, a rinnovare il proprio permesso di soggiorno per motivi familiari, a fronte della sussistenza dei requisiti di reddito ed alloggiativi di cui al d.lgs. n. 286 del 1998, art. 28, co. 3, cit. L'orientamento richiamato trova fondamento nella consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione che rileva in capo ai genitori un obbligo costituzionalmente imposto di mantenere il figlio, ancorchè maggiorenne, fino al raggiungimento dell'indipendenza economica e della sua piena collocazione nel contesto sociale (art. 30 Cost.). Tale dovere equivale ad un diritto fondamentale del figlio e, in quanto tale spettante anche ai cittadini stranieri ai sensi dell'art. 2 Cost.


Fermo quanto già esposto in tema di inespellibilità del cittadino straniero minorenne, nel caso in cui costui si trovi in Italia con uno o entrambi i genitori in condizioni di irregolarità, ne seguirà la condizione giuridica. Nei suoi confronti, infatti, non potrà essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari, difettando il requisito di titolarità di un permesso di soggiorno da parte del genitore, né un permesso di soggiorno per minore età rilasciato ai cittadini stranieri minorenni non accompagnati – di cui si dirà nel prossimo paragrafo - essendo egli in Italia insieme ad un suo legale rappresentante.


Al fine di tutelare alcune situazioni particolarmente delicate, in cui il superiore interesse del minore impone una deroga alle normali regole in materia di ingresso e soggiorno in Italia, il d.lgs. n.286 del 1998, art. 31 co. 3, cit. prevede la possibilità che il Tribunale per i minorenni, su richiesta dell'interessato,  autorizzi l'ingresso o il soggiorno temporaneo di un parente del minore per gravi motivi connessi al suo sviluppo psicofisico (anche noto come "ricongiungimento inverso").

La norma in esame può trovare applicazione non solo in favore dei genitori, ma altresì di tutte le figuri parentali – nonni, zii, fratelli o sorelle maggiori – la cui presenza in Italia risulti assolutamente necessaria per evitare un significativo pregiudizio in capo al minore.

Sebbene, nella prassi, la richiesta di autorizzazione al Giudice minorile riguardi nella maggior parte dei casi il soggiorno di un cittadino straniero già irregolarmente presente sul territorio nazionale, di particolare interesse sono i casi di autorizzazione all'ingresso. A titolo esemplificativo si richiama il caso di autorizzazione all'ingresso della nonna del minore in un grave contesto di violenza familiare (Tribunale per i minorenni dell'Aquila, 25 novembre 2013) ovvero della zia per l'assistenza del nipote orfano di madre, già residente regolarmente con il padre in Italia e sottoposto a cure oncologiche (Tribunale per i minorenni di Venezia 13 novembre 2012).

La norma non esplicita quali possano essere i gravi motivi connessi allo sviluppo psicofisico del minore tali da giustificare una deroga alle regole in materia di ingresso e soggiorno dei cittadini stranieri sul territorio nazionale, ma si limita a fornire due parametri di riferimento, non esaustivi, quali l'età e le condizioni di salute del minore.

Per molto tempo, l'applicazione di tale disposizione era limitata ai soli casi in cui il minore risultava affetto da una grave patologia tale da rendere contrario alla sua salute ed al suo interesse il rimpatrio del nucleo familiare nel Paese di origine in ragione del rischio di non poter accedere a cure adeguate, assicurate, invece, sul territorio nazionale.

Con il tempo la giurisprudenza di legittimità ha notevolmente ampliato il campo di applicazione della norma, individuando altri e diversi profili di pregiudizio allo sviluppo psicofisico del minore, anche non necessariamente legati alla sussistenza di una patologia in corso o di precarie condizioni di salute, tali da giustificare la permanenza del nucleo familiare in Italia.

Nonostante il carattere della norma sia eccezionale, nel senso che deroga alla normale disciplina in materia di immigrazione di cui al d.lgs. n. 286 del 1998, cit., ai fini della sua applicazione non deve necessariamente essere fatta valere una situazione di carattere emergenziale (Cass. Civ., Sez. I, 18 gennaio 2011, n. 2647). Se tale condizione è, infatti, richiesta per ottenere l'autorizzazione all'ingresso di un parente, al contrario non è strettamente necessaria qualora la domanda attenga alla permanenza in Italia. In tal caso, infatti, il danno allo sviluppo psicofisico del minore può anche essere potenziale e discendere da un futuro allontanamento di uno dei genitori: la lesione al diritto alla bigenitorialità, si cui all'art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea ed il trauma derivante dall'allontanamento improvviso e coatto di una figura genitoriale, sino ad allora di riferimento, sono gli elementi che devono essere valutati dal giudice minorile, in considerazione, altresì dell'età del minore e dei rapporti intercorrenti con il parente richiedente (Cass. Civ., S.U., 16 ottobre 2006, n. 22216). Sebbene la predetta autorizzazione non possa essere concessa automaticamente sulla base del fatto che dall’espulsione del genitore e dalla conseguente rottura dell’unità del nucleo familiare derivi sempre e comunque un danno per il minore, atteso che la sua applicazione non deve tradursi in un aggiramento sulle norme in materia di ingresso e soggiorno dei cittadini stranieri in Italia, attraverso la strumentalizzazione dei minori, i richiamati “gravi motivi” possono essere individuati in qualsiasi danno effettivo, concreto e grave che, tenuto conto dell'età del minore e delle sue condizioni di salute – non solo fisiche ma riferibili al complessivo equilibrio psicofisico - potrebbe derivare dal suo definitivo sradicamento dall’ambiente in cui è cresciuto, anche in conseguenza dell'espulsione di un genitore (Cass. Civ., S.U. 25 ottobre 2010, n. 21799;  Cass. Civ. Sez. I, 21 giugno 2013, n. 15676).


Approfondimento 1 - I rapporti tra la speciale autorizzazione al soggiorno art. 31, co. 3 d.lgs. 286 del 1998 e la protezione speciale


Nel caso di richiesta di ingresso in Italia ai sensi del d.lgs. n. 286 del 1998, art. 31, co. 3, cit., il ricorso al Tribunale per i Minorenni è presentato dal minore già regolarmente residente in Italia, per il tramite del genitore o del legale rappresentante, in qualità di esercente la potestà genitoriale, mentre in caso di autorizzazione alla permanenza la richiesta è avanzata direttamente per il tramite del parente del minore irregolarmente presente in Italia. Il pubblico ministero è litisconsorte necessario atteso il suo ruolo di presidio ad una corretta applicazione della norma nell'effettivo interesse del minore.

A fronte dell'accoglimento del ricorso è rilasciato un permesso di soggiorno per assistenza minori di cui al d.lgs. n. 286 del 1998, art. 29, co. 6, cit, che permette lo svolgimento di attività lavorativa, per la durata decisa dal Tribunale per i minorenni, senza che residui in capo alla Questura alcuna discrezionalità ai fini del rilascio del titolo di soggiorno in esame.

Il titolo di soggiorno in esame è convertibile in un permesso di soggiorno  per motivi familiari attraverso il procedimento di ricongiungimento familiare sur place, con il conseguente rilascio di un permesso di soggiorno ai sensi del d.lgs. n. 286 del 1998, art. 30, co. 1, lett. c), cit. (v. UD VI).

A seguito della entrata in vigore del d.l. 130 del 2020, cit. il permesso di soggiorno in esame diviene convertibile anche in un permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Tale modifica appare di particolare rilevanza se si tiene conto che in molte occasioni, soprattutto se legate a gravi patologie del minore, ad ogni scadenza si rendeva necessario adire il Tribunale per i Minorenni per richiedere una nuova autorizzazione al soggiorno con aggravio della già oberata giustizia minorile. Inoltre, molti nuclei familiari, tutelati nel corso dell'infanzia del minore, rimanevano privi di permesso di soggiorno al raggiungimento della maggiore età dei figli.