Unità didattica XIV - La cittadinanza italiana

Unità didattica XIV - La cittadinanza italiana

XIV.4. Lo status di apolide

Con il concetto di apolidia si indica lo status di chi non può essere riconosciuto come cittadino secondo l'ordinamento giuridico di nessuno Stato.

L'apolidia può essere originaria o successiva: nel primo caso, la persona è apolide sin dalla nascita, mentre nel secondo viene, in seguito, privato della cittadinanza.

Le cause che possono portare alla condizione di apolidia sono le più diverse: la modifica dei confini territoriali ovvero della sovranità dello Stato; atti di privazioni arbitraria della cittadinanza nei confronti di gruppi o singoli individui; conflitti di legge statali (nei confronti dei figli di stranieri nati all'estero ovvero in caso di perdita della propria cittadinanza e mancata acquisizione di quella del coniuge a seguito di matrimonio); rinuncia individuale; la filiazione di apolidi.

La principale fonte della disciplina dell'apolidia è la Convenzione di New York sullo status degli apolidi del 28 settembre 1954, ratificata in Italia con la l. 1 febbraio 1962, n. 306, alla quale si affianca la Convenzione di New York sulla riduzione della apolidia del 30 agosto 1961, ratificata dall'Italia con la l. n. 162 del 29 settembre 2015.

Lo strumento normativo internazionale del 1954 è di particolare rilevanza, se si considera che non esiste, né nell'ordinamento italiano né in quello europeo, una normativa organica in materia. Pertanto, le disposizioni che disciplinano le procedure di riconoscimento di tale status così come la condizione giuridica dell'apolide devono essere ricercate in vari testi normativi che prevedono specifiche norma in materia.

L'art. 22 Cost. prevede che nessuno possa essere privato della propria cittadinanza per motivi politici, divieto che nasce nel ricordo dei costituenti delle odiose normative fasciste in tema di confino ed esilio.

Inoltre, la normativa in materia di cittadinanza italiana prevede specifiche disposizioni volte, da un lato, ad evitare il sorgere di forme di apolidia originaria, attraverso il conferimento della cittadinanza per nascita in favore del figlio di genitori apolidi (l. n. 91 del 1992, cit., art. 1), dall'altro, a limitare il perdurare di tale condizione, prevedendo in favore dell'apolide un termine abbreviato per la presentazione della domanda di concessione della cittadinanza italiana per naturalizzazione (l. n. 91 del 1992, cit., art. 9, co. 1 lett. e)).

L'apolide, al pari del cittadino extracomunitario può, al ricorrere delle condizioni richieste, godere della protezione internazionale: in tal caso, tuttavia, la sua condizione giuridica sarà quella prevista in favore del rifugiato ovvero del soggetto ammesso al godimento della protezione sussidiaria e non potrà accedere alle procedure di riconoscimento dello status di apolide. In tal caso, essendo sconosciuto il Paese di origine dovrà farsi riferimento al paese di dimora abituale (v. UD VII e IX).

Il riconoscimento della apolidia può avvenire in via amministrativa ed in via giudiziale. Le due procedure sono sia alternative che consequenziali. Da un alto, infatti, l'interessato può decidere di intraprendere sin dall'inizio la procedura giudiziale di riconoscimento del proprio status di apolide, senza che sia necessaria il previo esperimento della via amministrativa, dall'altro, il provvedimento di diniego del riconoscimento amministrativo della apolidia può essere impugnato avanti alla autorità giudiziaria ordinaria, che annullato il decreto negativo, può riconoscere in via giudiziale lo status invocato (Cass. Civ., S.U., 9 dicembre 2008, n. 28873).

L'accertamento in via amministrativa della condizione di apolidia avviene su istanza di parte presentata al Ministero dell'Interno, corredata dall'atto di nascita, dalla copia della certificato di residenza e del titolo di soggiorno posseduto nonché di tutta la documentazione in possesso dell'interessato utile al fine di dimostrare la sua condizione di apolidia (D.P.R. n. 572 del 1993, cit., art. 17). Appare evidente il limite principale di tale procedimento: soltanto chi è già in possesso di un titolo di soggiorno e, conseguentemente, ha potuto richiedere l'iscrizione anagrafica presso il Comune di residenza può accedere a tale procedura, circostanza che non sempre può essere agevolmente adempiuta da parte di chi si trova privo del riconoscimento della cittadinanza da parte del proprio Paese di origine, soprattutto perchè spesso è privo di un valido documento di identità. Pertanto, deve ritenersi quasi certamente preclusa la via di riconoscimento dello status di apolide nei casi di apolidia originaria, mentre potrà accedervi più facilmente lo straniero che, già regolarmente residente sul Territorio Nazionale, venga privato della propria cittadinanza per cause sopravvenute.

Per quanto, attiene, invero alla procedura di riconoscimento dell'apolidia in via giudiziale con l'emanazione del d.l.n. 13 del 2017, cit. e della sua conversione in l. n. 46 del 2017, cit., le controversie in materia di accertamento dello status di apolidia - come quelle in materia di cittadinanza - sono regolate  dal rito sommario di cognizione ai sensi dell'art. 702 bis. ed  è competente la Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea presso il Tribunale ordinario nel capoluogo del  circondario di Corte d'Appello di dimora il ricorrente.

Tali disposizioni sono in vigore dal 18 febbraio 2017.


In entrambe le ipotesi di riconoscimento dello status di apolide l'onere di provare il mancato possesso di una cittadinanza grava in capo al richiedente. Ovviamente, l'ambito di prova non riguarda tutti Paesi del mondo, ma soltanto quelli con i quali l'interessato ha intrattenuto relazioni significative, quale quello di nascita, di origine dei proprio genitori ovvero di stabile residenza o dimora.

In merito la giurisprudenza è concorde nel ritenere che il livello di prova richiesto è attenuato, ritenendo che possa considerarsi sufficiente una mera prova indiziaria circa l'impossibilità del richiedente di ottenere il riconoscimento della cittadinanza da parte dello Stato ovvero dei Paesi con cui ha intrattenuto rapporti significativi (Cass. Civ., Sez. I, 08 novembre 2013, n. 25212Cass. Civ., Sez. I, 21 giugno 2013, n. 15679Tribunale di Roma, Sez. I Civ., 23 dicembre 2011, n. 375Corte d'Appello di Firenze, Sez. I Civ., 17 novembre 2009, n. 1654).

Nelle more dell'accertamento della condizione di apolide, al richiedente è rilasciato un permesso di soggiorno per attesa riconoscimento della apolidia solo qualora egli sia già in possesso di un valido titolo di soggiorno (D.P.R. n. 394 del 1999, cit., art. 11, co. 1 lett. c)).

A seguito, invece, del riconoscimento dell'apolidia è rilasciato un permesso di soggiorno che permette l'attività lavorativa del titolare, oltre che ad un titolo di viaggio per apolidi, documento equipollente al passaporto.

La condizione giuridica dell'apolide riconosciuto è, in parte, regolata dalla normativa in materia di immigrazione, in parte, equiparata a quella dei cittadini.

Il d.lgs. n. 286 del 1998, cit., art. 1, prevede espressamente che le disposizioni ivi contenute si applichino anche agli apolidi, i quali, come già esposto, hanno diritto al rilascio di un permesso di soggiorno e possono accedere, alle medesime condizioni dei cittadini extracomunitari, alla procedura di ricongiungimento familiare. Inoltre, in ossequio alle disposizioni della Convenzione del 1954, cit., l'apolide sottostà alle medesime regole previste per i cittadini extracomunitari in tema di lavoro autonomo e subordinato, libertà di circolazione all'interno del territorio dello Stato, accesso all'edilizia popolare ed all'istruzione superiore ed universitaria.

Per quanto attiene alla possibilità di espulsione dell'apolide, ferme restando le difficoltà pratiche ad essa connesse, questa può avvenire solo per motivi di ordine pubblico o sicurezza nazionale.

A tutela della posizione dell'apolide, la Convenzione del 1954, cit., prevedeva che l'interessato fosse equiparato al cittadino n materie quali il trattamento dei lavoratori, la libertà religiosa, l'istruzione scolastica obbligatoria, l'accesso alla giustizia e la previdenza sociale, ambiti dell'ordinamento che ad oggi prevedono un trattamento di parità anche in favore dei cittadini stranieri.

Peculiarità della condizione giuridica dell'apolide era prevista nell'obbligatorietà, al pari dei cittadini italiani, dell'assolvimento del servizio militare.